Capitolo 3: Il silenzio dell'usignolo

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Un'ora dopo il detective Ashton si trovava nuovamente nell'appartamento di Anthony J Courtney.

Questa volta l'uomo portava un completo scuro, maschile, i capelli erano pettinati all'indietro ma alcuni ciuffi sembravano vivere di vita propria, conferendo in qualche modo un aspetto selvatico al sensitivo.
-Allora, com'è avere sulla coscienza quel poveretto?- chiese quest'ultimo, ridacchiando.
-No, no! Aspetta! Non dirmelo!- scoppiò a ridere, tenendosi teatralmente la pancia con una mano.
Ashton deglutì e chinò lievemente e il capo.

Era una sensazione orribile, ovviamente. Ed Anthony doveva essere una persona senza cuore, per riderne in quel modo.
Ma lui non era lì per diventare suo amico.
-Se non riesce ad essermi d'aiuto, la mia presenza qui...- fece per dire, impettito.
Il signor Courtney agitò pigramente una mano.
-Va bene, va bene! Andiamo!- sbuffò, recuperando un cappello appeso sull'appendi panni, pronto ad uscire.
Il detective si ritrovò ancora una volta spaesato.
-Dove...?- chiese infatti, non riuscendo a seguire i ragionamenti della mente di Courtney.
L'uomo dai capelli rossi alzò gli occhi al cielo e sospirò ancora, seccato.
-Alla serra, ovviamente! Andiamo, non dirmi che volete ancora ignorarla!- gli rivolse uno sguardo di scherno.
Ashton arrossì e rimase senza parole.
Era vero, non si era mai preso la briga di controllare di persona la serra di villa Sanders, ma sicuramente la polizia... No?
Prese il proprio taccuino e lo sfogliò velocemente.
Nessuno l'aveva mai nominata. Rimise in tasca il prezioso libretto e si incamminò fuori.

Presero un taxi per raggiungere la villa.
Le decorazioni erano ancora appese ma l'atmosfera ora sembrava cupa, quasi spettrale, forse a causa anche della fitta nebbia che si era alzata non appena avevano raggiunto il viale.
Sarebbe stata una scena perfetta per un libro. Ashton ebbe l'impulso di mettere la mano in tasca per annotarlo ma un istante dopo il viso di William Rosebert gli apparve davanti, così giovane, così impaurito...
Era ingiusto trarre ispirazione da quella tragica storia.

Sospirò e prese la stradina che portava alla serra. Si trovava poco lontano dall'abitazione ed era facilmente raggiungibile dall'ingresso di servizio.
Courtney aprì la porta e fece qualche passo all'interno. Una volta quel posto doveva aver ospitato una grande quantità di piante da tutto il mondo. Adesso era rimasto ben poco ancora in vita, come se fosse stato tutto abbandonato mesi e mesi prima della prematura scomparsa del padrone di casa.

Ashton seguì il sensitivo all'interno e storse subito il naso per l'odore che arrivò alla sue narici, facendogli pungere gli occhi.
Sapeva di marcio... E di putrefatto.
Il detective ringraziò di non aver mangiato molto.
Lì, dove tempo prima doveva esserci stata una bellissima pianta rampicante, c'era un uccellino appeso per le ali, chiaramente morto.

Ashton si avvicinò, già scuro in viso.
Non prometteva nulla di buono.
Era un usignolo, poté notare. Era stato appeso a testa in giù e qualcuno lo aveva anche sgozzato.
Doveva aver usato un bisturi o uno strumento molto piccolo per infierire su quel povero animaletto.
Eppure quell'odore non poteva provenire da una bestiolina così piccola...
-Ah! Il caro vecchio latino! Chi li ha tradotti?? Anche una capra sarebbe più capace!-
Ashton si voltò verso di Anthony, perplesso.
L'uomo se ne stava con le mani sui fianchi a commentare i fogli trovati per terra.
Alcuni sembravano molto antichi e, il detective concordò, erano scritti in latino, altri, decisamente più nuovi, riportavano una traduzione davvero discutibile di quelle strane formule.
Il detective si chinò a dare un'occhiata più attenta.
La calligrafia era pulita e piena di ghirigori, forse quella di una giovane donna...
Spostò delicatamente uno dei fogli per poter finire di leggere una traduzione ma, sotto a quel pezzo di carta scoprì una piuma nera.
Era legata ad una perlina rossa tramite un laccetto in velluto. Ashton fissò quel reperto come se avesse visto un fantasma.
-Ehi, ma quello..- fece per dire Courtney ma le parole gli morirono in bocca.
-Oh, andiamo, detective! Non affrettare le cose! Ti ci ho portato io, qui!- fece notare, giustamente.
Ma il detective Fell aveva già tirato fuori un paio di manette dalla tasca.
Le aveva portate per sicurezza, sperava che non gli sarebbero servite, si sentiva sicuro dell'innocenza di Anthony eppure, di nuovo, il suo istinto aveva fatto cilecca.
L'uomo non oppose resistenza, sembrava piuttosto deluso, ferito, come se si aspettasse davvero di più da Ashton, il quale,  ancor più confuso di quanto non fosse già, si limitò a mettersi in contatto con la polizia per fare arrivare il commissario Marple e una volante per Anthony.
-Che mi venga un colpo, Fell! L'hai fatto cadere nella sua stessa trappola!- Ridacchiò il commissario, soddisfatto.
Ashton non rispose, non vedeva nulla di cui poter gioire.

Era altamente improbabile che Courtney fosse l'assassino, non lo avrebbe mai portato alla serra altrimenti, ma quella decorazione faceva per forza parte dell'abbigliamento dell'uomo durante la serata, aveva già abbastanza testimonianze a riguardo e lo aveva visto lui stesso con un look simile.
E poi c'erano i fogli in latino... Lo stesso Anthony si era lamentato della traduzione, poteva essere un tentativo di depistarlo...? Nulla aveva senso.
La voce del commissario Marple lo riportò alla realtà.
-Vieni con me? Così interroghiamo questa checca e chiudiamo il caso!-
Ashton serrò le labbra, disturbato da quell'insulto. Era ingiusto trattare così un semplice sospettato... E, a dirla tutta, era ingiusto trattare così chiunque. Ma tutto questo il detective lo tenne per sè. Si limitò ad annuire, seguendolo in macchina.

Anthony non era intenzionato a parlare. Aveva incrociato le braccia al petto e fissava Ashton con astio.
-Non servirà a nulla rimanere in silenzio...- mormorò ad un certo punto il biondo e paffuto detective.
In risposta Anthony voltò il capo da un lato. -Non servirà a nulla parlare visto che non vuoi ascoltarmi. Sono innocente come un angioletto.- Sorrise in un modo affatto angelico.
Ashton ebbe un fremito. Non sarebbero andati da nessuna parte, così.
-Mi hai portato alla serra, non hai ucciso Sanders... Allora dimmi che altro dovrei fare per provare la tua innocenza!- sbottò, stupendosi subito dopo di se stesso. Non perdeva quasi mai la calma così.
-Non sei il mio avvocato, non devi provare niente! E poi non funziona così, non sono un giocattolo! Esistono le sfere di vetro, se vuoi divertirti!- rispose a tono Courtney e poi sospirò, come sofferente.
- Insomma, esiste un professionista qui dentro?? Dove sono i poliziotti buoni e cattivi??-
Ashton abbassò lo sguardo, ferito. Dalle parole di Anthony, da se stesso.
Sentiva che l'uomo dai capelli rossi aveva ragione ad avercela con lui, sapeva di stare ancora una volta nella direzione sbagliata e, cosa che non riusciva a spiegarsi, non era in grado di  trovare pace sapendo quel... Poco più che sconosciuto, dietro le sbarre a causa sua.
-Va bene. Abbiamo finito.- Assicurò, alzandosi in piedi e avviandosi alla porta.
Sentiva la schiena bruciare sotto lo sguardo del sensitivo.
-Sapevo che eri uno che dura poco!- fece una smorfia il rosso e alzò le spalle come se fosse superiore a tutto ciò.
Ashton non si degnò nemmeno di voltarsi. Si sentiva in profondo imbarazzo e una strana nausea aveva preso ad attanagliargli lo stomaco.

Arrivato a casa non pensò a prepararsi un buon pasto, non pensò nemmeno ad una tazza di tè. Si mise chino sulla scrivania e riguardò tutti i documenti sul caso.
Tutte le relazioni sulle prove trovate, le ipotesi, le testimonianze...
Fu come un'autentica illuminazione. Rilesse più volte alcune pagine e, finalmente, se ne rese conto.
Tutte le testimonianze fornite dalla servitù erano pressoché identiche.
Troppo identiche per essere davvero autentiche...
Forse, per la prima volta in tutto il caso, aveva davvero un indizio.

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