L'anima si sceglie il proprio compagno. Poi chiude la porta.
Nelson entrò nell'appartamento al terzo piano lasciando un vuoto laddove prima c'era il pomello della porta. La vista che gli si presentò davanti agli occhi lo stupì solo fino ad un certo punto, si girò e quella fu la vista che gli tolse davvero il fiato. Nell'atmosfera anonima di quell'ingresso come tanti c'era un elemento assolutamente nuovo. Cesare era proprio dietro di lui e lo stava guardando, appoggiato con una spalla allo stipite e con l'angolo della bocca sollevato in un sorriso indecifrabile.
"Che c'è?" chiese portandosi una mano davanti agli occhi per ripararsi dal riflesso del sole che dalle vetrate si rispecchiava di rimando nei suoi occhiali.
"Non ho davvero idea di come tu mi abbia convinto Nels.." facendo un passo avanti posò le mani suoi suoi fianchi e come se avesse cambiato idea ne ritirò una per andare a scostargli un riccio che gli ricadeva sul viso con una delicatezza che disarmò il ragazzo. Non lo credeva capace o forse semplicemente non lo aveva mai visto avere queste premure per nessun altro.
"Mi è sempre piaciuto questo gesto" si lasciò sfuggire come se la barriera tra il pensiero e la parola fosse venuta a mancare per un istante. Lo sguardo confuso di Cesare lo spinse a spiegarsi meglio "intendo quando mi tocchi i capelli così.. è una cazzata lo so"
"No, non lo è, però non ricordo di averlo mai fatto prima" rispose scuotendo vagamente la testa quando un ricordo che veniva da vicino, data la velocità con cui lo aveva riportato alla mente, riaffiorò e gli fece brillare lo sguardo. "Indossavi quella camicia blu che ti sta da dio, ora ricordo.." lentamente la sua mano che ancora era posata sul collo del ragazzo scese lungo la sua schiena e fino all'orlo del maglione che lentamente sollevò lasciandolo con indosso una vecchia maglietta di Space Valley. Nelson sentì i suoi occhi chiari bruciare letteralmente ogni centimetro di pelle su cui si posavano. In imbarazzo si girò verso la vetrata della stanza che mostrava l'incredibile vista di San Bruno nella sua ora più bella: quando il cielo si tinge degli imprevedibili colori che indicano che la giornata sta per finire. Fece aderire la sua schiena contro il petto di Cesare e allungando una mano verso il suo viso lo attirò lievemente verso di sé sentire il suo corpo più vicino, ma senza fare i conti con quello sguardo che non sapeva reggere.
"Non hai idea di quante volte in studio ti abbia guardato indossare esattamente questo e abbia immaginato di toglierti pezzo per pezzo ogni cosa" scandì ogni parola contro il collo del riccio inumidendolo con le sue labbra e lasciando che una mano si infilasse sotto la sua maglietta. Prima che potesse proseguire verso i suoi pantaloni Nelson, il cui respiro si stava facendo pesante, la afferrò per un polso e la condusse più in basso verso il cavallo. L'altro non se lo face ripetere due volte e mentre con un braccio lo teneva stretto a sé con l'altra mano gli accarezzò l'inguine prima di insinuarsi dentro i suoi jeans e sentendo la testa del più piccolo posarsi sulla sua spalla e le sue labbra schiudersi in un gemito sorrise eccitato da quella vista.
La suoneria del cellulare di Nelson gli fece cambiare umore repentinamente, interrompendo la catena di sospiri di piacere che preferiva di gran lunga. Dopo essersi agitato appena tra le braccia di Cesare che pareva non volerlo lasciar andare, Nelson lo convinse dicendogli che si trattava di lavoro e andando a frugare nelle tasche dello zaino rispose in modo trafelato, ansimando ancora un poco nel microfono. Cesare provò un soffio di gelosia nel pensare che all'altro capo del telefono qualcuno lo stava ascoltando in quelle condizioni, ma si trattenne per ascoltare meglio la conversazione.
"Si.. si certo. Ovviamente" il ragazzo aveva preso a camminare in cerchio per la stanza portandosi una mano alla nuca, classico segno di agitazione. Ma il motivo non era quella chiamata di lavoro che stava sbrigando con assoluto disinteresse, il motivo della sua agitazione stava ancora in piedi davanti a lui e lo guardava in un modo che non aveva neanche mai lontanamente sognato. "Certo se mi mandate le indicazioni posso essere lì tra mezz'ora circa, non è un problema" e invece lo era, la serata che gli si era profilata davanti agli occhi era appena sfumata e anche Cesare doveva averlo capito perfettamente perché si era messo a disfare la propria valigia.
"Si a tra poco" rispose chiudendo la conversazione e avvicinandosi all'altro gli spiegò che lo avevano chiamato a fare un breve sopralluogo dell'ufficio ma che se la sarebbe cavata in un paio d'ore e poi sarebbero potuti uscire a bere e mangiare qualcosa in un locale qualsiasi della città. Dato che Cesare non rispondeva gli posò una mano sotto il mento e gli sollevò il viso più o meno all'altezza del suo per poter avere la sua attenzione. Senza sapere come si ritrovò con le spalle al muro e le mani tra i capelli di quel ragazzo i cui occhi verdi furono l'ultima cosa che vide prima che la distanza tra i loro visi si azzerasse. Bastò così poco a riaccendere la fiamma che la chiamata di qualche minuto prima aveva interrotto così bruscamente. Fu strano, nessuno dei due parlò, eppure si dissero più del dovuto solamente guardandosi.
[...]
Quando Nelson si ritrovò nuovamente contro quel muro, più tardi quella stessa sera, il suo tasso alcolemico era decisamente più elevato e lo stesso valeva per il ragazzo che lo stava tenendo in braccio senza alcuno sforzo apparente. Di ritorno dall'ufficio avevano saltato lo step della cena ed erano passati direttamente a quello del provare alcuni dei locali che si trovavano nei paraggi dell'ufficio. Intorno alle undici Nelson aveva sussurrato qualcosa nell'orecchio di un ormai ubriaco Cesare e si erano immediatamente diretti verso il loro appartamento, spinti dalla stessa idea e dal medesimo desiderio. Ora guardandosi negli occhi ad entrambi pareva impossibile aver aspettato così tanto per posarsi gli occhi e le mani addosso a vicenda, quegli anni in cui si erano desiderati nel segreto più totale pesavano tanto quanto i vestiti che si sfilarono con la velocità che le loro mani tremanti consentivano. Tutto aveva il gusto di una prima volta: le labbra di Cesare che scivolavano sulla schiena di Nelson alterando i baci ai morsi leggeri, i loro corpi sconosciuti che iniziavano a conoscersi sotto le loro dita e le loro labbra, i respiri affannati ma stranamente sincronizzati su un'unica frequenza. Nelson inarcò la schiena più del previsto lasciandosi scappare un gemito esasperato, era al culmine e voleva di più e ripeté le parole che poco prima li avevano fatti scappare da quel locale del quale ricordavano a malapena le fattezze. "Ti voglio addosso, ti voglio adesso". Quella parole sussurrate come una supplica furono accolte da Cesare con un sorriso che si perse sulla labbra dell'altro, baciandosi con la consapevolezza che le parole oltre quel punto erano inutili a descrivere cosa provavano e cosa volevano: i loro corpi parlavano da sé. Continuarono così per buona parte della notte, confondendo la fine di un momento con l'inizio di un altro, fingendo di perdersi tra le mani l'uno dell'altro e finendo per farlo davvero. Quando si abbandonarono stremati alle lenzuola bollenti, che replicavano le innumerevoli posizioni che avevano assunto nel darsi piacere a vicenda, si guardarono a vicenda e non potendosi trovare al buio si cercarono ancora con le mani. Si addormentarono così, con la consapevolezza di essersi finalmente trovati.
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• 𝙳𝚘𝚖𝚎𝚗𝚒𝚌𝚊𝚖𝚊𝚛𝚊 • 𝙲𝚎𝚕𝚜𝚘𝚗
FanfictionUna domenica come un'altra Nelson si svegliò e guardando la ragazza che dormiva al suo fianco si sentì un estraneo nel suo stesso letto, nella sua stessa casa. Scivolò nuovamente sotto le lenzuola quando una strana amarezza lo pervase: quando aveva...