who you love and how you mean it, and do you mean it?

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[Dr Frankenstein, Jack Savoretti]
L'amore si misura? Si misurano gli attimi passati ad innamorarsi, ad essere innamorati? L'amore è un sentimento che può essere più grande, più piccolo, più sentito o meno?
Si può dire di essere "meno innamorati"? Se lo chiedeva, se lo chiedeva sempre, come se queste domande gli potessero spiegare l'assenza di Louis durante tutte quelle settimane. Era innamorato di meno di lui, rispetto ai lunghi anni insieme?
Aveva paura, paura che fosse vero, che l'amore della sua vita non l'amasse più, dopo tutti quegli anni passati insieme. Perché doveva fare di più, doveva regalargli miliardi di mazzi di fiori, quando tornava tardi da lavoro, stanco, con la voglia di fare niente se non accoccolarsi al fidanzato sul divano guardando un film smielato degli anni 90. Magari mazzi di girasoli. Doveva tenergli la mano, mostrargli il più possibile l'amore che gli dava, doveva amarlo meglio. Si può amare meglio una persona? Non lo sapeva, sapeva solo che la loro casa senza il ragazzo dagli occhi azzurri non era la stessa cosa. Non ci era entrato più, in quella casa stile FRIENDS a Manhattan, nell'East Village. Laddove avevano vissuto per tre anni, creando ricordi, facendo l'amore nei luoghi più assurdi. Ma il piccolo appartamento di Niall a Brooklyn non gli bastava più, doveva tornare da lui, dal suo Louis, che però adesso stava con un altro, lo aveva abbandonato.
-Lo aveva promesso, Ni. Aveva promesso di rimanere, di non andarsene mai. Aveva promesso di amarmi fino alla fine, era una promessa vera la sua. Ni, fa male, non voglio più soffrire.-
Oramai i suoi discorsi puntavano tutti sul piccolo ragazzo inglese, e Niall lo aveva capito. Ma Niall aveva anche capito che non poteva continuare così, doveva riprendere a respirare, doveva scoppiare quella bolla in cui era entrato dopo la rottura, avvenuta due mesi prima.
-Ti porto a casa- disse ad un tratto il finto biondo, di cui biondo rimaneva poco o niente. Doveva riportarlo all'East Village, a quella che era veramente la sua casa.
Presero la metro, da Borough Hall, scendendo a Astor Place. Quella fermata, era l'ultimo posto in cui l'aveva visto, di sfuggita. Faceva male. Strinse i pugni alle chiavi dell'appartamento. Erano così familiari e accoglienti. Gli mancava. -Su, Harry, andiamo.-
Niall lo spinse dentro al palazzo, fino ad arrivare al quinto piano, quello del loro appartamento. Non sapeva se potesse considerarla "loro". Entrò. C'era puzza di chiuso, buon odore di Louis, odore del loro amore. Niall, dietro di lui, accese le luci. Il suo disordine regnava ancora sovrano, la felpa gialla dell'inglese era buttata sul divano come se l'avesse lasciata lì solamente la sera prima, i calzini spaiati sul tavolino, i piatti lavati ma non messi apposto nel lavello. Ad Harry si bagnarono gli occhi. Aveva quel costante peso sul petto che non faceva che rimandarlo a lui, al suo Lou. Non era più suo, era di un altro. Era di Eliott. Lo stesso Eliott che ora doveva stare con Lucas, in Francia. Una piccola luce si risvegliò nei suoi occhi. -Harry a cosa stai pensando?- Niall gli poggiò una mano sulla spalla, risvegliandolo per la terza volta in un giorno dai suoi pensieri. -Devo vedere una cosa.-

Corse in camera da letto, la stessa camera che condivideva con il liscio, la stessa che aveva ancora le lenzuola sfatte dall'ultima volta che avevano dormito insieme. Era lì, era ancora poggiata sul comodino, di fianco a una foto dei loro anni all'università, la sua amata radio vintage. La accese. Stava iniziando una canzone, che lui aveva già sentito, era già nella sua mente, da qualche parte. E poi la riconobbe, lasciando che una lacrima solcasse il suo viso.

Era il loro primo appuntamento, cinque anni addietro, erano in un piccolo locale a Brooklyn, scelto palesemente da Harry nella disperazione più totale. Erano già innamorati? Non lo sapevano, o meglio, non se ne erano ancora accorti. -Allora, Louis, cosa fai nella vita?- chiese Harry, anche se lo sapeva già. I due si erano conosciuti all'università, due mesi prima, ma erano dapprima solo amici, da poco avevano capito entrambi che forse c'era qualcosa di più. -Lo sai Harry che scrivo canzoni e studio psicologia. E comunque continui a sbagliare, è senza la s il mio nome, è francese.- Il riccio gli fece il verso. Era divertente quando lo faceva. Louis sorrise timidamente, e quando si accorse che Harry lo guardava con fare sognante, arrossì. -Cantami qualcosa, canta per me.- disse dopo un paio di minuti il ragazzo. Louis lo guardò stranito, non aveva mai cantato per nessuno. Fece girare lo sguardo per il locale, piccolo, ma accogliente. Harry non capì cosa stava cercando fino a che una dolce melodia non riempì il pub. "The Dr. Frankenstein, with all the things you've brought to life, tell me are you satisfied or are you happy now?". Louis aveva trovato un juke box, piccolo, contenente varie canzoni abbastanza recenti. Era riuscito a sceglierne una delle sue preferite di Jack Savoretti. Non si conoscevano ancora così tanto. E così il loro appuntamento era finito in risate spropositate, perché Louis sapeva cantare, e anche bene, ma Harry sembrava proprio negato, e in canzoni sapute a memoria da entrambi. Harry si era fissato a guardare più di una volta l'inglese, che se ne accorgeva e gli rispondeva con un sorriso dolce, andando a sua volta a fissarlo. Stavano bene, o credevano di stare bene, oppure era solo Harry, che fin dall'inizio si era illuso, a stare bene?

Dr Frankestein continuava ad andare alla radio, facendo riempire il riccio di lacrime. "It's not about the time that you have it's how you cry and how you laugh, who you love and how you mean it, and do you mean it?" lo amava, si. Forse lo amava troppo, per questo gli faceva così male. Perché faceva male, se ne era accorto quando la mattina dopo quel fatidico giovedì non si era svegliato con l'odore di Louis addosso e quello del tè dello Yorkshire che lui tanto odiava ma che Louis era ossessionato dal bere tutte le mattine, tranne il martedì, o era il giovedì?, non se lo ricordava. Niall lo raggiunse velocemente in camera, sentendolo singhiozzare dal soggiorno. Lo abbracciò, senza dire nulla. La casa era silenziosa. La canzone era finita. Il suo pianto no. La foto era ancora sul comodino, loro sorridevano. Ma Louis era veramente felice?

I wrote a song about you, and it was called Yellow - l.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora