Capitolo 5

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"Ride delle cicatrici colui che non è mai stato ferito"

- William Shakespeare 

Ci sono persone che non cercano di comprendere le esigenze altrui, molto probabilmente perché sono concentrati sulle loro esigenze e, se ci fate caso, sono sempre le stesse che poi tendono a giudicarti, solo ed esclusivamente per il gusto di farlo.  

Ad Anna non piaceva essere giudicata, ma a chi piacerebbe? Quando le persone giudicano raramente lo fanno in senso positivo. Riuscendo a trovare ogni singolo aspetto di te che ti faccia apparire un mostro.

Anna odiava mostrare i suoi pregi e i suoi difetti.
Non è una cosa così scontata, l'essere umano è abituato a mostrare la parte migliore di sé; i suoi talenti, quello che sa fare meglio degli altri. Lei  invece quando si trovava a Roma non mostrava nulla di sé. Conoscerla era una vera sfida. Sfida che in pochi, oserei dire quasi nessuno, poteva tentare di superare, anche perché nessuno ci aveva mai provato sul serio. Mollavano tutti al primo ostacolo.

Quando ci sentiamo giudicati, ancor di più se in negativo, ci sentiamo presi in causa, al centro dell'attenzione, e fa nascere in noi un vuoto nello stomaco. Un vuoto così profondo che nemmeno l'oceano sarebbe in grado di riempire, non si può nemmeno comprimere in sé stesso. Forse, col passare del tempo, si riesce a rinchiuderlo in un piccolo ricordo, ma non è fatto per scomparire.
E forse è lì per una giusta causa.

 Immaginate quanto possa essere orribile provare un senso profondo di vuoto per un tempo così lungo, infinitamente lungo. Tanto da non sapere quando esso finisca. 

Anna si sentiva così e quando osservava il cielo che sapeva muoversi e trasformarsi i con I suoi colori, immaginava di colmare quella sua fame di aria con le stelle.

Niccolò invece in quel suo vuoto nascondeva pianeti ed universi, ma nonostante gli sforzi nemmeno lui comprendeva come fare per cancellare quella sensazione.
Inizialmente pensava che con la fantasia si sarebbe risolto tutto che, bastasse un po' di immaginazione per credere che quel vuoto smettesse di esistere, ma non  funziona così la fantasia. Poi sono arrivate le prime vere canzoni e quello spazio si è riempito di parole e musica, amplificandosi di testo in testo.

< Hai mai visto un fulmine cadere dal cielo? > chiese Anna sedendosi accanto a Niccolò.
Tastò con le dita dei piedi l'acqua della piscina, per poi immergere i polpacci e lasciare le gambe ad abituarsi alla sensazione di freddo sulla pelle.

< Sì, perché me lo chiedi? > passò lo sguardo su di lei con curiosità. Si era messa ad osservare l'orizzonte.

< Tu sei un po' così >

< Ma che dici?! > si mise a ridere scuotendo la testa, non riusciva sempre a comprendere quello che lei gli diceva < Sarei come un fulmine. Be' a correre, modestamente parlando, sono veloce più del vento! >

< Sei un vero idiota, sto dicendo una cosa seria! > gli tirò degli schizzi d'acqua. Niccolò cercò di non farsi prendere dalle gocce. Alzò poi le mani in segno di resa ascoltando quello che lei voleva dirgli.

< Tu arrivi sempre all'improvviso nella mia vita, prima di arrivare a Roma non ero nemmeno sicura che ci saremmo incontrati, non era prevista questa vacanza. Poi quando arrivi illumini, anche se per poco, quella che sono. Nel bene e nel male > finalmente lo sguardo di Anna si posò su quello di Niccolò che era rimasto serio ad osservarla mentre parlava.
Aveva voglia di correre in camera e prende un paio di occhiali da sole. Era troppo scoperto, temeva che lei potesse comprendere ogni singola emozione.

Non sapeva cosa dire di fronte a quelle parole.
Quando qualcuno ci parla, siamo soliti formulare una risposta ancora prima di ascoltare l'intero discorso, ma in quel momento, era come se ogni parola esistente, si fosse cancellata, come se Dio avesse dovuto inventarne di nuove per quell'occasione.

Le farfalle sbocciano come i fiori | ULTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora