Rosa

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Quella musica assordante.
Nella stanza 1307, dopo uno scherzo di pessimo gusto, non potevo sopportarla.

"Si può sapere che ti prende?" chiese Mei voltandosi verso di me subito dopo che spensi lo stereo.

"Si può sapere che hai contro di me?" dissi mostrandole il quaderno totalmente fracico.

"Oh ma che peccato -si mise una mano davanti la bocca fingendosi stupita-
Chissà cosa farà quando lo vedrà il maestro." ridacchiò, facendo ridere anche tutte le persone presenti in quella stanza.

L'unica cosa che mi interessava di quel quaderno, era la mia melodia.
Non sapevo come controbattere.
Sotto lo sguardo di tutte quelle persone, io ero solo una misera formica da schiacciare e calpestare, fin quando non sarebbe letteralmente esplosa.

L'unico luogo per avere un po' di pace, in quel momento era il bagno.
Non credo di aver mai versato una lacrima fino a quel momento e non so neanche per quale preciso motivo stessi piangendo.

Fuori la porta del bagno, l'unica cosa che vidi, non appena aprii gli occhi gonfi e rossi, fu una rosa, porsa davanti a me.

Alzai lo sguardo e vidi di nuovo quell'enorme sorriso.
Cosa aveva da ridere?
Trovava forse divertente vivere in un posto simile?

"Mi stai seguendo?" chiesi inarcando un sopracciglio.

Lui non disse nulla.
Prese solo la mia mano e ci poggiò la rosa, poi se ne andò.
Ne esiste di gente strana.

Passai tutta la sera sotto le coperte cercando di distrarmi da un quella che non si può definire musica.

Durante la notte mi tornò in mente quel ragazzo.
Tolsi le coperte di dosso e puntai lo sguardo sulla rosa.
C'era un bigliettino attaccato.

Portala con te
all'esibizione.

"Sei uno stalker?" sussurrai.
Sapeva il numero della mia stanza e sapeva anche che dovevo suonare al concerto a fine mese.

Lasciai stare e tornai sotto le coperte per prepararmi ad affrontare il maestro domani.

Mentre tutti erano impegnati con le prove io dovevo staccare degli schifosi pezzi di plastica masticabile, da un pezzo di legno, anche definito banco. Magari fosse solo uno.

La data del concerto si avvicinava, la mia composizione si è letteralmente sciolta e non posso neanche partecipare alle prove.

Non appena finii, mancavano solo cinque minuti alle prove. Il tempo per sentire un altro strumento.

La mano di Mei stringeva delicatamente l'archetto che, successivamente, posò sulle corde del suo violoncello.

Già dalla prima nota riconobbi quella melodia.
Sentirla suonata da qualcun'altro, e vedere quella persona suonarla davanti ai miei occhi, su quel palco, dove dovevo esserci io. Faceva male.

"È stupenda signorina Ying, davvero complimenti, ha fatto un ottimo lavoro." si complimentò il maestro.

Dovevano essere i miei complimenti.
Doveva esserci il mio nome.
Perché la vita continuava a prendersi gioco di me?

"Grazie per il tuo quaderno tesoro." ridacchiò Mei entrando in stanza.

Non dissi nulla e uscii.
L'aria era fin troppo pesante per me.




[Da adesso in poi sarà tutto in terza persona]





Arrivò il fatidico giorno dell'esibizione.
Grey aveva lavorato il doppio nella realizzazione di una nuova composizione e si accertò che nessuno sapesse della sua esistenza.

Nei giorni precedenti quello strano ragazzo non si fece più vedere. Neanche la sera seduto al suo solito tavolino.

Per quell'occasione, Grey indossò i vestiti più eleganti che aveva, non che ne avesse molti, ma tenne da parte quelli, per qualche occasione speciale.

Fece un fiocchetto col nastrino nero della camicetta e uscì dal bagno.
Prese la custodia del suo strumento, poggiato sul letto ed era pronta ad esibirsi, o almeno credeva.
Le cadde lo sguardo su quella rosa e ripensò alla frase del bigliettino.

Non aveva nessuna ragione in particolare per tagliare quel gambo e tenere il bocciolo nel taschino della camicia, ma lo fece.

Arrivò finalmente il suo turno.
L'aria era tesa e il silenzio metteva in risalto il suono del tacco delle sue scarpe.

Tra il pubblico vide quel ragazzo.
Dopo giorni, finalmente era davanti ai suoi occhi.
Si sentiva improvvisamente più leggera e rilassata, ma le dita erano come staccate dalla sua mente, prese da un tremolio.

A quel punto poggiò le labbra sulla boccola del flauto, chiuse gli occhi e si fece trasportare soltanto dalla melodia, incantando ogni singola persona presente in quel teatro.

Ma appena aprì nuovamente gli occhi, quella figura che la aiutò a controllare le sue emozioni, era sparita.

Dove sei?

Subito dopo sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.
Si voltò di scatto, ma non c'era nessuno.

Chi sei?

Cambiò domanda.

I ringraziamenti durarono fin troppo per i suoi gusti e ogni volta che cercava di uscire da lì, una persona la fermava per complimentarsi.

Cercò più volte quel ragazzo con il solo sguardo, ma non c'era.

Quando finalmente riuscì ad uscire, lo vide davanti una vetrata, intento ad ammirare i monti.

Gli corse incontro.

"Posso sapere il tuo nome?" chiese senza pensare.

"Non il mio nome, ma la mia stanza: 1500." rispose per poi sparire nell'ombra.

La cosa che non capiva Grey, era perché avesse sempre quel sorriso sul viso.
Era contento di vederla?
O nascondeva qualcosa di più profondo?






























Flute || na jaeminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora