Capitolo 2

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Ivy

Si ha necessità di qualcosa quando si sente un vuoto dentro e il bisogno di colmarlo. Ovviamente, non tutti ci riescono. C’è chi lo tiene lì, a parte, in attesa che si consumi da solo. Ci sono altri che preferiscono liberarsene con modi differenti e affrontando la cosa in modo diverso, questo dipende molto da come si ragiona. Poi c’è chi non cerca di provarne e, se proprio non riesce a farne a meno, affronta l’argomento con superficialità e senza l’aiuto di nessuno.
Io, Ivy Bianchi, ero proprio così, cioè, evitavo di provare qualsiasi necessità al di fuori di quelle necessarie per la mia esistenza e, se ne provavo qualcuno al di fuori di quella categoria, cercavo di sbrigarmela da sola. Molti eventi nella mia vita mi hanno spinto a diventare così, l’ultimo fra tutti è stato il trasferimento.
Posso dire che, per quanto volessi, una necessità mia doveva esser colmata con l’aiuto di una persona del tutto estranea alla mia mente, ma che il mio cuore conosceva già a memoria? Purtroppo, esistevano necessità di questo genere e che andavano colmate col tenere in vita il ricordo di un evento, solamente uno, che potesse riempirla e svuotarla a suo piacimento. Questo credo di chiami interesse, ma non credo che si manifesti così nella mente di qualcuno, anzi, credo che tenda a cullarti e ad abbracciarti appena ne avrai bisogno. E non a piantarti in asso, annebbiando la mente.
Dico così perché, per quanto volessi scacciare la presenza di Tom, avevo bisogno di tenere vivido il suo ricordo e di provare, anche solo per un istante, quelle sensazioni. Avevo bisogno di sentire il suo tocco tiepido sul mio corpo, di rivedere nella mia mente il suo sguardo profondo e luminoso, di poter ritracciare nell’aria quei suoi lineamenti da fanciullo ma da adulto allo stesso tempo.
Tutto questo perché, a malincuore, Tom stava diventando una necessità.

-Lilianne sai dove si trova l’aula di filosofia?-, domandai alla ragazza bionda, mentre chiudevo l’anta del mio armadietto al piano terra.
Mi ero iscritta a questo corso immediatamente, visto che adoravo questa materia e che la leggevo di frequente. L’idea che l’avrei avuta quattro giorni a settimana mi faceva sorridere e star bene allo stesso tempo, quasi trovassi una via d’uscita dai vari problemi che mi affliggevano.

-Qualcuno ha la prima lezione con il professor Dickens.-, canzonò la mia amica verso Eleonor mentre, a me, rivolgeva uno dei suoi sguardi giocosi e divertiti. Io mi limitai a sorridere imbarazzata e a portarmi le mani alla testa, non l’avrà pensato sul serio, non lei. Non potevamo esserci io e il professore di filosofia al centro di qualche suo castello mentale, con una famiglia che canta canzoni allegre e con i genitori che si tengono per mano… bleah.

-Lilianne!-, esclamò Eleonor divertita ma con fare di rimprovero. –Povera Ivy!-, mi osservò con un sorriso malizioso sul volto, –Come può tradire il suo unico amore?-, finse di indicare un ragazzo, inesistente sia chiaro, al mio fianco. Inevitabilmente, comparse Tom.
Che cosa?

-Ragazze!-, le rimproverai ridendo, –Non c’è nessuno di fianco a me che possa farmi da fidanzato, anche perché nessuno mi vorrebbe.-, sottolineai quel gesto fatto per scherzare ma che avevo colto sotto una luce differente.

-Infatti, io intendevo Tom.-, ammiccò Eleonor con fare di sfida, io arrossii.
Era vero e aveva tutto il diritto di poter pensare certe cose. Tom non era rimasto indifferente alla mia presenza in questa settimana di ambientamento a scuola e, spesso, tutta la sua compagnia ne rimaneva coinvolta, facendo apprezzamenti. Io tendevo a scappare, come mio solito, scatenando delle risate da quel gruppo rumoroso quanto temuto.
A mensa è tra i momenti in cui ricevo più attenzioni, incrociando spesso il suo sguardo o qualche apprezzamento fatto con gli occhi vivaci. Insomma, i miei tentativi di scacciarlo finiscono sempre per andare in fumo e mi tocca rincominciare da capo ogni volta. Ma non era amore e, per quanto le altre ci sperassero, non mi considero innamorata, ma solamente affascinata. Affascinata da quella storia piena di lacune e incertezze, intricata da quei suoi gesti e sguardi e completamente rapita dalla sua voglia di sapere qualcosa di me.
Tutto per portarmi a letto o in bagno o dove si fanno quelle cose ovviamente.
Scossi la testa, facendo dissipare quella nuvoletta che sovrastava la mia testa in stile fumetto ironico. Era anche una fonte di distrazione, questo è certo.

-Ora vado.-, dissi alle ragazze sulla soglia dell’aula. –Grazie per avermi accompagnata fino a qui.-, sorrisi alle ragazze che ricambiarono poco dopo. Potevo amarle per questo?

-Figurati Ivy…-, Lilianne si interruppe non appena vide il professore di filosofia osservarmi, poi sorrise maliziosa. –Ora vai.-
Io annuii, guardandola di sbieco.

Entrai a capo basso e presi posto in seconda fila, aprendo un quadernino con delle decorazioni azzurre e con una fila d’anelli in acciaio. Presi una penna, un paio di colori e mi misi comoda, in attesa che l’aula si riempisse per dare inizio alla lezione. Fortunatamente gli alunni arrivarono poco dopo, riempiendo l’aula fino all’ultimo posto, mi fece piacere perché sarebbe stata molto più coinvolgente del previsto.
Mi voltai e, per mia grande sorpresa e stupore, incrociai lo sguardo di Zed e di Tom nella fila subito di fianco alla mia, arrossii leggermente e tornai a guardare la lavagna, su cui il professore scrisse “fede”.
Mille pensieri iniziarono ad affollare la mia mente, tantoché iniziai ad annotarli su uno dei fogli del quaderno, sotto gli occhi stupiti dei miei vicini di banco.

-Bene ragazzi, ora, per alzata di mano, mi direte tutto quello che vi viene in mente con la parola fede e, magari, spiegate cosa vi ha spinto a dire questo.-, disse il professore, gesticolando leggermente con la mano bianca per il gesso.
Una ragazza di fronte a me, con la pelle mulatta e i capelli ricci e neri esclamò un tema centrale con il termine scritto sull’ardesia verde petrolio. Strano da dire, ma tutti concordarono.

-Fiducia.-, dissi al professore dopo aver ottenuto il permesso per parlare. Attirai l’attenzione di mezzo corso e, a mia insaputa, anche quella del professore che mi chiese di spiegare questo termine. –Non c’è un modo preciso per spiegarlo, ma ci proverò lo stesso.-, dissi un po’ titubante, –Allora, la fede è credere in qualcosa o qualcuno, perché so di avere un rifugio e appoggio, quindi provo della fiducia in quella cosa per cui ho fede.-, respirai profondamente, arrossendo e mettendo le mani sotto al banco per evitare di gesticolare troppo, –Logicamente, non dico che la fede vada riposta solo ed esclusivamente in qualcosa di materiale o astratto. Ma posso avere  fede anche nella persona che amo o che stimo o che ammiro. Non importa chi sia o da dove venga, l’importante è avere un punto fisso, attorno al quale tutto possa ruotare senza smontarsi o sgretolarsi.-, conclusi, sotto qualche occhiata stupita e un sorriso smagliante del professore. Tom si mosse in modo spropositato e fece cadere la penna.

-Mi ha colpito molto signorina Bianchi. Complimenti, non sentivo un pensiero così da un po’.-, disse il professore con aria fiera e di conforto allo stesso tempo, –Spero che siate tutti d’accordo, perché io non trovo alcuna pecca nel discorso.-

Gli altri annuirono, alcuni bisbigliarono qualcosa ma una mano interruppe quel vociferare che si era creato, quasi con timore. Io mi voltai verso quella persona che avrei riconosciuto tra mille, ora che aveva da ribattere?

-Ma la fede può tranquillamente portare la persona su una strada sbagliata. Sull’orgoglio, sull’odio e sulla chiusura in se stessi. Il termine fede non è sempre positivo perché bisogna esaminare le varie sfumature di significato del medesimo termine. Per me, ad esempio, basta solo la fiducia in se stessi e abbracciare il proprio orgoglio.-, disse, voltandosi nella mia direzione con uno sguardo di fuoco, –Basta l’autostima perché, essa, è una forma di fede. Non esiste un punto di rifugio o appoggio dato che sarebbe un’illusione bella e buona. Lo so, non sarà molto bello da sentire ma… niente è degno di fiducia e fede.-, concluse, voltandosi verso la lavagna, dopo che mi gelò con i suoi occhi nocciola.

-Allora, perché credere in se stessi sarebbe corretto, se la nostra mente è un’illusione in tutto ciò che è? Il pensiero, i sogni e i ragionamenti sono le basi dell’immaginazione e, quindi, veniamo soggiogati da essi.-, respirai piano e silenziosamente. –Fede, essendo un termine filosoficamente abbracciabile, non ha un’idea o forma o definizione precisa… fede è un termine a cui si da una definizione personale, di conseguenza, non esiste il bene o il male. O la definizione corretta, per quanto voglia ragionarci su.-, conclusi, sotto gli occhi stupiti degli altri. Poco dopo l’ora finì e ringraziai il cielo di poter scappare da quell’aula che iniziava a diventare stretta.
Guardai il foglietto e notai che dovevo andare in segreteria con le altre per alcune pratiche riguardanti l’iscrizione, annuii a me stessa e andai fuori dalla classe dopo aver ringraziato il professore.

Trovai Lilianne e Eleonor nel luogo che avevamo stabilito questa mattina e bloccai la bionda prima che potesse domandarmi qualcosa. Ero ancora sconvolta da quello che mi aveva detto Tom e dei suoi sguardi che mi rivolgeva mentre parlavo, trasmettendomi ansia e desiderio, tutto con una nota di impazienza e rabbia. Gli stavo andando contro, va bene? Non gli sarà mai successo…

La segreteria si trovava nell’ala sud del liceo. L’entrata era costituita da una cornice bordeaux, in legno e che, in alcuni punti, cadeva a pezzi. La segretaria avrà avuto sessant’anni o qualcosina in più e stava lì, dietro il vetro azzurrino, a fissare noi tre con sguardo ostile e accusatorio. Mi feci coraggio, forse esagerando ma, purtroppo, non sapevo che altro fare visto che la seconda alternativa era scappare a gambe levate.
Finsi un sorriso e parlai con la segretaria a proposito dei moduli di iscrizione e della tessera che dovevano fornirmi per oggi pomeriggio, perché sarei stata qui oltre l’orario di chiusura dei cancelli, assieme alla squadra di football e basket.
La signora, dopo un paio di domande, mi diede la tessera e mi fece firmare alcuni moduli, poi la salutai cordialmente e andai verso l’ala nord per andare a mensa e mangiare. Intanto, parlai con Lilianne e Eleonor degli eventi che ci furono durante la lezione di filosofia avvenuta solamente venti minuti all’indietro.

-Mi ha detto: basta l’autostima perché, essa, è una forma di fede.-, dissi, gonfiando il petto e facendo la voce ancora bianca, come la sua. Poi scoppiammo a ridere, -Ehm… ragazze.-, bisbigliai alla vista dei ragazzi fermi al capo opposto del tavolo, mentre noi ridevamo e scherzavamo sul conto di un membro del loro gruppo.

-Ivy!-, urlò Zed con voce profonda. –Che ne dici se le altre tue amiche vanno in un tavolo… e tu resti con noi? Così ti diverti veramente?-, finì il ragazzo che si era spostato dietro Lilianne, mentre mi osservava la scollatura poco più profonda del solito. Io misi le mani a croce sul petto come per coprirmi… ma che cosa?
Poco dopo, mentre il suo sguardo giocava col mio, Lilianne mi convinse ad andarmene e passai lungo il lato opposto al ragazzo tatuato che mi infastidiva poco fa. Camminai piano, a passo felpato verso il corridoio che conduceva al lato opposto alla mensa quando, con fare fulmineo, Tom mi prese per l’avambraccio fermandomi. L’unica cosa che fece fu osservarmi di tre quarti con la testa leggermente su. I suoi occhi iniettati di gentilezza mischiata alla rabbia, mi misero più timore del dovuto e mi liberai dalla sua stretta, per camminare verso le mie amiche.
Io ed Eleonor ci avviammo al campo esterno dopo esserci concesse una passeggiata nel parco della scuola. Il campo era grande quanto quelli di uno stadio per le partite di NBA. Le linee erano ben ripassate, con i colori corretti, la cesta con i palloni era sotto il canestro subito davanti all’entrata e le pettorine erano ben piegate sulla panca, con i numeri dei vari giocatori e con i loro cognomi: si sarebbe allenata la prima squadra sia in quest’ora che in quella pomeridiana, durante la quale mi sarei allenata anch’io per una gara importante.

I leggins che indossavo erano di un nero cenere, aderenti al punto giusto e con una banda argentata ai lati, facendomi sembrare più slanciata. La felpa, invece, copriva un semplice top sportivo e i miei addominali poco evidenziati, decisi che me la sarei tolta prima della partita di pallavolo che giocavamo ogni volta, a meno che il professore non mi avesse concesso anche la sua ora per provare.
Lì, l’avrei tolta subito perché mi fidavo del mio compagno di ballo.

-Ora che ci siamo tutti, iniziate a fare dei giri di corsa… tutti tranne Bianchi e Smith, che dovete allenarvi per le regionali!-, strillò l’uomo in tuta davanti a noi, ringraziai mentalmente il professore e mi avviai con il mio compagno di ballo in un angolo del campo da pallavolo che non avrebbero utilizzato.
Solo allora mi accorsi di Zed e Tom intenti a mettersi una delle pettorine color azzurro che erano appoggiare poco prima.
-Ivy, andiamo!-, bisbigliò Marcus, –Non ci diranno niente, ora facciamo dei giramenti ok?-

-Ok…-
In realtà, volevo che mi dicesse qualcosa, con uno di quei suoi sguardi ricchi di emozioni e con uno dei suoi sorrisi maliziosi perché… ne avevo bisogno.

-Cavolo Ivy!-, urlò uno dei ragazzi dietro di me, –Sei una distrazione in tutti i sensi!- concluse, mentre io realizzai che si trattasse di Zed. Tom, nel frattempo, rideva.
Io scossi la testa e, con grande difficoltà, tornai a fare i giramenti e corsi ad accendere lo stereo.

Con Marcus le prove procedettero tranquillamente. Provammo tutta la coreografia e ci concedemmo dieci minuti di pausa al posto dei soliti due. Intanto, gli altri mi osservavano.
Una reazione che notai in Tom era la gelosia ogni volta che Marcus mi sfiorava dalla testa in giù. Ma era proprio il genere di danza che chiedeva dei contatti così stretti col partner. Mi faceva sorridere questa cosa, suscitandomi curiosità al tempo stesso e distrazione che mi portava a sbagliare dei passi. Come mi sentivo? Persa, questo è sicuro, ma anche protetta. Lo so, sarà strano da immaginare, ma sono proprio quelle piccole attenzioni che mi fanno sentire importante e protetta. Dandomi quella voglia di scoprire me stessa e di scovare delle sfumature di colori caldi all’interno della mia persona.
Mi stava facendo del male e, per quanto volessi negarlo, non potevo fare altro che adeguarmi e lasciar passare la tempesta.

Terminate le prove andai a cambiarmi insieme a Marcus, mettendo un body nero e degli scaldamuscoli grigi, mentre il mio compagno mi allacciava le punte da ballo.
Avremmo diviso la palestra con la prima squadra del liceo, non sapevo chi ci fosse e non mi spaventava la cosa, strano a dirsi ma vero.

-Grazie Marcus… un giorno di questi imparerò a legarle come si deve.-, sorrisi, più a me stessa che a lui, era incredibile che non riuscissi a non fare nulla di buono, nemmeno nella cosa che amavo fare di più al mondo –Devo sistemarmi i capelli, inizia ad andare e ti raggiungerò fra poco.-, bisbigliai al ragazzo, osservandolo dallo specchio, mentre i miei capelli ricaddero sulla mia schiena.

-Va bene, prenditi tutto il tempo che ti serve tanto non abbiamo fretta.-, sorrise di conforto e corse in palestra.
Non so perché disse ciò, di solito era il primo a mettermi fretta per provare il più tempo possibile. Non è da lui questa frase, visto che alle gare non mi concedeva più di dieci minuti, che avesse visto qualcosa?
Scossi la testa e mi osservai allo specchio. Studiai i miei occhi che non si concentravano su un punto fisso del riflesso e, appena si incrociarono, li abbassai con fare deluso e distrutto.
Ero stanca e distrutta, forse Marcus l’aveva capito e voleva lasciarmi del tempo? Spero fosse per questo e non per altro.

Dopo un paio di drift e un inizio spettacolare, toccò a me. La seconda strofa di Zayn era di sicuro la mia preferita, sapevo imitare perfettamente la tristezza, era un’emozione complessa, ma poteva diventare semplice se si prova mentre si balla. Io giocavo con il significato delle parole, riuscendo ad incastrare tutte le mosse sulle parole desiderate, non dico di essere brava quanto lui, ma avevo talento e volevo usarlo al meglio.
Finsi di toccarlo e caddi indietro, impazzendo sul ritornello, scatenando tutta la forza che avevo in corpo, sapevo che alcuni professori stavano assistendo a questa sfida, ma non mi importava molto, qui c’è di mezzo la mia reputazione.
Le ultime strofe le ballammo contemporaneamente, ognuno facendo un gesto a blocchi che completava quello dell’altra, credevo in me stessa, per la prima volta.
Finimmo il balletto e, con grande dispiacere, salutai Marcus sulla soglia della palestra per poi avviarmi agli spogliatoi.

-Lilianne, che cosa stai blaterando?-, esclamai con il finto broncio, –Io… a quella festa… non ci vado neanche morta.-, scossi la testa bagnata, mentre prendevo dell’intimo dalla cabina armadio. Intanto la bionda si era seduta sul mio letto e guardava la mia mole di libri che riempiva la libreria senza lasciarci nemmeno uno spazio.

-Dai Ivy!-, trillò la ragazza che si era stravaccata sul mio materasso. –Ci sarà anche Tom!-
Infatti, è per questo che non ci voglio venire. Già andare ad una festa non rientra tra le mie gioie e perdono punti se frequentate da Tom, poi sarà anche a casa de Luca. A casa sua, anzi, a casa loro. Ci saranno sia Zed che Tom, assieme all’alcool, droghe e maniaci vari.
Tutto ciò, mi fece prendere una posizione che non avrei lasciato nemmeno se Tom in persona mi avesse supplicato di venire. Quindi, per quanto Lilianne ci speri, la mia risposta è no e rimarrà tale fino alla fine dei miei giorni.

-Appunto! E perché c’è Tom e c’è anche Zed… e per completare il quadro, si terrà a casa loro la festa!-, gesticolai, mentre andavo nel bagno in camera per vestirmi da casa.

-Fallo per me ed Eleonor. Non ti lasceremo sola un secondo…-, la bionda si alzò e si mise davanti alla porta, -…poi credi che li vedrai? Troveranno qualcuna da scopare e spariranno tutta la sera.-, fece spallucce, dopo che mi vide aprire la porta. A sentire quelle parole provai conforto e una stretta allo stomaco allo stesso tempo.

-E va bene…-, sospirai, -…ma solo per voi e… adesso che ci penso… non ho nulla da indossare.-, scossi la testa e osservai la ragazza di fronte a me, che mi osservava coi suoi occhi azzurro ghiaccio, alla ricerca di qualche dettaglio che le potesse dare un’illuminazione.
Alla fine, si precipitò nella cabina armadio e tirò fuori un paio di pantaloni a palazzo neri e una camicia bianca elegante. Osservai il completo e mi convinsi a provarlo e, alla fine, giunsi alla conclusione che avrei fatto felice tutta la popolazione mondiale e anche parte del mio cuore.
Quando uscii, mi osservai allo specchio e mi passarono per la mente mille critiche che avrei voluto dirmi appena Lilianne si sarebbe allontanata dalla mia camera.

-Non mi piacciono come calzano i pantaloni.-, bofonchiai a Lilianne. –Ci dovrebbe essere un abito aderente nero nella prima anta della cabina… credo che metterò quello.-
Lo indossai e la ragazza, dopo averla riportata alla realtà, prese parola.

-Ivy, così non credo che Tom ti starà molto lontano.-, disse, indicandomi, –Ti sta da Dio e l’unica cosa che potresti ottenere è un casino dietro l’altro.-, sorrise a trentadue denti.
Lei, alla fine, mise il completo che avevo bocciato prima.

La festa era stata organizzata nella casa dei fratelli de Luca, entrammo dopo essermi messa uno strato di lucidalabbra e aver salutato cordialmente un ragazzo che avevo conosciuto al corso di fisica. Entrammo e ad accoglierci ci fu l’ultima persona che avrei voluto vedere al momento. Non diedi molto peso alla presenza di Tom, ma lui non sembrò fare lo stesso. Mi avvicinai e abbracciai Eleonor e Ryan, ignorando la fonte di tutti i miei problemi.

-Bene ragazzi, sceglietevi una dama e buttiamoci in pista!-, urlò Lilianne già ubriaca, io la guardai scioccata prima che Ryan mi trascinasse in pista.
Iniziammo a ballare, prima di tutto, io non ero mai stata in un party del genere e, in secondo luogo, il mio partner non sapeva ballare. Scoppiai a ridere, gli spiegai qualche passo e iniziammo a scioglierci pian piano.
Ballammo per circa mezz’ora, poi, stanchi e ansimanti, ci avviammo ai tavolini presi dai nostri amici. Trovai un esemplare di Lilianne meno ubriaca di prima, Richard che parlava con una ragazza dai capelli color ginger e Tom che scriveva al cellulare.
Che cosa ci faceva lui qui? Prima era a baciarsi con una bionda ossigenata e ora lo trovo vicino ai nostri tavolini improvvisati, così, come se nulla fosse successo.
Decisi di non farci caso alla sua presenza e continuai a divertirmi come se lui non fosse lì, a sentire le nostre conversazioni.
Sbuffai e mi sedetti sulle gambe del mio miglior amico, mentre il fratello di Ryan proponeva di giocare a gioco della bottiglia.
Accettammo tutti con piacere.

-Bene, le regole ora le sapete. Si comincia!-, esclamò un ragazzo pieno di piercing. I primi furono un paio di ragazzi della compagnia di Tom, si diedero un bacio a stampo e uno dei due roteò la bottiglia. Uscirono Ryan e Eleonor e dovettero baciarsi per due minuti, quando finirono, tra facce schifate e occhiate di disprezzo, girarono la bottiglia. Uscimmo io e Zed e la penitenza la scelsero il fratello di Ryan e Tom.
No i dieci minuti in paradiso, tutto tranne quello, vi prego.”, pensai, credo che si fosse tatuato in fronte, ma lo sguardo di Zed e di Tom diceva tutt’altro.
Infatti, tre minuti dopo, ci trovammo chiusi nello sgabuzzino della casa, al buio eccetto per una misera lucina al centro del soffitto. In meno di cinque secondi mi ritrovai con il corpo tra il muro e il busto del “compagno di giochi”. Cercai di spintonarlo via, ma non voleva saperne di muoversi. Mi arresi dopo pochi tentativi nell’arco di qualche secondo, lui ridacchiò mentre mi guardava negli occhi.
Sentii nuovamente i suoi respiri sulle mie guance, le sue mani finirono intorno alla mia vita e mi avvicinò a lui. I suoi occhi profondi studiavano i lineamenti del mio volto teso e morbido allo stesso tempo, i suoi capelli ricci scomposti accarezzavano la mia fronte e il suo respiro divenne più affannoso.

-Quello che accadrà dopo, sarà solo ed esclusivamente legato al gioco.-, sussurrò.

-Zed, fermati.-, dissi, spingendolo via, –Non mi sfiorare ancora.-, conclusi sicura di me stessa. La situazione stava degenerando per i miei gusti, ma il ragazzo di fronte a me non sembrava intenzionato a fermarsi.

-Dai Ivy, sarà breve.-, sussurrò. Il suo alito odorava di alcool e già questo mi faceva venire la nausea, mentre il suo tocco, così rude e aggressivo, non faceva altro che peggiorare la situazione.
Sentendo bussare, pregai che qualcuno sentisse il mio flebile richiamo d’aiuto, ma nessuno rispose. 

-Per che cazzo non escono!-, urlò uno dietro la porta, che catalogai come Tom. Mentre Zed non faceva altro che chiedere l’accesso per i preliminari, ma io ero decisa a non concederglielo. Ma ero esausta, a sufficienza che non riuscivo nemmeno ad urlare aiuto.
Successe tutto in pochi secondi, Tom entrò con forza e mi trovò nelle peggiori condizioni. Con la bocca tappata dalla mano del fratello e io che mi dimenavo per evitare che succedesse qualcosa al mio corpo.
Percepii un’aurea calda attorno a me, gentile e decisa a garantirmi protezione. Respirai a pieni polmoni e, per quanto volessi sottrarmi, chiusi gli occhi per la stanchezza, adagiando la testa sul petto caldo di Tom.
Il suo cuore era in tumulto, così per il suo respiro e il suo accento della Gran Bretagna divenne evidente, marcando tutte le sue parole ed imprecazioni. Le sue mani tremavano, scostandomi delle ciocche di capelli dal viso, mentre sentivo il suo profumo inebriarmi le narici.

-Cosa ci fa qui? Lilianne, Eleonor…-, sospirò seccato e preoccupato contemporaneamente, –Come cazzo avete fatto a convincerla?-, si calmò prima di parlare alle altre ragazze che erano arrivate poco fa.

-Tom, l’abbiamo convinta credendo che non avreste giocato a questo gioco… considerando il comportamento che siete soliti tenere…-, sbuffò Lilianne a bassa voce. Io, mi mossi, cercando un rifugio tra il petto di lui, –La portiamo a casa, poi vedremo.-, disse Eleonor.

-La tengo da me, abbiamo delle stanze in più… mio fratello non la toccherà.-, disse, stringendomi a sé.

-No Tom, torniamo a casa.-, disse Lilianne decisa e lui, dopo diversi sbuffi e sospiri, mi mise in braccio a lei. Percepii un freddo glaciale attorno a me e mi limitai a una faccia di dolore mischiato alla delusione. –Aveva ragione Ivy… non dovevamo venire.-, concluse la bionda.

-Andiamo Lilianne, abbiamo già dato troppo spettacolo e Ivy non ce la fa più.-, Eleonor, grazie al cielo, mi aveva capito.

Mi svegliai dal continuo vibrare del mio cellulare sul comodino. Spostai appena le lenzuola e vidi le mie gambe in alcuni punti violacei e percepii sei dolori lancinanti a schiena e gambe. Sospirai e chiusi gli occhi per non piangere, davvero Zed stava tentando di… fare sesso con me? Davvero Tom mi aveva salvata e aveva cercato le mie amiche di farmi stare da lui? Per continuare il lavoro, ovviamente.
Sbloccai lo schermo e vidi una notifica da un numero sconosciuto, lessi il messaggio con occhi stanchi e con il cuore in mille pezzi.

Lo so, probabilmente adesso dormirai. Probabilmente non leggerai questo messaggio, o lo leggerai solo perché sei gentile con tutti.
Vorrei solo dirti di riposarti, perché sarai stanca. Di fare tanti bei sogni perché Zed ti farà fare gli incubi. E di immaginare le mie braccia attorno al tuo corpo, strette e calde, perché l’ho visto, ho visto come ti sentivi quando eri con me. Stavi bene, ma di quel bene che non si può descrivere in un messaggio.
Ti dico di riposarti e di pensare che ti penserò questa notte, senza fare pensieri sporchi. Anzi, non ti penserò, ti ricorderò come se fossi ancora in braccio a me, mentre tu stai bene.

Mi addormentai, in un sonno profondo, privo di immagini. Pensai che fosse un sogno dentro un altro sogno e che nessuno, da nessun cellulare, mi avesse scritto questo messaggio, facendomi star male ancor di più.

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Ebbene sì vi metto anche il secondo capitolo.
Spero vi stia piacendo.

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Vi amo♥️








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