Capitolo Secondo

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"Punite me... vi prego, mio Signore... "

Lucius Malfoy strinse le dita alla mensola di granito sopra il camino spento, protraendosi verso Lord Voldemort ma tenendo pur sempre lo sguardo basso.

"Vi prego" ripeté supplichevole.

"Non temere, Lucius, avrete tutti il vostro turno" sibilò Voldemort sorridendo con malvagità. "Ma adesso... devo assicurarmi che il messaggio passi" concluse, levando nuovamente la bacchetta.

Draco, inginocchiato sul pavimento e non per un segno di reverenza, si ritrasse a quel gesto in modo tanto istantaneo quanto inutile: la forza della maledizione lo investì ugualmente. Le gambe avevano appena recuperato un po' di forza, ma la persero di nuovo e lui dovette reggersi sulle braccia per non cadere faccia a terra mentre la Maledizione Cruciatus gli risucchiava l'aria dai polmoni. Non gliene rimaneva nemmeno per urlare, anche se quella sarebbe stata forse l'unica cosa utile da fare: buttare fuori tutto il dolore, sputarlo, liberarsene. Almeno parzialmente. Ma invece il suo corpo era totalmente apatico, quasi qualcuno l'avesse spento con un interruttore. Ed ecco che perdeva ogni forza muscolare, non si reggeva più sulla gambe, e la voce gli rimaneva bloccata in gola in un urlo muto.

Gli sembrò durare in eterno. Gli parve di rimanere lì, sul pavimento della sala da pranzo, per anni e secoli mentre l'Oscuro Signore lo torturava.

Percepiva la presenza dei suoi genitori, li sapeva lì nella stanza, ma non li vedeva. Si domandò anche perché mai suo padre si mostrasse tanto turbato dai metodi di Voldemort, quando lui stesso aveva usato ben più di una volta punizioni corporali per amore dell'educazione. E ora chiedeva di prendere il suo posto, addirittura. Draco detestava anche lui in quel momento, ma quella era solo l'agonia a parlare, non lui. Le punizioni fisiche di suo padre erano sempre state diverse. Brutte, sì, ma niente più di quello.

Alla fine, quando stava iniziando a convincersi che sarebbe morto, la maledizione cessò e il dolore scomparve, istantaneo com'era arrivato.

Per una buona manciata di secondi il ragazzo rimase immobile dove si trovava, un po' per paura di scatenare un'altra ondata di torture, un po' a causa dei muscoli indolenziti che ancora faticavano a reagire; poi osò alzare gli occhi sulla sala, si tirò lentamente in piedi, con attenzione, quasi temesse di finire in pezzi se avesse tentato movimenti eccessivamente bruschi, e recuperò la posizione eretta.

"Ogni fallimento" risuonò la voce fredda di Lord Voldemort, "porta delle conseguenze. Deludermi porta delle conseguenze. E saranno sempre peggiori, Lucius, non dimenticarlo".

Draco si resse più forte a uno dei mobili che erano stati accatastati chissà quanti mesi prima lungo le pareti, mentre il terrore strisciante che accompagnava sempre le parole di Voldemort gli strisciava sulla pelle. Tentò di rimanere immobile, di non respirare quasi, sicuro comunque che l'Oscuro Signore avrebbe ripreso ad accanirsi su di lui.

Invece non accadde.

Voldemort al contrario voltò loro le spalle avvicinandosi lento all'estremità del lungo tavolo, la rabbia trattenuta in un contegno ancora più terrificante. "Andate via" ordinò.

Lucius non se lo fece ripetere, raggiungendo in fretta la porta; Draco voltò rapido lo sguardo verso sua madre come a chiederle cosa fare, rimanendo ancorato al suo posto. Narcissa lo stava già raggiungendo, rigida e composta come di consueto; gli rivolse un cenno impercettibile del capo mentre gli appoggiava una mano sulla schiena, indirizzandolo delicatamente verso l'uscita.

Entrambi superarono la soglia con passo regolare e attento; quando la porta si fu chiusa dietro di loro Draco virò verso le scale salendole con decisione, per quanto il dolore che ancora provava pressoché ovunque gli permetteva. Tragicamente stava diventando esperto della Maledizione Cruciatus, pensò con una smorfia che sarebbe dovuta essere sarcastica ma che sembrò, nel buio della scalinata, più che altro di dolore. Ormai sapeva bene che, a differenza di altre maledizioni, quella lasciava il corpo agonizzante anche per molto tempo; si stava abituando, tutto sommato. O forse stava solo cercando di autoconvincersi, pensò. Al dolore non ci si abitua mai, non a quel tipo di dolore.

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