Perché lo sto facendo?
È perché lo chiedo a voi, ancora ignari di ciò che avverrà nei prossimi anni agli eroi che avete imparato ad amare, che magari ora sono seduti sul loro divano a guardare la TV, o tutti insieme a bere un caffè in un bar, ridendo di una battuta o raccontandosi dei rischi passati, tutti felici della loro vita serena.
Vorrei tanto sapere perché sono stato io il malcapitato a cui è arrivato questo cosiddetto dono: vedere il futuro è una cosa orribile. Guardi un amico e poi ti arriva una visione in cui lo vedi investito da un camion. Il problema è che non si può fare nulla per cercare di salvarlo, perché il Fato ha deciso così e così deve andare. Puoi solo rimanere a guardare.
Io di recente ho avuto questa visione che riguarda loro, i nostri eroi, e avrei preferito non averla mai vista. Preferirei non sapere niente di niente del futuro, ma lo so. E ora se non svuoto un po' la mia testa se avrò un'altra visione sento che impazzirei.
Se lo sto facendo anche per cercare di avvertirli del loro destino? Forse, ma questo non cambierebbe niente. Anzi, forse il Fato ha deciso di farmelo fare.
Quindi cominciamo e che i nostri eroi conservino la loro fortuna, perché ne avranno decisamente bisogno.14 ottobre 2020
La nostra storia comincia a San Francisco, con un povero 14enne che ancora non sapeva cosa avrebbe dovuto affrontare. Si chiamava Steve, per la sua età era già alto, circa un metro e ottanta, con gli occhi neri come la pece e le sclere bianche che in ogni momento cercavano di contrastare l'oscurità delle pupille. Aveva i capelli neri e mossi, corti abbastanza da non finirgli sugli occhi. Era magro, non molto forte, ma intimoriva i suoi compagni di classe a causa degli occhi e della tensione che faceva crescere intorno a lui. E così non aveva amici. Lui era diverso da quello che pensavano i ragazzi della scuola. Voleva solo un amico, ma non aveva nessuno, nessuno che lo potesse consolare o con cui confidarsi. Era solo.
Viveva con una ricca famiglia affidataria che avrebbe tanto voluto abbandonare. Senza contare lui erano in 5: le sorellastre, una di 8 anni, una di 16. La più piccola era una nana rispetto a lui, ma non esitava, se voleva, a prendere Steve a botte. Era molto più forte e aggressiva di quel che sembrava. La sorella maggiore era più calma e molto impegnata nello studio. Lei sfruttava il fratellastro più intelligente di lei per i compiti o, quando i suoi genitori la mettevano in punizione, per svolgere i compiti di casa al posto suo, per poi prendersi il merito. I genitori praticamente viziavano le ragazze e trattavano Steve come una specie di schiavo. Dopotutto era per questo che lo avevano adottato. Avevano bisogno di qualcuno che aiutasse dopo che avevano licenziato gran parte del personale, e lui neanche dovevano pagarlo. L'unico che sembrava volergli un po' bene era il cane, un golden retriever di due mesi, almeno se tralasciamo la volta in cui gli ha pisciato sulla scarpa.
Non sapeva chi fossero i suoi veri genitori. Lo hanno fatto nascere e poi sono spariti nel nulla. Si chiedeva se fossero ancora là fuori e se magari lo stessero cercando.
Insomma per fare un veloce riassunto: la sua era una vita grama.
Quella mattina la sorellastra più piccola lo svegliò già arrabbiata - Sveglia, palo! - gli disse. Lo chiamava così vista la statura e la magrezza. Lui ormai si era abituato a quel nomignolo.
- Dammi solo un attimo, poi vengo e ti preparo la colazione. -
- Un attimo è già troppo! - rispose lei seccata, mentre usciva dalla sua stanza per non perdere altro tempo con lui.
Si alzò malvolentieri per cominciare la sua terribile giornata.
Preparò il caffè ai genitori e alla sorellastra più grande, poi diede il tè alla piccolina. Infine, afferrando qualcosa da mangiare e da bere, corse a prendere l'autobus che lo avrebbe portato a scuola.
La scuola era una delle poche concessioni della famiglia al ragazzo. Lui desiderava molto che un giorno, grazie a quello che avrebbe imparato lì si sarebbe distaccato dalla famiglia per una sua vita. Purtroppo era una speranza vana: a scuola si distraeva troppo facilmente e i suoi voti non erano un granché.
A scuola c'era solo una persona che sembrava interessata a lui, che lo osservava come se stesse cercando qualcosa su di lui. Jeffrey, un ragazzo bocciato già 3 volte. Di corporatura era molto simile a lui, indossava sempre un paio di jeans con gli strappi sulle ginocchia e uno leggermente sotto a quello del ginocchio destro, fatto quando era caduto. Aveva poi una t-shirt rossa e spesso indossava una felpa nera. Si teneva sempre il cappello. In classe lo avevano rimproverato molte volte per questa cosa ma ormai ci avevano fatto l'abitudine.
Steve arrivò puntuale, ma 4 ragazzi arrivarono in ritardo di un'ora e l'insegnante non gli disse niente per rimproverarli, mentre se Steve arrivava in ritardo di 5 minuti, i suoi professori gli facevano il mazzo. Quei ragazzi erano i bulli della scuola ma con lui non hanno mai fatto a botte, a volte lo prendevano un po' in giro ma niente che lo potesse ferire. Erano i cosiddetti cani che abbaino ma non mordono.
Oggi avevano educazione fisica alle ultime due ore. Le due ore che avrebbero dato una svolta alla vita di Steve.
Alla fine della prima ora, il professore concesse 5 minuti di pausa e se ne andò un attimo in bagno. Steve, assetato, andò nello spogliatoio dove aveva lasciato la bottiglia d'acqua. I 4 arrivati in ritardo lo seguirono.
- Allora, Steve, come sta la famiglia? -
Mi chiese il più brutto. Aveva un taglio che gli scendeva dalla guancia fino al collo.
- Mi pare di avertelo già detto svariate volte - rispose mentre riponeva la bottiglia nello zaino - stanno tutti bene, le mie sorellastre continuano a dare fastidio come voi, i genitori come al solito non stanno molto a casa, ma quando li vedo direi che si sentono bene. - non lo stava neanche guardando.
- Mi fa piacere che loro stiano bene, ma io parlavo della tua vera famiglia.- rispose lui.
Non capiva perché gli avesse fatto quella domanda. Sapeva bene che non li aveva mai conosciuti. Steve cercava la risposta a quella domanda da molto tempo. Perché lo avevano abbandonato? Perché non tornavano a prenderlo o almeno a conoscerlo? Perché quei 4 diventavano ogni secondo che passava più alti?
- Lo sai meglio di me, non li ho mai conosciuti. - cominciò ad avviarsi verso l'uscita dello spogliatoio quando uno di loro si mise davanti a lui.
- Tu non esci. - disse quello. Ora superavano Steve di almeno una 20 di centimetri.
- Ma c'è lezione. Dobbiamo andare. Il prof si starà chiedendo dove siamo finiti. - cominciava ad avere un po' di paura: non voleva fare a botte, sapeva che non se la sarebbe cavata.
- La classe aspetterà il professore in eterno. - disse un altro dietro di lui.
Che diamine stavano dicendo, si chiese Steve. Il professore dovrebbe essere lì già da un po'. Diede una sbirciata alla palestra e vide i suoi compagni che si chiedevano dove fosse il professore. Guardò che ora era e vide che erano già passati 15 minuti da quando era cominciata la pausa. Sarebbe dovuto essere lì da ormai molto.
Steve notò che i 4 stavano diventando pallidi. La loro carnagione stava diventando bianca. Poi cominciarono a contorcersi. Steve, per la paura, si allontanò da loro. Spuntarono delle corna dalle loro teste e diventarono alti quasi 3 metri. Le giacche nere che indossavano si strapparono e spuntarono altre due braccia, senza mani ma con al loro posto 2 lame bianche ben affilate. I loro occhi erano completamente spariti ma Steve dedusse che lo vedevano lo stesso perché sentiva i loro sguardi su di lui.
Uno di loro stava per tuffarsi addosso a Steve ma qualcuno gli afferrò la testa e gliela sfondò su una panchina, uccidendolo. Era Jeffrey. E aveva appena distrutto la testa a qualcuno. Meglio non farlo incazzare.
Fece in modo che i tre così rimanenti se la prendessero con lui e nel frattempo si spostò dall'uscita dello spogliatoio. Steve volle approfittare dell'occasione offertagli e cominciò a correre via, poi però si fermò. Il suo salvatore sarebbe morto e allora sarebbe stato in debito con un morto.
Odiò la sua idea, ma tornò ugualmente nello spogliatoio. Entrando vide Jeffrey che tirava un calcio in faccia a uno dei tre e un pezzo di quella si staccò e finì vicino a lui. Ne rimanevano solo due ma lui era in difficoltà. Steve afferrò il suo zaino e lo tirò in testa a uno dei due. Quello si girò. Bene aveva la sua attenzione. Il mostro gli saltò addosso cercando di bloccarlo ma Steve lo schivò e l'unico danno che provocò fu un buco nei pantaloni.
Steve guardò come se la stava cavando Jeffrey contro il suo avversario: era stato ferito al braccio destro e aveva perso il capello e in mezzo ai suoi capelli notò delle corna. Non volle perdere tempo a capire perché avesse delle corna.
Il mostro approfittò della sua distrazione e gli saltò addosso. Steve era stato preso alla sprovvista. Cercava di tenere le lame del mostro lontane da lui, mentre quello usava le due mani per tenergli ferma la testa e avvicinava i suoi denti al collo della vittima, ma Jeffrey gli afferrò un corno e lo tirò lontano da Steve. Il mostro si dimenava, cercando di liberarsi dalla presa dell'avversario. Poi Jeffrey afferrò il braccio con la lama di uno dei mostri morti e lo conficcò nella testa del rimanente.
Non c'era nessun altro. Jeffrey aveva fatto una strage. Non mi aspettavo che potesse essere così forte. Ma mi aspettavo ancora meno che avesse delle corna.
- Che diamine sono quegli affari che hai sulla testa? - gli chiese, volendo sapere se ci vedeva bene.
- Corna. - rispose lui.
- Devo ammettere che è strano, ma in questa giornata per ora non è che abbia visto cose molto normali. Il prof... - non finì la frase che il suo compare rispose.
- Probabilmente è morto. E lo saremo anche noi se non mi segui. - cominciò a dirigersi verso l'uscita.
- Dove vorresti portarmi? -
- In un luogo sicuro. - e andò.
Forse non doveva fidarsi. Se non lo avesse seguito forse la sua vita sarebbe stata diversa. Ma era curioso. Sono successe tutte queste cose e voleva delle risposte; e sembrava che Jeffrey le avesse. Prima che potesse pentirsi della sua scelta, lo seguì, non sapendo cosa lo aspettava là fuori.Allora, che ve ne pare come inizio?
Magari non è magnifico ma, come ho già detto, non sono ancora molto bravo. Ditemi i vostri pareri, cosa avreste cambiato, se lo avreste fatto.
Per il resto l'unica cosa che mi rimane da dirvi è buona lettura.
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LA BATTAGLIA DEGLI DEI
AcakÈ una storia dell'universo di Percy Jackson, ambientato 7 anni dopo gli avvenimenti delle sfide di Apollo, nel 2020. Ovviamente potrebbero esserci degli errori rispetto al prossimo libro di Riordan, che non ho ancora preso, quindi seguirò la mia ver...