Un pomeriggio in sala giochi, visto dall'esterno, sembrava un'abitudine talmente normale che Tony incamerò quell'esperienza con un velo di malinconia e occasioni perse ad avvolgerla. Non gli era mai mancata occasione di passare del tempo a fondersi il cervello con i videogame, ma era la solitudine a fare la differenza. Quando MJ aprì la porta della sala, un'eco di suoni confusi e di risate lo avvolse: ragazzini e giovani adulti si divertivano spensierati con ancora indosso i loro zaini e la giornata scolastica addosso, ma per nulla intenzionati a tornare a casa e perdersi quel pomeriggio di chiacchiere e sfide con gli amici. Tutto perfettamente nella norma, tutto estremamente ordinario, così tanto che si sentì ancora più escluso da quel mondo, quando si ricordò delle proprie giornate dedicate alle attività musicali obbligatorie, alle lezioni di economia di suo padre e a quell'atmosfera artificiale che aveva sempre sentito addosso sin da quando era bambino. Deglutì un malloppo d'aria in gola, mentre Peter lo spingeva dentro sorridendogli, fin troppo comprensivo. Sembrava aver capito i suoi pensieri; sembrava averli sentiti come se, tra le loro menti, vi fosse un legame così forte da rendere qualcosa del genere possibile e, quando lo trascinò verso una postazione con due fucili rossi, e un grosso cabinato che ospitava un gioco molto vecchio, non seppe cosa fare.
«Non ho monete, in realtà. Solo la carta di credito», si sentì di dire, mentre si tastava le tasche vuote. Peter alzò le spalle e tirò fuori una manciata di gettoni dai pantaloni e, infilandone uno nel cabinato, lo invitò a prendere il fucile tra le mani e a fare l'unica cosa che avrebbero dovuto fare lì dentro: divertirsi . Non era semplice, era tutto troppo nuovo e il suo disagio lo aveva reso muto. Era così che si comportava quando si sentiva fuori posto e incapace di agire normalmente, palesando la sua solita aria saccente; ma cosa voleva mai sapere, uno come lui, di cosa significava vivere davvero? A quel modo, poi? Come avrebbe dovuto fare qualsiasi ragazzo della sua età.
«Offro io, per oggi. La prossima volta ti fai trovare preparato, però», asserì Peter e, cominciando la partita, lo mise subito in difficoltà. Si vedeva che era abituato a quel tipo di attività: era preciso e spensierato, lui invece era rigido e fin troppo razionale. Non si lasciava andare e non viveva il momento e, per qualche ragione, quasi gli venne voglia di dirgli che no, non era il luogo per lui e che forse sarebbe stato meglio tornare a casa. Solo che, ogni accidenti di volta che il sorriso di Peter gli splendeva addosso, Tony non riusciva a dire niente che potesse spezzare quei momenti.
Poi lo colpì, forse per un colpo di fortuna o forse perché iniziava ad entrare nell'ottica di gioco, ma alzò le sopracciglia, orgoglioso di sé.
«È solo fortuna», rise l'altro, e quando si voltò a guardarlo lo trovò con la lingua tra una guancia, concentratissimo a fare meglio di quanto già non stesse facendo per batterlo. Ma Tony aveva già perso, e non solo nel gioco, ma nella vita. E fu per quel motivo che decise, infine, di dare il massimo lo stesso perché, in fin dei conti, sapeva bene che quella giornata non si sarebbe mai più ripetuta. Né con Peter, né con nessun altro. Sarebbe tornato a casa, suo padre gli avrebbe palesato tutta la sua delusione e, per altri dieci o quindici anni, avrebbe speso il suo tempo a fare solo ed esclusivamente cose che non gli andava di fare.
Gli venne quasi il magone, al pensiero, ma le sue dita erano più leggere, serrate intorno a quel grilletto, mentre esultava ogni volta che colpiva Peter e questo metteva su una delle sue buffissime espressioni deluse, ma non si arrendeva e si impegnava ancora di più. Esattamente come stava facendo con quella loro conoscenza. Era l'unico che, in qualche modo, ci stava almeno provando a renderla concreta, vivendo il presente e sperando in un domani.
Un domani che Tony voleva. Lo voleva con tutto se stesso.
Non conosceva bene Peter, non così tanto da poter asserire che stava nascendo un interesse, ma la sua presenza era piacevole e, tra la frustrante routine della sua vita al di sopra della normalità, necessaria. Probabilmente sarebbe accaduto con qualsiasi altra persona appartenente a quell'universo così diverso da suo, e di questo era convinto – o voleva convincersi – ma niente gli avrebbe estrapolato via la consapevolezza che era così che voleva che andassero le cose, per sempre. Una vita costruita diversamente da quella che suo padre aveva già progettato per lui.
STAI LEGGENDO
Rewrite The Stars // Young Starker // Tony x Peter // Soulmate!AU
Fanfic(Conclusa) «Tony, non c'è amore, non c'è traccia di sentimento. Non c'è chimica, non c'è attrazione fisica, non c'è niente di tutto questo ma...», esordì Peter, poi la sua voce si fece microscopica. «Dimmi che lo senti anche tu.» Si morse le labbra...