La campanella annuncia la fine delle lezioni.
Il cuore prende a martellarmi nel petto e sono scosso dai tremiti.
"Andrew, tutto bene?"-mi chiede una ragazza del mio stesso corso di storia.
Annuisco mentre mi butto lo zaino sulle spalle.
Quando arrivo davanti casa, sto ancora tremando.
Non oso immaginare a cosa farà mio padre non appena varcherò la soglia di questa porta.
E giuro che proverei a scappare, anche se poi sarei etichettato come vigliacco. Ci proverei seriamente, se non fosse per le telecamere di sicurezza.
Ingoio a fatica mentre mi appresto a suonare il campanello.
La mia mano trema e devo concentrare tutta la mia forza di volontà per farla smettere.
Neanche faccio in tempo a poggiare il dito sull'apparecchio, che subito la porta si apre.
Ah, già: le telecamere di sicurezza.Mio padre mi afferra e mi tira dentro a forza.
Barcollo in avanti mentre lui mi dà il benvenuto con uno schiaffo in pieno viso.
"Si può sapere che diavolo ti passa per la testa?"-grida "che diamine stai tentando di fare, eh? Vuoi farti espellere?"
Mi passo una mano sulla guancia, la quale è calda sotto il mio tocco.
"Rispondi!"-mi urla in faccia.
"Damien!"-interviene mia madre.
"Non ti impicciare, Cindy"-ribatte brusco mio padre "ce la vediamo noi due, nella nostra stanza, non è così, Andrew?"
"Andiamoci a fare una bella chiacchierata"-dice afferrandomi per il collo della camicia e trasportandomi nella stanza che odio da quando avevo otto anni.
Raggiunta la destinazione, mi spinge nella stanza ed io cado a quattro zampe.
Sento la porta chiudersi alle mie spalle un secondo prima di trovarmi il pavimento a pochi millimetri dal mio viso.
Dopodiché, l'uomo che è mio padre mi sbatte la faccia sul pavimento.
Un dolore atroce mi sale dal naso al cervello.
Mi si annebbia la vista per una manciata di secondi, il naso mi fa talmente male che per un istante credo di poter svenire da un momento all'altro.
Sbatto le palpebre velocemente per mettetere a fuoco delle macchioline rosse sul pavimento, che all'inizio mi appaiono sfocate.
Riacquistando lucidità, capisco che sto perdendo sangue dal naso.
"Alzati"-ordina mio padre.
Faccio come dice, a fatica.
Appena in piedi, mi volto verso di lui, ma un pugno mi arriva dritto sulla mascella.
Uno scricchiolio raccapricciante accompagna il mio gemito strozzato.
"Sei una ragazzina!"-urla.
Alzo la testa e mi pulisco il viso dal sangue con la manica.
"Una vergogna!"-continua avvicinandosi, io indietreggio.
"Non per la tua rissa, non perché il preside ti ha convocato nel suo ufficio"-dice spingendomi e facendomi cadere all'indietro.
Raggiunge un armadio a muro dall'altro lato della stanza, adibita a palestra.
Prende un bastone.
Deglutisco.
"Ma per la tua debolezza!"-grida "ti sei mostrato debole, sottomesso, un perdente! Non hai saputo affrontare una stupida rissa liceale!"
Alza il bastone e lo abbassa su di me.
Rotolo a destra, evitando così che venga colpito per un soffio.
Cerco di rialzarmi velocemente, ma stavolta non riesco a schivare il colpo, ed il bastone mi colpisce all'altezza dei reni.
Boccheggio e mi rialzo, cercando di non pensare al dolore fisico che sto provando in questo momento.
"Uno Sheen è forte" batte il bastone sul pavimento "uno Sheen non si mostra mai debole e perdente agli occhi degli altri. Uno Sheen è sempre all'altezza" sta gridando le sue parole preferite in assoluto.
"Mi hai deluso, ed ora devo farti imparare dai tuoi errori"-dice.
Lancia via il bastone, poi inizia a togliersi la cintura dei pantaloni.
"No..."-sussurro "papà, ho capito. Scusa, io..."
"Sta' zitto!"
Se la sfila e si sistema una parte intorno alla mano, lasciando la cinghia penzolante.
"Sfilati la maglietta, Andrew"-ordina perentorio.
Esito.
"Fa quello che ti dico, Andrew!"-alza la voce.
Se avessi avuto cinque anni, mi sarei già pisciato sotto.
Riluttante, mi sfilo la maglia dalla testa.
"Voltati."
Gli lascio la visione della mia schiena.
"Quante belle cicatrici..."-commenta cinico.
E poi parte la serie di frustate più dolorose della storia.
Ad ogni colpo, inarco il corpo in avanti.
Ad ogni colpo, stringo i denti per cercare di non urlare.
Ad ogni maledetto colpo, chiudo gli occhi e desidero di essere in un altro posto.
E, ad ogni fottuto colpo, il bastardo si accerta di colpirmi per bene con la cinghia.
Sta gridando qualcosa, ma io non lo sento, troppo concentrato ad ignorare il dolore.
Poi, finalmente questa tortura finisce.
Respiro affannosamente, mentre il sollievo si fa strada nel mio cuore.
Ma sono quattro parole, a farmi crollare il mondo addosso:
"Non ho finito qui."
STAI LEGGENDO
Andrew- a Pain is peace novella
Short Story"Uno Sheen è forte, uno Sheen non si mostra mai debole e perdente agli occhi degli altri. Uno Sheen è sempre all'altezza." Andrew Sheen è un diciottenne di buona famiglia, ha una casa lussuosa, una macchina ed una ragazza. La sua vita è apparentemen...