Capitolo 2

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Entro nell'ampia sala che papà usa come palestra. È di spalle e guarda fuori dalla grande finestra il nostro giardino.

Si volta.

"Noto con piacere che sei stato puntuale."

"La puntualità è tutto, papà"-ingoio a fatica.

Lui fa un sorriso compiaciuto, ma subito torna serio.

"Vediamo se hai imparato qualcosa dall'ultima volta."
L' ultima volta.

Deglutisco.

"Hai imparato?"-chiede.

"Sì"-la mia voce è un flebile sussurro e mi maledico per essermi mostrato così debole e sottomesso.

"Hai imparato?"-alza la voce di un'ottava.

"Sì"-cerco in tutti i modi di sembrare fermo e deciso. Sicuro e padrone di me stesso.

"Hai imparato?"-stavolta urla, e devo raccogliere tutto il mio autocontrollo per non mostrarmi come vorrei essere in questo momento. Un bambino che ha paura: ecco cosa sono. Un bambino di otto anni che ha paura e che vuole solo scappare e nascondersi da qualche parte.

Deglutisco forte mentre grido di rimando:

"Sì!"

Sembro un fottuto soldato.

Ho tirato fuori la mia grinta ed ora ne sono affaticato, è come se mi avessero strappato un qualcosa di ingombrante dal petto.

Mio padre ride compiaciuto, stavolta non nasconde le sue emozioni.

"Perfetto"-dice soltanto, mentre io sono appeso ad un filo spinato che ogni secondo che passa mi penetra la carne, facendomi sanguinare.

"Per oggi può bastare"-mi congeda con un annoiato cenno della mano.

Inspiro bruscamente, sorpreso, confuso, sospettoso e grato.

Poi, senza dire niente, mi sbrigo a lasciare la stanza a grandi passi prima che lui possa ripensarci.

Andrew- a Pain is peace novellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora