9. Musica e fate

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   "Non potevo lasciarla sola. Potrebbe farsi male o cacciarsi nei guai. È ancora piccola e malferma sulle zampe." Gli spiegò accarezzandole la testolina.
   "I gatti servono per tenere lontani i topi, non per ricevere coccole. Dovrebbe stare in cucina, oppure fuori. Ci sono... in questa casa ci sono molti oggetti di valore." Le spiegò con una nota di frustrazione e disappunto nella voce.
   "È soltanto una micina, capitano. E si comporta molto bene." Disse con tono implorante.
   "Portatela nel granaio, dove si renderà utile a... Oh, per tutti i santi! Smettetela!" Le disse notando le lacrime che le bagnavano gli occhi.
   Lei provò a trattenersi, ma aveva accumulato la tensione per troppi giorni e non riuscì più a trattenere le lacrime.
   La gattina era diventata la sua confidente e l’idea che qualcuno gliela sottraesse le spezzava il cuore.
   "Basta così, Eadlyn. Scoprirete che non reagisco bene a vedere le lacrime." Disse posando forchetta e coltello per poi prendere il bicchiere di vino per assaggiarne un sorso.
   La gattina saltò a terra ed iniziò a sfregarsi contro i suoi stivali, poi si alzò sulle zampe posteriori conficcando le unghiette nel cuoio.
   Eadlyn s’irrigidì spalancando gli occhi azzurri per paura della sua reazione.
   "Vi supplico Albert. Vi garantisco che non ha cattive intenzioni." Gli disse stringendo il fazzoletto che aveva sulle cosce.
   Albert si chinò e prese la gatta per la collottola per poi levarla dai propri piedi.
   La micia si dimenò tra le sue dita e lo graffiò.
   "La vostra piccola belva è davvero tanto buona? E affermate che si comporta bene? C’è da chiedersi che disastri combinerà quando sarà grande." Le chiese con una smorfia mentre vedeva un piccolo rivolo di sangue uscire dal graffio.
   La posò sulle sue cosce e continuò a guardare la gattina in modo diffidente.
   "Riprendetevi Princess o Lady Candy o come diavolo avete deciso di chiamarla e tenetemela lontana. Sorvegliate che non faccia danni. Se si arrampica sulle tende o graffia i mobili, se ne va subito nel fienile, senza ripensamenti." Le disse ritornando a mangiare
   "Quindi la posso tenere?" Gli chiese meravigliata mentre con le dita sottili giocherellava con la micia.
   Con un profondo sospiro, Albert si abbandonò contro lo schienale soffice della sedia.
   "Questa è anche casa vostra. Insegnatele un po’ di educazione." Le disse per poi mangiare un mirtillo.
   "Si chiama Pearl." Disse lei dopo un momento di silenzio.
   "Pelo bianco, occhi azzurri come l'oceano. È giusto che prenda il nome di una pietra." Le disse annuendo leggermente.
   Eadlyn non capiva se si stesse sforzando di fare conversazione oppure la stesse prendendo soltanto in giro.
   "Troverò un modo per sostituire i vostri stivali." Gli disse cambiando argomento.
   "Non c’è bisogno. Hanno sopportato ben di peggio delle unghie di un piccolo felino vivace." Le disse leggermente divertito mentre legava i suoi occhi verdi a quelli azzurri di lei.
   Successivamente entrò la governante mettendo fine al loro sguardo.
   "Dunque l'avete vista, milord. Ho tentato di avvisarla che non poteva tenere quella bestia, ma lei non mi ha ascoltata e..."
   "Mrs. Lorvett, avete dimenticato di bussare. Stavo conversando con mia moglie. Vi prego di ricordare in futuro che lei è la padrona e voi una dipendente. Non sta alla signora prestare ascolto a voi, ma il contrario. Dovete intendere le parole di Lady Nottingham come fossero mie riguardo alle questioni legate alla casa. Fate in modo che tutto il personale lo comprenda. Sono stato abbastanza chiaro?"
   "Sì... certo. Milord... Milady." Disse paonazza di vergogna. Rivolse ad entrambi una riverenza e si affrettò ad uscire.
   "Ora la questione è risolta." Le disse indifferente ed Eadlyn provò un tale senso di solidarietà con la governante e si chiese se era meglio non accennare a questo argomento.
   "Forse non siete stato un po’ troppo duro?" Gli chiese guardandolo mentre aggrottava la fronte.
   "Credete? Non so mai come comportarmi in queste situazioni. Con i soldati non c’è da preoccuparsi. Vi giuro che non ne ho mai visto nemmeno uno scappare via in lacrime." Le disse con tono indifferente.
   "Certo, perchè sono soldati e voi il loro comandante. Se volete liberarvene potete mandarli in prima linea a morire, ma Mrs. Lorvett è una vostra dipendente, quasi una lontana parente per i tanti anni che ha amministrato questa casa. Potevate svolgere il discorso in modo differente." Gli rispose giocherellando con le dita.
   Anche lei era stata dura con i suoi soldati durante le battaglie, ma quando svolgevano bene il loro lavoro, li ricompensava e non credeva che Mrs. Lorvett si fosse meritata quel trattamento.
   "Non so proprio cosa fare con voi. Volete essere caritatevole o lo siete?" Le chiese prendendosi la fronte tra la mano.
   "Sono caritatevole con le persone che ne hanno bisogno e non lo sono con le persone che si prendono gioco di me o che non mi portano rispetto. Mrs. Lorvett è solo diffidente nei miei confronti. Presto capirà che non voglio nuocere ad alcuno e si fiderà di me. E comunque... Grazie per il dono." Gli disse arrossendo leggermente ricordandosi il dono che aveva portato la governante.
   "Di quale dono parlate?" Le chiese confuso.
   "La divisa per l'equitazione." Gli rispose arrossendo inspegabilmente.
   "Ah. Non dovete ringraziarmi. Spero vi stia bene, magari durante il pomeriggio potreste provarla." Le disse pulendo le labbra con il tovagliolo di lino.
   "Lo farò se cavalcherete con me." Gli rispose senza riflettere.
   Voglio veramente cavalcare con lui? Stare assieme a lui?
   "Non vedo la motivazione di una negazione." Le disse sorridendo, facendole battere il cuore più forte del previsto ed ebbe il timore che lui riuscisse a sentirne i battiti.
   Sì. Voglio trascorrere più tempo con lui e conoscerlo. Diamine. Sto cadendo nella sua trappola e non devo permettere di essere colta da tali sentimenti.
   "Io mi ritiro per terminare del lavoro. Andiamo a cavalcare alle cinque del pomeriggio e se non trovate niente da fare, fatevi accompagnare alla sala della musica. Potrete trovare un pianoforte." Le disse mentre si alzava.
Lei fece lo stesso e mentre le passava accanto, sentì il suo calore accarezzarle la pelle del braccio.
   Posò la micia nella tasca del grembiule e si affrettò ad uscire dalla sala.
   Scorse la sua figura camminare lungo il corridoio percorso da un lungo tappeto rosso che risaltava le sue spalle larghe che si intravedevano dalla camicia di seta bianca, la vita stretta e le lunghe gambe fasciate dai calzoni neri.
   Cos'è questo sentimento che mi scuote lo stomaco ed affretta i battiti del mio cuore? È forse la ragione della felicità e della morte che colpisce gli innamorati nelle storie che ho letto nei momenti di noia? O sono solo i sintomi di un malessere?
   Non sapeva cosa pensare e decise di andare a provare la tenuta per cavalcare.
   Con l'aiuto di Lucy si tolse l'abito di seta broccata e si mise i pantaloni assieme alla camicia di seta.
   C'era anche una giacca in velluto ed una gonnella per abbellire i pantaloni, ma prese solo la giacca.
   "Potete indicarmi la sala della musica?" Le chiese posando la gattina nella sua cuccia per poi darle un bacio sulla testolina. "Fai la brava e non rompere niente." Le sussurrò sorridendo per poi alzarsi in piedi.
   "Certamente. Seguitemi." Le rispose Lucy finendo di rimettere il vestito nel grande baule.
   Era intenzionata a sfogare i suoi pensieri sul pianoforte e quando vi entrò, guardò con ammirazione l'infinita collezione dei strumenti musicali che nemmeno a casa sua erano presenti.
   C'era un violino accanto ad un violoncello, un flauto, degli strumenti a percussione, un'arpa ed un pianoforte a coda che riempiva quasi tutta la stanza posto accanto ad una finestra.
   "È bellissima." Disse alla cameriera sorridendo mentre posava la giacca sul tappeto persiano per poi raggiungere il pianoforte e sedersi sullo sgabello.
   "Avete bisogno degli spartiti? Ce ne sono molti qui dentro." Le disse indicandole una libreria ripiena di fogli e spartiti.
   "No, grazie. Potete anche andare." Le disse sorridendo per poi guardare il coperchio lustro e brillante.
   Tolse il feltro posto sopra ai tasti e mise le dita sui tasti dando inizio ad una lenta melodia, quasi triste, che esprimeva la sua angoscia ed il suo dolore.
   Pensò ai genitori, al fratello che le aveva tenuto nascosto un grande segreto, alle persone che aveva lasciato a Buckingham House e ad Albert.
   La musica le fluiva nel corpo raggiungendo il suo cuore per lenirlo.
   Aveva abbandonato molte persone a lei care, ma forse ne aveva trovate di nuove.
   Persone su cui contere, che non avevano paura di lei e che cercavano di rallegrarla.
   Eppure si sentiva sempre fuori luogo.
   Lei non era fatta per essere la moglie di qualcuno, ma nuovi sentimenti le appannavano la vista e non le permettevano di definire ciò che era bene o ciò che era male per il suo cuore.
   È forse amore? L'amore di cui raccontano nei romanzi? L'amore che causa guerre e sorrisi? Sono innamorata di Albert? E se lui non ricambiasse? Dopotutto sono solo una persona in più a cui deve badare. Oggi mi ha trattata bene, ma domani potrà trattarmi come tratta i suoi domestici. Come ho fatto a cacciarmi in un simile errore? Non posso innamorarmi di un uomo al quale non piaccio. Mi farò solo del male. Proverò ancora più dolore di quello che già provo. Oh, fato sventurato. Perchè proprio io devo distruggermi per amore? Non ti è bastato farmi nascere diversa?
   Mentre i suoi pensieri vagavano assieme alla musica che riempiva la casa, Albert aveva quasi gli stessi pensieri.
   Chiuso nel suo studio, credeva di poter dimenticare tutto e concentrarsi sul lavoro, ma i suoi pensieri vagavano verso orizzonti che non aveva mai visto.
   Ad ogni battito di ciglia, l'immagine della ragazza gli compariva difronte.
   Mentre sorrideva, mentre ballava assieme a lui, mentre era bagnata dall'acqua o mentre piangeva.
   Perchè continuo a pensare a lei? Perchè?! Non voglio sfiorare la sua pelle se lei non me lo chiede, eppure il mio copro, il mio cuore e la mia mente sono attratti da lei. Come posso permettere che accada tutto ciò se lei non mi vuole? Abbiamo legato molto negli ultimi giorni, ma lei continua a non fidarsi di me. Non so proprio cosa potrò fare per averla. È mia moglie, ma è troppo innocente e non sa quale bestia si nasconda dentro di me. Non sa che non posseggo un cuore.
   Sentì la musica insinuarsi tra le fessure della porta e riecheggiare dolce tra le pareti.
   È triste... È triste per colpa mia ed io non posso alleviare il suo dolore. Cosa posso fare per farla sorridere? Mi ha raccontato molte cose di lei, eppure non la conosco ancora bene.
Erano passate circa due ore e mancava poco alle cinque, eppure Eadlyn non voleva allontanarsi dai tasti.
   È così bello come la dolcezza delle note stia alleviando il mio dolore.
   Mentre ascoltava la dolce melodia tenendo gli occhi chiusi, non si accorse di Albert che la guardava ammaliato mentre stava appoggiato allo stipite della porta con le braccia conserte.
   Terminò il brano che aveva imparato a memoria ed aprì gli occhi facendo un lento sospiro.
   Notò qualcuno che la guardava e si girò verso la porta rimasta aperta notando che la guardava con un piccolo sorriso sulle labbra.
   "Siete qui da molto?" Gli chiese arrossendo leggermente.
   "Da un po'. Perchè non continuate a suonare?" Le chiese avvicinandosi alla custodia di un violino per poi accarezzarla con i polpastrelli.
   "È da molto che lo faccio. Devo avervi disturbato. Mi dispiace che abbia dimenticato la porta aperta." Gli disse togliendo i piedi dai pedali dello strumento.
   "Questa casa aveva proprio bisogno di un po' di musica." Le disse girandosi a guardarla.
   "Voi non suonate?" Gli chiese confusa.
   Allora a che servono tutti questi strumenti?
   "Quando ero giovane mi dilettavo a passare da uno strumento all'altro." Le rispose con indifferenza.
   Con mia sorella. I nostri genitori amavano i nostri duetti e cercavano di farci imparare molte cose, ma questo non posso dirtelo, perchè sei troppo curiosa.
   "Ed ora?" Gli chiese cercando di nascondere la sua curiosità mentre riponeva il feltro sui tasti.
   "Ora non lo faccio più. Credo di ricordare come suonare alcuni strumenti, ma sono anni che non ne tocco uno." Disse avvicinandosi a lei. "Domani continuerete a fare baccano?" Le chiese divertito mentre la guardava.
   "Baccano? Ho sempre suonato bene e tutti gli amici di mio fratello venivano a casa nostra per potermi sentire suonare. Forse avete perso l'udito fine di un musicista." Gli rispose facendo finta di essere offesa.
   "Può essere, mia cara. In battaglia si odono solo grida e cannoni." Le disse sedendosi accanto a lei.
   Non avrei dovuto sedermi qui. Perchè non ci sono sedie in questa stanza? Pensò lui mentre un calore gli si sprigionava nel ventre.
   Era più alto di lei anche da seduti e riusciva a vedere la rotondità dei suoi seni spinti in alto dal corsetto stretto che si intravedeva dalla camicia dal tessuto leggero.
   Lei sentì un brivido percorrerle la schiena mentre riusciva a percepire il suo calore ed il suo profumo muschiato e virile.
   "Non vi siete portata dietro la bestiola." Le fece notare distogliendo gli occhi da lei per porli sul paesaggio che si intravedeva dalla finestra.
   "Ora ha una cuccia tutta sua e poi deve dormire." Rispose giocherellando con le mani.
   "Sono quasi le cinque. Volete ancora andare a cavallo o preferite rimanere qui?" Le chiese alzandosi in piedi per calamare il suo corpo divenuto fuoco ardente.
   "Se voi avete finito il vostro lavoro, possiamo anche andare." Gli rispose cercando di trattenere l'entusiasmo mentre si alzava lentamente dallo sgabello.
   "Ho terminato il mio lavoro poco fa. Andiamo." Le disse porgendole la mano che lei prese.
   Arrivarono alle scuderie dove trovarono i cavalli sellati e dopo aver afferrato le redini, Eadlyn salì sulla sella con facilità e senza l'aiuto di qualcuno.
   La comodità dei pantaloni non si trova in nessun altro indumento. Nemmeno le camicie da notte.
   Lui aveva notato che non si era messa le gonne che coprivano le natiche e le cosce strette dai pantaloni e n'era rimasto colpito.
   Erano molte le donne che indossavano i pantaloni, ma su di lei erano arte.
   Aveva un fisico asciutto, ma con le curve al loro posto e i glutei erano molto sodi.
   Ne ebbe la conferma quando salì sulla sella e lui era proprio dietro di lei.
   "Siete salita da sola?" Le chiese fintamente stupito.
   "Niente gonne o vestiti ingombranti." Gli rispose sorridendo divertita.
   "Avete ragione. La trovate comoda?" Le chiese salendo sul proprio cavallo per poi uscire assieme a lei dalle scuderie.
   "Se i pantaloni fossero un capo alla moda, li indosserei tutti i giorni. Anche per dormire." Gli rispose ridendo.
   "Beh, sono punti di vista."
   Alcune volte sono una tortura per gli occhi ed il corpo, come in questo caso. Diamine. Perché mi succede tutto questo? Alla corte e in città ci sono donne più adulte e formose di lei, eppure non hanno mai acceso qualcosa in me. Cos'ha di diverso lei? Si chiese mentre galoppavano vicini e lei si guardava in giro.
   "Io la penso così, ma vi prego di non andarlo a dire in giro. Le altre duchesse e contesse non vorranno più bere il tè o fare una passeggiata con me." Gli disse divertita.
   "A voi importa di ciò che pensano gli altri?" Le chiese divertito ricordando come andava a cavallo e l'infuriata contro Carlo e Philip.
   "Certo che no. Se mi vedessero conciata in questo modo, sono certa che mi farebbero esiliare." Gli rispose ridendo.
   "E per cosa dovrebbero esiliavi?" Le chiese curioso.
   "Non cavalco all'amazzone, porto i pantaloni senza la gonna, non acconcio i capelli e non partecipo ai tè pomeridiani o alle passeggiate mattutine."
   "E vi comportate da pazza." Le ricordò lui.
   "Da pazza?" Gli chiese confusa.
   "Vi siete dimenticata di quando siete uscita mentre pioveva." Le rammentò con un piccolo sorriso sulle labbra.
   L'immagine di lei con indosso solo il corsetto e la gonna leggera che le copriva le gambe, gli fece provare un fremito all'inguine.
   "Avete ragione. Forse anche un po' pazza." Gli concesse ridendo.
   "Le vedete quelle piccole casette?" Le chiese cambiando argomento per non pensare a lei semisvestita e per alleviare la sua sofferente erezione.
   "Cosa sono?" Gli chiese curiosa mentre guardava i rami bassi degli alberi.
   "Sono casette per gli uccelli. Ne mettiamo alcune sugli alberi così quando ritornano dalla loro migrazione, trovano un nido pronto e possono deporre le uova senza preoccupazioni." Le rispose respirando lentamente mentre l'erezione si placava.
   "Vengono in molti?" Gli chiese impaziente di vedere uno stormo d'uccelli in volo sul cielo azzurro.
   "Sì. E sono di molte specie differenti." Le rispose divertito dalla sua curiosità.
   "Allora dovremmo aggiungere più casette. Dubito che basteranno." Gli disse guardando sopra alla sua testa.
   "Attenta!" Le disse sporgendosi verso di lei.
   Un ramo stava per colpirle il viso, ma fortunatamente lui la afferrò in tempo dal braccio facendola inclinare verso di lui.
   Seguì un momento in cui i loro sguardi, ardenti di passione di lui e stupefazione di lei, si rispecchiarono in quello dell'altro.
   "G-Grazie." Disse Eadlyn rimettendosi in equilibrio sulla sella dopo aver distolto gli occhi da quelli di lui.
   Perchè sono così verdi? Perchè il mio cuore batte così velocemente ed ho lo stomaco sottosopra? Pensò mentre stringeva leggermente le redini tra le mani.
   "Di niente." Le rispose lui cercando di resistere alla tentazione di guardarla.
I suoi occhi sono così azzurri... Com'è possibile che il mio cuore sia ritornato a battere in questo modo?
   Ripresero la passeggiata senza parlarsi, ma dopo un po' Albert si decise a parlare.
   "Possiamo fermarci qui. Scorre un ruscello che porta un'acqua molto buona." Le disse scendendo dalla sella per poi avviarsi verso un alberello dai rami bassi dove legò il cavallo e lo stesso fece anche lei.
   "Qui tutto quanto è così tranquillo." Disse tra sé mentre lo seguiva e si guardava in giro sorridendo.
   "Vi aspettavate altro?" Le chiese divertito girandosi leggermente verso di lei.
   "Avevo immaginato che ogni giorno ci sarebbero stati balli e banchetti, come a corte." Ammise portando le mani dietro alla schiena per iniziare a giocherellare con qualche ciocca dei suoi capelli.
   "Se volete organizzare balli o banchetti, potete farlo quando desiderate, basta avvertirmi e date le istruzioni ai domestici." Le disse mentre scorgeva il luccichio dell'acqua.
   "Assolutamente no. I balli sono come una malattia per me. Più ne sto lontana e meglio è. Se vorrete farne uno, dovrete avvisarmi, così mi fingerò malata." Gli disse ridendo facendolo così sorridere.
   "Abbiamo una cosa in comune. Non mi piacciono i balli o le feste con troppe persone." Le disse girandosi a guardarla e lei rispose con un leggero rossore sulle guance.
   "È questo il ruscello?" Gli chiese meravigliata dallo splendore dell'acqua che scorreva tra le rocce e di tanto in tanto si vedevano dei piccoli pesciolini saltare in aria per poi ritornare dov'erano prima.
   "Sì." Le disse leggermente sorpreso mentre lei si avvicinava alla sponda per poi inginocchiarsi e guardare il suo riflesso.
   Sembra una fata. Pensò Albert guardandola rapito mentre lei fissava il suo volto nello specchio d'acqua.

And If I... (Complementari O Uguali?)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora