Hospitable World House

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"Grey svegliati o arriviamo tardi alla lezione." disse Mei, la mia, odiosa, compagna di stanza.

Non potei far altro che obbedire, se non volevo un'altra punizione disciplinare da parte del maestro.

Decisi ad alzarmi, nonostante vari ripensamenti a causa del pavimento ghiacciato.
Dopo aver toccato le piastrelle, fredde e malridotte, con la punta del piede, un brivido mi percorse tutta la schiena, ma non era di certo quello a spaventarmi. Dopotutto, era il massimo del lusso che potevo permettermi.

Neanche ricordo il primo giorno in cui misi piede in questo strano edificio.
Forse ero troppo piccola, o forse la mia mente tenta in tutti i modi di scansare brutti ricordi. Non che né avessi di belli.

"Muoviti, non hai neanche tempo di fare colazione, dobbiamo andare. Ora." insisté Mei.
Certe volte non la sopporto proprio, anzi, non credo di averla mai sopportata.
"Io sto andando!" urlò tenendo la maniglia della porta tra le mani, aspettando solo me.
Finii di annodarmi il fiocco, presi la custodia del mio flauto traverso e la raggiunsi.

"Siete fortunate, il prof ancora non è arrivato." disse Thomas, seduto al secondo banco, vedendoci arrivare, mentre giocherellava con un pennarello.

"Qualcuno ha fatto di nuovo tardi." rispose Mei, facendo scivolare la custodia del violoncello dalle spalle, per poggiarlo accanto al banco.
Era scontato che si riferisse a me, ormai non ci facevo più caso e mi misi seduta al mio solito banco in fondo alla classe, attaccato al muro.

Aspettammo con ansia il prof di solfeggio, per svariati minuti.
Nonostante fosse una cosa anomala, nessuno se né preoccupò, poiché approfittarono del momento per tirarsi aeroplanini di carta.
Che grande spreco di pentagrammi.

Nell'attesa non mi rimase altro che ripassare, per l'ennesima volta, la crepa del muro, con la penna. Muro già distrutto e totalmente scritto, fin da quando misi piede in questo lurido posto.

Mi chiedo con quale forza io stia ancora qui.
Odio suonare, odio le persone con cui posso avere un contatto e odio quest'edificio.
Ogni giorno immagino a come sarebbe la mia vita in città, all'aperto, ma è una cosa talmente surreale che ogni volta che ci penso, finisco sempre a punto di partenza: la realtà.
È proprio questa a impedirmi di scappare il più lontano possibile.
La realtà era che io dovevo vivere qui a vita.
Non avevo un soldo e non sapevo orientarmi.
Una soluzione ai miei problemi c'era, ma anche questa era troppo surreale. Non sarei mai riuscita a diventare famosa con un misero strumento.

Non so quale crimine io abbia commesso nella mia vita passata, ma so solo che questa vita non l'ho decisa io.

"Scusate ragazzi, mi è stata comunicata una cosa d'urgenza che mi ha fatto perdere alcuni minuti della lezione." disse il maestro entrando in aula, che venne accolto con i grandi sospiri entusiasti, dei ragazzi.

Finita la lezione, c'era la consegna dei compiti.
Consisteva semplicemente nel consegnare il quaderno degli spariti con gli esercizi svolti, ogni fine settimana.
Ma c'era un problema.
Non riuscivo a trovare il mio quaderno.
Ero sicura di averlo messo nella custodia insieme al flauto. Né ero certa.

"Mei, hai visto il mio quaderno?" chiesi sussurrando, sporgendomi leggermente verso il suo banco.

"Dovrebbe interessarmi?" rispose alzandosi e consegnando il suo, di quaderno.

Lo ammetto, in quel momento volevo davvero tirarle un pugno, ma non mi sembrava il caso, inoltre la mia reputazione già non era delle migliori.
Presi un respiro e mi misi a cercare ovunque; sotto il banco, di nuovo dentro la custodia e anche nell'armadietto della classe, ma nulla.

"Maestro, non trovo il mio quaderno." dissi avvicinandomi pian piano alla cattedra.

"Quante altre punizioni disciplinari vuoi avere questa settimana signorina White?
È già la terza volta, se vuole fare la collezione me lo dica." disse mettendo in ordirne i quaderni uno ad uno.

"Oggi pomeriggio glielo consegno!
La prego mi dia del tempo per cercarlo, ero sicura di averlo messo nella custodia." lo implorai.

"Le dò tempo fino alle cinque di questo pomeriggio.
Non di più." rispose alzando lo sguardo da alcuni fogli.

Lo ringraziai inchinandomi e uscii di fretta dall'aula.
Non mi resi conto di star andando troppo veloce e andai a sbattere contro uno studente più grande.

"Scusami."

"Attenta a dove guardi mocciosa."

Mi inchinai chiedendo perdono e scappai. Dal tono non sembrava qualcuno con cui risolvere le cose pacificamente e non avevo voglia di ritrovarmi anche un occhio nero.

Le prove procedettero come sempre; chi doveva ancora perfezionare alcune note e chi era già un perfetto musicista.
Nonostante odiassi suonare, me la cavavo abbastanza bene. Dopotutto era l'unica cosa in cui mi salvavo.

"Ma dove cavolo è finito?!" dissi tra me e me svuotando ogni baule, cassetto e armadietto della stanza, sapendo già di dover sistemare tutto, una volta messo in disordine.

"Tra poco vengono i miei amici, faresti la cortesia di mettere in ordine e sparire da qui?
Te né sarei grata, a cena ti cedo una tortina di riso di mia madre." chiese Mei entrando nella nostra camera.

"Mi dici prima dove hai messo il mio quaderno?"

"Che tono minaccioso -ridacchiò-
Prova a vedere nella cuccia di Spike."

Mi alzai con le ginocchia dal pavimento e corsi immediatamente nella cuccia del cane, piena di pezzetti di carta mangiucchiati, ma non era quello il problema maggiore.
Quelle dentro la cuccia erano solo due le pagine, senza neanche una nota scritta.
Sospirai.
Ero di nuovo vittima di uno scherzo di pessimo gusto della famiglia Ying.

Mentre Mei e i suoi amici si divertivano mettendo sottosopra la stanza, io decisi di farmi una passeggiata tra i corridoi, ormai il quaderno era perso ed ero pronta a pulire nuovamente i gabinetti.

Le grandi vetrate mostravano un cielo pieno di stelle e una luna talmente affascinante e brillante da togliere il fiato.
L'unica cosa che apprezzavo di quel posto era proprio questo.
Sembrava proprio di volare in mezzo alle stelle.
Sentivo un senso di leggerezza che speravo non finisse mai.
Era l'unico momento di pace che riuscivo ad ottenere.

Ma quel cielo non era l'unico ad attirare la mia attenzione; la figura di un ragazzo seduto al tavolino in fondo al corridoio, era presente tutte le sere.

Persa tra i pensieri non mi accorsi di avere avuto lo sguardo puntato su di lui per troppo tempo.
Lui, notandolo, mostrò un sorriso che occupava metà della sua faccia.

A farmi tornare con i piedi a terra fu Thomas che mi picchiettò un dito sulla spalla.

"Che ci fai su questo piano? La tua stanza è la 1307 se non te lo ricordi." disse ridacchiando per stuzzicarmi.

Stanza 1307 di 1500.
È mai possibile che un edificio possa contenere tutte queste stanze?
Dopotutto la sua funzione è solo quella di ospitare persone provenienti da tutto il mondo, che, chi per un problema, chi per un altro, si ritrova a dover condividere una stanza con un completo sconosciuto, o nel mio caso, una famiglia intera, che neanche mi capiva, essendo di due paesi totalmente differenti.
L'unica a parlare inglese era la figlia, Mei. Avendo viaggiato molto era inevitabile che lo imparasse.
Ma non mi lamento, non avevo intenzione di imparare il cinese solo per comunicare quando c'era bisogno.

"Stavo facendo una passeggiata"

"Sembri piuttosto tranquilla per essere una a cui è appena caduto il quaderno di musica nella fontana." continuò ridacchiando.

"Cosa?!"

Subito dopo voltai lo sguardo verso il portico dell'edificio, dove era situata un'enorme fontana proprio in mezzo e vidi lui.
Proprio il mio quaderno.

Corsi più che potei per cercare di recuperare almeno le ultime pagine del quaderno con all'interno una mia melodia.
Né andavo anche abbastanza fiera, ma l'acqua decise di non salvare neanche una nota.

























Flute || na jaeminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora