XIII

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C'era un momento, quello prima ancora di essere completamente sveglio, appena dopo il sonno profondo, che Jimin adorava. Quello stato di sospensione di coscienza in cui non si sa esattamente dove si è, o chi si è, si percepisce il proprio corpo leggero, che piano si risveglia.

Il licantropo si allungò inconsapevolmente, languido, ancora ad occhi chiusi, verso l'altra parte del letto, quella che avrebbe dovuto ospitare l'altro, il suo compagno. La trovò vuota.

In un freddo secondo inspirò inorridito, spalancò gli occhi e si tirò su a sedere in un solo scatto velocissimo, ad occhio umano sarebbe sembrato come se nella stanza ci fossero state le luci stroboscopiche e ci si fosse perso qualche fotogramma tra un'azione e l'altra.

Il suo cuore batteva a mille, gli occhi spalancati e le narici ingrossate, il petto che si muoveva spasmodicamente. Si girò sul letto per scandagliare la stanza, ma era solo.

Nella sua mente iniziò a formularsi l'idea che le giornate passate fossero state un'allucinazione, un sogno, un qualcosa di labile e finto completamente ideato dalla sua mente ormai logorata dalla sofferenza.

Con un balzo scese dal letto e si precipitò nel salottino, il suo sguardo umido e spaurito scivolò per tutta la stanza trovandola inevitabilmente vuota.

All'inizio ci fu un momento di stasi incredula; Jimin sapeva che quello che aveva vissuto era reale, l'odore di Yoongi, il sapore dei suoi baci, la sua risata e il suo sorriso speciale, quello dove arricciava il naso e le labbra si ritiravano tanto da mostrare le gengive e i denti perfettamente allineati. I brividi che aveva provato a ritrovarlo lì al suo risveglio, le volte che avevano fatto l'amore, i ti amo che si erano sussurrati per ore. Era reale.

Era reale?

Una sensazione scomoda di sconforto iniziò ad annacquargli i polmoni, provò ad inspirare profondamente per calmarsi, ma la cosa non funzionò, anzi peggiorò notevolmente la sensazione che qualcosa premesse sui suoi polmoni. Inconsapevolmente urlò, urlò il nome di Yoongi così forte che gli dolse la gola.

Non sapeva cosa fare, non sapeva più a cosa credere, in preda alla disperazione si diresse verso i pensili della cucina aprendoli, rimase interdetto qualche minuto, aprendo e chiudendo a vuoto gli occhi; nei mobili della cucina non c'era più nulla. Le bottiglie di Roughstock che aveva collezionato nel suo anno di solitudine erano sparite, impaziente aprì l'anta sotto il lavabo ma trovò il cestino vuoto, nessun vetro, da nessuna parte.

Jimin non stava capendo e il panico ormai lo stava facendo letteralmente impazzire, si mise le mani nei capelli e disperatamente iniziò a piangere, il petto scosso dai singhiozzi.

Il licantropo era così perso nella sua tristezza che non sentì la porta dell'anticamera chiudersi, nemmeno l'acqua nella vasca e qualcuno che faceva il bagno velocemente, così come quando qualcuno aprì la porta principale.

Yoongi trovò Jimin con la schiena appoggiata contro i pensili che piangeva con una sofferenza tale che gli si mozzò il fiato. Lasciò cadere le borse della spesa e corse dal licantropo, che avendo sentito il tonfo delle buste si era girato verso la fonte del rumore.

Appena vide Yoongi gli si buttò addosso, d'istinto l'altro lo abbracciò stretto e si ritrovò a sbattere contro la penisola, puntò i piedi per evitare che cadessero, mentre il licantropo in uno slancio disperatamente istintivo si avventò sul collo del negromante, mordendolo con forza.

Yoongi strinse i denti, ma non fiatò, nonostante avesse il collo ormai pieno di lividi dai precedenti morsi e lo Skoll a causa del suo stato stesse mordendo più forte di quello che una persona normale potesse sopportare, tanto che i denti del licantropo penetrarono nella carne.

Solo quando iniziò a percepire il sapore del sangue Jimin si staccò e iniziò a farfugliare parole sconnesse, che in un primo momento il negromante nemmeno capì, ma appena comprese qualche stralcio inorridì: lo Skoll non vedendolo aveva creduto di essersi sognato la sua presenza, come aveva già fatto.

Yoongi chiuse gli occhi inspirando, le sue mani si strinsero sulle braccia dell'altro per poi farle scivolare dolcemente fino al viso, le fitte di dolore che provava al collo non erano nulla a quelle che sentiva dritte al cuore; il vedere il licantropo soffrire in quel modo così intenso lo faceva impazzire, si odiò sempre più.

-Jiminie, tesoro, guardami negli occhi.- disse con il tono più dolce e comprensivo che poté, lo Skoll eseguì all'istante.

Non appena i loro occhi si incontrarono Jimin inspirò,tranquillizzandosi immediatamente, i demoni nella sua mente non potevano più insinuare che tutto quello che aveva vissuto era stato un delirio, perché Yoongi era lì, davanti a lui. Come se una parte della sua mente non credesse a quel pensiero comandò alle sue mani di poggiarsi sul petto dell'altro, sotto i palmi percepì il tepore della sua pelle.

I suoi occhi iniziarono a vagare sul viso del negromante, minuziosi, per memorizzare ogni tratto, ogni piccola impercettibile parte dell'altro, delle sue labbra, delle guance, del mento, del collo.

Jimin spalancò occhi e bocca, i suoi occhi si inumidirono, il collo di Yoongi era martoriato e il morso fresco era umido di sangue, l'odore ferroso ormai iniziava a riempire la stanza e per la prima volta non se ne sentiva attratto: si sentiva solo orribile per avere ferito chi amava. Fece per scusarsi ma il negromante posizionò i pollici sulle sue labbra morbide per fermarlo.

-Non scusarti amore, se è servito a farti star bene allora va benissimo.- mormorò Yoongi cercando di tranquillizzarlo, ma il licantropo era troppo confuso, troppe cose erano successe, tutte con un'intensità tale che ora non sapeva letteralmente che fare e nemmeno come dirlo.

Non ce ne fu bisogno, il negromante lo abbracciò, stretto, sussurrandogli all'orecchio quanto lo amasse.

Rimasero abbracciati per una mezz'ora e Yoongi non smise nemmeno un secondo di confortarlo, dicendogli quanto tenesse a lui, quanto fosse felice di stare con lui, di come il suo cuore finalmente era tornato a battere all'unisono con quello di Jimin, all'unico ritmo che ormai era giusto per lui.

Jimin si tranquillizzò, molto lentamente le paure nella sua testa si dissolsero, per essere sostituite solo dalla voce profonda e avvolgente di Yoongi.

-Ti amo.- gracchiò il licantropo, la voce arrochita dal pianto.

-Ti amo.- replicò il negromante per poi baciarlo sulla fronte e sciogliere l'abbraccio, ma senza azzerare il contatto, lo prese per mano e la strinse, mentre lo guardava asciugarsi gli occhi arrossati con la sua maglia.

-Ora ti preparo la colazione...- Jimin fece una smorfia -...No Jimin mangerai, il frigo era vuoto e non mi sembra che tu stia mangiando regolarmente e non puoi permettertelo con il metabolismo da licantropo che ti ritrovi. Poi se mangerai e se ti sentirai meglio, ti porterò a fare una cosa.- lo stuzzicò con un sorriso storto Yoongi, Jimin si risollevò le spalle e il viso, incuriosito.

-Che cosa?- chiese impaziente il licantropo.

-Ma diciamo una sorta di rito.- rispose sibillino il negromante per poi avvicinarsi alle buste per controllare se la spesa fosse ancora intatta, sempre con le dita intrecciate con quelle di Jimin.

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