Al suo ritorno alla casa Cesare non aveva trovato nessuno ad aspettarlo, così si era steso su uno degli sdrai della piscina cercando di calmare il proprio battito accelerato. In pochi minuti il sole caldo di Agosto aveva asciugato le lacrime che gli bagnavano le guance lasciandole lievemente secche e salate. Nel sentire l'inconfondibile rumore di un'auto che percorreva il vialetto di casa aveva riaperto gli occhi guardando con aria confusa Tonno che parcheggiava la sua macchina.
"Che cosa ci facevi con la mia auto?" gli chiese non appena fu sceso.
Sobbalzando per la sorpresa Tonno si girò verso il ragazzo rendendosi conto solo ora della sua presenza sul lettino. "Tu piuttosto, da quanto sei lì?" domandò scuotendo la testa per poi aggiungere "ho portato Nels in stazione, forse è meglio così Cesare, la situazione si sarebbe fatta pesante".
"Ti ha detto di me?" si lasciò sfuggire lui a denti stretti, dando per scontato che ormai non fosse più un segreto.
In tutta risposta l'amico andò a sedersi al suo fianco e posandogli una mano sulla spalla scosse delicatamente la testa lasciando che un ciuffo biondo gli ricadesse sulla fronte ancora lievemente scottata. "Veramente no, quello lo so da tempo.. a dire il vero tutti lo sappiamo. Quello di cui eravamo all'oscuro era che pianificasse di lasciare Space Valley da un giorno all'altro."
Le parole del suo amico rivestirono quello che sembrava un incubo della patina di cui è fatta la realtà. Non riusciva ad accettare il fatto che tutto stesse succedendo proprio in quel momento e lui non era pronto: non era pronto a dire addio a ciò che aveva reso straordinari gli ultimi anni della sua vita. Voleva dire qualcosa per difendere la scelta di Nelson, per difenderlo dalle parole dure di Tonno, ma alla fine lui non era lì e anche il suo amico aveva bisogno di conforto.
"Noi continueremo a fare ciò che abbiamo fatto fino ad ora.. non devi preoccuparti ok? Anche quando Dario se ne è andato sembrava che le cose non sarebbero mai state come prima, ma poi tutto si è sistemato.."
Nessuna parola sembrava smuovere il ragazzo, che con la fronte appoggiata alle mani guardava fisso il pavimento in pietra della piscina. Ad un certo punto come mosso da una inspiegabile energia si alzò in piedi e frugandosi nelle tasche porse riluttante a Cesare le chiavi della sua auto e guardandolo dritto negli occhi sussurrò.
"Il treno è partito, ma se ti muovi arrivi in tempo per il volo, credo voglia anticiparlo"
***
Nelson era riuscito ad anticipare con successo il volo per San Francisco pagando un discutibile sovrapprezzo. Una volta arrivato alla stazione di Bologna si era subito diretto verso casa sua per svuotare le valigie e prepararle di nuovo. Quando la chiave scattò e l'immagine del suo appartamento vuoto gli si piazzò davanti agli occhi si accorse che metà delle cose che era abituato a vedere erano sparite: appartenevano a Beatrice che doveva essere venuta a sgomberare l'appartamento mentre lui era via. Ma non era questo che pensava mentre posava gli occhi sui vari angoli di quella che era stata la sua prima casa. Pensava al divano su cui aveva visto maratone di serie tv insieme a Cesare, alla cucina nella quale lui gli aveva cucinato alcune delle cose più buone che avesse mai mangiato, lo scomparto del suo armadio dove teneva i suoi vestiti dimenticati per quando si sarebbe fermato lì a dormire. La gamba della scrivania mordicchiata da Chewbe, che aveva promesso di ripagargli, il suo spazzolino in bagno: tutto sembrava parte di un ricordo lontano e confuso.
Si sforzò di guardarsi il meno possibile intorno e riempita una valigia da stiva e uno zaino da mettere in spalla e recuperato il passaporto si diresse nuovamente verso la porta. Mancava ancora qualche ora al volo, ma prima doveva assolutamente passare a salutare la propria famiglia, non poteva andarsene senza avvisare nessuno. Avrebbe lasciato le chiavi della casa a suo padre per andare ogni tanto a controllare che tutto andasse bene. Lanciò un ultimo sguardo nostalgico a quelle quattro mura che racchiudevano alcuni dei suoi migliori ricordi e se la richiuse alle spalle con il cuore pesante.
***
Quando imboccò l'uscita autostradale dall'aeroporto Cesare pensò di stare per svenire, aveva percorso più di 700km senza fermarsi neanche un istante. Non sentiva nè la fame nè la sete, si era fermato una volta soltanto per fare il pieno alla propria auto, niente di più. Giunto a destinazione la stanchezza e l'ansia iniziarono a farsi sentire e mentre cercava un parcheggio a caso avvertì la testa girare in modo vorticoso. Spense l'auto dopo averla accostata ad un'altra ad aggrappandosi al voltante si guardò nello specchietto retrovisore: aveva due occhi spaventosamente rossi. Non sapeva dire se fossero state le lacrime o le sette ore filate di viaggio, ma aveva un'aria da schifo. Frugò senza successo nel cruscotto dell'auto alla ricerca dei propri occhiali da sole, ma non ebbe fortuna. Dove diavolo li aveva lasciati? Scosse la testa poco convinto da ogni ipotesi e scese dal posto del pilota per afferrare il proprio cellulare e portafogli e chiusa la macchina si avviò a passo veloce verso il terminal di imbarco.
Provò a correre, ma le sue gambe intorpidite parevano non voler collaborare. La sua mente volava veloce tra i pensieri: come avrebbe trovato Nelson, e se lo avesse trovato cosa pensava di dirgli? Aveva tentato ogni cosa quella mattina, tra gli uliveti della Puglia. Cosa poteva dire con quell'aspetto e la poca lucidità del momento che potesse far cambiare idea al ragazzo? Rimandò ogni pensiero ad un secondo momento e si concentrò sui tabelloni dei voli in partenza. Nelson aveva parlato di San Bruno ma non c'erano voli diretti lì, quindi cercò velocemente gli aeroporti più vicini e restrinse la ricerca a due: San Francisco e Oakland. Tuttavia c'era un solo volo in partenza in meno di un'ora ed era diretto a San Francisco. Tuttavia Nelson poteva essere già passato dai controlli di sicurezza ed essere al Gate di imbarco. Cesare pensò che se conosceva bene il suo migliore amico sarebbe stato in ritardo anche per il volo che poteva cambiargli la vita. Si sedette su una panchina affianco ad alcuni sconosciuti e lottando contro il forte impulso di dormire, mantenne lo sguardo fisso sulle porte automatiche da cui entravano fiumi di persone. Cercò di mantenersi vigile preparandosi un discorso, ma i suoi pensieri si accavallavano formando frasi confuse e facendolo agitare solo di più. Lo aspettava, come lo aspettava da anni e l'avrebbe aspettato anche per una vita intera.
Lo sguardo di Nelson quando entrò trafelato nella hall dell'aeroporto e vide Cesare non potrebbe essere descritto a parole. Mollò il manico della valigia e mosse un passo insicuro verso di lui, come per chiedergli conferma che fosse veramente lì per lui. Il ragazzo si alzò di scatto quando lo vide a sua volta, fermo in mezzo alle persone che passando lo urtavano e gli gridavano di spostarsi. Lui non sentiva niente e nessuno, aveva occhi solo per Cesare. Si avvicinò lentamente a lui e quando posò timidamente le mani sul suo petto Cesare dimenticò completamente ogni discorso che aveva intenzione di pronunciare.
"Non credi che.. sia tardi?" sussurrò Nelson.
Cesare scosse dolcemente la testa "Tu sei sempre in ritardo Nelson". L'altro lo colpì appena con il pugno chiuso, intimandolo di restare serio "parlo di noi..".
"Non è una questione di tempo Nels, ma d'importanza" e prendendo il suo viso tra le mani lo baciò come non aveva mai baciato nessuno prima di allora. Entrambi sentirono parti lontane del loro corpo che tornavano a casa.
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• 𝙳𝚘𝚖𝚎𝚗𝚒𝚌𝚊𝚖𝚊𝚛𝚊 • 𝙲𝚎𝚕𝚜𝚘𝚗
FanfictionUna domenica come un'altra Nelson si svegliò e guardando la ragazza che dormiva al suo fianco si sentì un estraneo nel suo stesso letto, nella sua stessa casa. Scivolò nuovamente sotto le lenzuola quando una strana amarezza lo pervase: quando aveva...