XII

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Sansa

Mi guardo silenziosa allo specchio, mentre Shæ mi allacciava piano il corsetto dell'abito.
Con lo sguardo vuoto e triste mi guardo allo specchio, sfiorando lentamente la stoffa pregiata del vestito.
Tra poco tempo mi sposerò con Jaime, e la cosa non può farmi sentire più strana del solito.

Condividerò il resto della mia vita con uno dei membri della famiglia che ha distrutto la mia. Lo stesso che ha tramato,cospirato, combattuto e ferito mio padre.
Sembra un scherzo del destino. Come sei gli dei si stessero beffando, della mia persona, della mia stupida e ingenua persona.

Non so se definirmi felice perché abbandonerò King's Landing per un po' e non vedrò più Joffrey e la regina; o perché in realtà l'unica cosa che voglio è quella di tornare a casa mia, con tutta la mia famiglia al completo; anche con quel mostriciattolo dispettoso di Arya e il caro bastardo Jon.

Chiudendo gli occhi e sospirando ancora, porto alla mente, ricordi d'infanzia spensierata e privilegiata.
Tra le lezioni di canto e di ballo, tra bei corsetti e merletti, tra inchini e compiacenti sorrisi, tra risate e feste, la bambagia è stata la mia unica amica, quell'amica che alla fine mi ha tradita.

Costatando la mia situazione attuale, ho quasi invidiato Arya. Lei voleva essere libera, realizzarsi, essere un qualcosa di magnifico quanto straordinario, in questo mondo retrogrado e malato.

Io invece ho preferito essere stata cresciuta per essere venduta.
Nessuno mia aveva preparata ad affrontare la vita fuori dal palazzo, pagandone poi il prezzo; sono stata educata solo per essere una merce di scambio, un'incubatrice, che è costretta a sacrificare la sua felicità pur di sopravvivere e compiacere gli altri.

«Dobbiamo parlare.»
Mi portò verso le zone più esterne al giardino. Stranamente. Quando qualcuno deve dirsi un segreto, non si mette mai così esposto.
Che cosa ha in mente ser Jaime?

«Qui va bene.»
Si fermò. Eravamo nello stesso luogo dove mi annunciò la confermata disgregazione della mia famiglia. A quel pensiero, le lacrime mi salirono lente e calde; chiusi gli occhi un istante per scacciarle; mi ero ripromessa di non piangere e così sarà.
«Di cosa dobbiamo parlare? È successo un qualcosa di grave?»
«No, niente di grave...»disse scostando il capo. Doveva dirmi un qualcosa e temporeggiava inutilmente.
Pian pian mi feci coraggio e presi le sue mani. Si anche quella artificiale.
Lui sembrò colpito verso quel mio gesto, il suo dilatare delle iridi smeraldine, me lo confermò.
«Puoi dirmi tutto se ti va...presto ci sposeremo...E non potremo far finta di nulla in eterno.»
Gli sorrisi mesta. Il biondo dopo avermi guardata, abbassò e rialzò velocemente il capo, sorridendo in modo scherzoso.
«Non voglio sembrare un rude, ma è stato mio padre a dirti di compiacermi? Perché sembri molto felice di sposare il Kingslayer!»
Sottolineò le ultime tre parole con tono amaro. Mi fece quasi compassione. Come se volesse che tutti, lui in primis, condannarsi per un evento passato.

«N-No..non si tratta di questo...»
«Allora ti faccio pena?»disse duramente.
Il suo sguardo cadde sulle nostre mani.
«No! Tu non mi fai pena! Ne mi è stato chiesto di compiacermi! Mi sono sentita di avvicinarmi in te! Mi sono stancata di obbedire! Lo faccio perché mi sento di starti vicino!»
Increduli entrambi di quello che ho detto. Jaime si avvicinò, finché ci trovammo con i volti dal poco sfiorarsi.
«Tu credi di fidarti di me?»
Abbassai lo sguardo. Lo sentì sempre più vicino.
Il suo respiro caldo sul viso. Le mie guance diventare bollenti.
«Si..»sospirai e un istante dopo lui fece lo stesso.
Separò leggermente le mani nostre mani per poi sfiorami con le dita, una delle mie guance.
«Fai male a fidarti di me Sansa...»

Le scarpe dal tacco alto, risuonarono sulle pietre che componevano il suicidio pavimento stradale.

«Perché?»
Lo sguardai negli occhi. Lui sembrò fremerò.

Il rumore delle dorate armature delle guardie, tralasciano un tintinnio fastidioso.

«Io sono un mostro.»
Mi sentì morire dentro. Gli occhi diventarono lucidi.

Il fresco vento mi sfiora il viso giovane, coperto dal trucco, rendendolo canuto agli sguardi ciarloni degli altri.

«Perché devi condannarti, solo perché gli altri lo fanno?»domandai io.

Le grandi porte dell'edificio si spalancano e lì dentro, come in una gabbia dorata, una panoramica di tanti assioli appollaiati dai vestiari preziosi, mi osservano sottecchi e con falsi sorrisi,come se provassero ad infilzarmi e scorgere con essi, nella morbidezza delle mie candide carni, nel rosso e intenso sangue, tutte le mie paure, i miei segreti, i desideri, pur di divertirsi, pur di distruggermi.

«Non lo so.»rispose lui.

Sospiro lentamente, alzo gli occhi e da lontano lo vedo. Eccolo lì che mi aspetta, mio marito, il mio destino.

Il resto è storia...

"I'm Not A Lannister ~ The Non-Choice."Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora