2.07.2018 - "Non sono l'altra, ma Sanem!"

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Ho chiesto ad Akif di gettare le stampe del progetto realizzato ieri. Ne ho preparato uno nuovo che ho tenuto segreto a tutti i dipendenti, anche a Deren.
Giunti presso la compagnia aerea, per presentare le prime bozze sulla campagna pubblicitaria, era presente anche quella maledetta arpia di Aylin. La presentazione del nuovo progetto è stata comunque un gran successo, non avevo dubbi.
Subito dopo sono tornato in agenzia con Deren e il resto del team. Lì ad attendermi nel mio ufficio c'era Güliz con tutte le cartelle che le avevo chiesto di portare. Güliz non sta mai zitta. Ha iniziato a parlottare, impedendomi di leggere in santa pace. Farfugliava a proprosito di Deren, dicendo «Deren, stravede per lei, signor Can! E... ma anche Sanem stravede...». Sanem, che cosa Sanem? Le chiedo cosa volesse dirmi a tal proposito e scopro che Sanem sta scrivendo un libro. Che libro? Ah Sanem, sei stravagante, un po' folle, sei una ladra che bacia gli sconosciuti e che profuma di buonissimi fiori selvatici e ora scopro che sei anche un'aspirante scrittrice. Cos'altro dovrò ancora scoprire su Sanem?
Giunge poi Emre, e grazie al cielo Güliz lascia il mio ufficio, ma anche mio fratello oggi si è impegnato tanto per infastidirmi. Mi chiede con una certa dose di rabbia il perché ho deciso improvvisamente di cambiare progetto. Esigeva spiegazioni. Non lo capisco proprio, ho avuto un'idea improvvisa. Da quando devo dar conto ad Emre delle decisioni prese dal reparto creativo? Inaspettatamente Emre si è arrabbiato molto. Pretende che fintanto che lavoriamo insieme io debba riferirgli tutte le mie decisioni, anche quelle prese all'ultimo secondo. Che assurdità! Mi ha infastidito e non poco. Quanto è strano mio fratello in quest'ultimo periodo, non lo ricordavo così. Cosa gli succede? Che diavolo gli passa per la testa? Allah Allah, prima o poi impazzirò!

Mi dirigo verso il corridoio quando improvvisamente mi ritrovo Sanem addosso. Andavamo nella stessa direzione, ma entrambi, distrettamente, guardavamo verso la direzione opposta. Sanem procedeva a passo svelto e per poco non sbatteva la sua testa contro me. A pensarci bene per poco le nostre labbra non si sono sfiorate. L'ho stretta tra le mie braccia per paura che cadesse. È stata una reazione spontanea. Ho fissato per qualche istante le sue labbra dolci e carnose, ne sono totalmente ammaliato. Sono come un miele che mi invita ad assaporarne il suo sapore. Ho annusato per pochi secondi quel magnifico profumo che non smetterei mai di annusare, ho guardato i suoi profondi occhi color nocciola e le ho chiesto cosa succedeva. Perché andava così di fretta? Ero preoccupato. Ho letto nei suoi occhi una certa dose di tristezza, doveva esserci qualcosa che non andava. Sanem, tenera com'è, si è scusata perché "cade sempre tra le mie braccia". Mi sembra una bambina quando pronuncia frasi come questa, una bambina che ha solo bisogno di tanta compresione. Attorno al suo collo aveva legato un grosso cartoncino giallo. Quando le chiedo, incuriosito, di cosa si trattava, lei lo strappa velocemente dal collo e lo nasconde dietro la schiena. Preferiva che non lo vedessi, ma io al contrario ero troppo curioso, volevo sapere quale altra stravagante mossa aveva in mente. Nessuno mi ferma, testardo come sono. Riesco a sottrarle il cartellone dalle mani e leggo a caratteri cubitali "NON SONO L'ALTRA, MA SANEM!".
Che idea geniale che ha avuto! Non ho potuto far altro che appoggiarla totalmente e per questo ho deciso di collocare il cartellone sullo scheletro che si trova nel corridorio. Lì potranno vederlo tutti e nessuno oserà più chiamarla "l'altra". Inutile dire che Sanem mi ha regalato uno splendido sorriso, è stata molto felice della mia mossa, probabilmente non si aspettava questo dal suo capo.

Per il pranzo sono tornato a casa insieme ad Emre. Abbiamo bevuto un bicchiere di birra in giardino, cercando di chiarirci su alcuni punti. Gli ho spiegato che non ho alcun interesse a fare il capo, sono rimasto in azienda solo per aiutare nostro padre. Emre mi ha sorpreso ancora una volta rivelandomi di non avere più alcun interesse nel dirigere la Fikri Harika, poiché adesso il suo grande sogno è quello di aprire un'agenzia tutta sua. Che ridere! Emre con un'azienda tutta sua. Inutile anche solo a pensarlo, con me a capo della Fikri Harika non c'è partita. Che storia mi tocca sentire. Credo proprio che Emre si stia sopravvalutando un po' troppo.
Ad ogni modo detesto litigare, specie con le persone che amo. Per spezzare il clima un po' gelido che si era creato tra noi, gli chiedo di fare una partita a calcio in giardino. Poi abbiamo deciso di fare anche un un tuffo in piscina. Ci siamo divertiti, è stato un po' come tornare bambini. Mi mancano da morire questi momenti di spensieratezza, specie adesso che ho sulle spalle un grosso peso. A volte temo proprio di non farcela, ma sono testardo e certamente farò il possibile per non deludere mio padre.

Giunta sera ho parlato al telefono con Polen. Mi ha confessato di essere stanca di questa relazione a distanza. Non fa che chiedermi di raggiungerla. Io le dico sempre che non posso e così è sempre lei che mi raggiunge ovunque io mi trovi. Ovviamente Polen non ha fatto altro che rinfacciarmi il fatto che sia sempre lei a venire da me, che è sempre lei a chiamare...Perché si ostina a non capire? Ne abbiamo parlato tante volte, eppure non si arrende. Le voglio un gran bene, è innegabile, ma cosa posso fare? Io non le ho promesso nulla, è lei che mi sta troppo addosso. So che mi ama, ma perché fa finta di non capire? Vederci tre volte all'anno non le basta più, vorrebbe altro, vorrebbe di più, ma vuole qualcosa che io non posso darle.
Dopo aver chiuso al telefono con Polen mi ha raggiunto in giardino Emre. Abbiamo parlato di questa mia spiacevole situazione con Polen, mi ha fatto riflettere molto, ma resto fermo sulle mie decisioni. A tal proposito ho chiesto ad Emre di presentarmi la sua nuova fidanzata, ma lui su questo argomento fa sempre il vago, dice che ancora è presto. Chissà quando conoscerò il suo amore misterioso.
Emre poi svia il discorso dicendomi di aver parlato poco prima con nostra madre, vorrebbe incontrarmi, sta venendo a posta dalla Svizzere per me. Emre sa bene che non voglio, non ho alcuna intenzione di vederla. Brutto a dirsi, ma non mi importa di lei. Ho tagliato i ponti con mia madre ormai da tempo e non ho alcuna intenzione di tornare ad essere suo figlio.
Sarebbe ora che lo capisse, una volta per tutte.

Il profumo di Sanem - Diario di Can Divit Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora