Capitolo 3

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“Torno subito.”

Disse Hatty uscendo dalla cucina e chiudendosi la porta alle spalle. Esaminò tutte le stanze del corridoio, e quando trovò il bagno, ci si chiuse dentro. Si sciacquò le mani, e si esaminò allo specchio. Si sciolse i capelli lunghi, che le ricaddero sulle spalle selvaggi. Si lavò il viso togliendo quel po’ di trucco che usava solitamente. Poi si sedette sul Water e pianse. Pianse tutto quello che non aveva pianto durante l’anno. Un pianto silenzioso che trasmetteva solo una cosa: Dolore.

Dopo un po’, sentì bussare alla porta.

“Hatty è pronto. Se non vuoi mangiare con noi ti capisco, ma lascia che ti dia un piatto di pasta.”

“Sto arrivando.”

“No veramente. Ti capiamo se vuoi stare sola. Magari mangiare insieme ti sembra troppo una cosa da amici, no?”

“Ma noi lo siamo quasi no? Siamo quasi amici. L’avete detto voi. Evitarvi non mi servirà a niente. Se me ne voglio andare vi devo parlare giusto?”

Si alzò dalla sua posizione, ed aprì la porta. C’era Ashton con un piatto in mano.

“Allora parliamo. E domani mattina me ne andrò.”

                             …

Ashton entrò nella cucina, con stampata sul viso un’emozione che Calum non riusciva a decifrare. Poi, quando vide la ragazza entrare a testa bassa dietro di lui, capì che probabilmente era per quello. O forse no.

Si sedettero entrambi e Calum andò a prendere altre posate per Hatty.

“Allora cosa volete sapere?”

Disse lei, con una punta di fretta e nervosismo nella voce.

“Perché rovinare la cena con una cosa del genere? Ne parliamo dopo!”

Rispose Ashton tranquillo. Hatty si alzò sbattendo entrambi i palmi sul tavolo, ai bordi del piatto.

“Non voglio aspettare! Prima vi dico tutto prima mi lasciate andare giusto? E allora lasciatemi parlare!”

Calum sospirò cercando di ritrovare tutta la calma che gli serviva per evitare di urlarle contro la ragazza, che aveva lo sguardo puntato sul suo migliore amico, probabilmente cercando di incenerirlo con lo sguardo.

“Avanti parla, magari te ne vai stasera!”

Esclamò prima che l’amico potesse mettersi a piangere chiedendo aiuto.

“Okay!- Disse Hatty cercando di essere il più dura possibile.- Tutto quello che so su mio padre è che si chiamava Dan Walker. Lavorava nella marina, è morto mentre era imbarcato, in mare, aveva 43 anni. Era nato il-“

“Aspetta fermati.- Hatty strinse le mani in due pugni, cercando di non farle stringere intorno al collo di Calum.- Lo hai capito che a noi non ci puoi ingannare?”

Adesso la ragazza piangeva per la frustrazione. Le lacrime uscivano dai suoi occhi, come il sangue da una ferita su un’arteria. Ormai non erano neanche più lacrime, somigliavano più a due fiumi che uscivano direttamente dalle sue iridi blu.

“Ma come ve lo devo dire che io non ho mai conosciuto mio padre? Tutto quello che so, l’ho letto sul suo documento di morte, a 12 anni. Fino a quel giorno non ho mai saputo nemmeno il suo nome! Ho la foto di questo sul cellulare. Se non mi credete, prendetelo pure! Controllate con i vostri occhi che quella firma è di un medico che ne ha valutato il suo decesso. Ma lasciatemi andare! Io non vi servirò a nulla!”

“Non dire cazzate Hatty! Tuo padre è ancora vivo e-“

Urlò Calum, cercando di moderare l’aggressività, con scarsi risultati. Rovesciò la metà di quello che c’era sulla tavola. Adesso anche lui si era alzato, e la guardava dritta negli occhi. La rabbia gli scorreva nello sguardo, creando inquietanti giochi di luci ed ombre. Hatty si allontanò terrorizzata, avvicinandosi alla parete dietro di lei.

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