Capitolo 4

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Ero una persona abbastanza solitaria, fin da piccola adoravo riservarmi degli spazi tutti per me. Stare li con i miei pensieri, il mio mondo, le mie passione e cose da fare. Ma crescendo capivo che nonostante mi piacesse la solitudine ogni tanto detestavo stare sola. Specialmente di notte, li nel letto travolta da pensieri e sogni, volevo solo qualcuno che mi fosse vicino, che mi diceva che ci sarebbe stato semple per me che  ci pensava lui a me. Qualcuno da abbracciare la notte, per sentirmi più protetta, al sicurto. Volevo solo sentirmi amata da qualcuno. Lo so che ero insopportable, che avevo un carattere altro che orribile, ma se mi sapevi pendere mi scioglievo più velocemente di un cubetto di ghiaccio. Non mi capivo molto nemmeno io, ci provavo ma mi risultava troppo complicato, figuriamoci alle altre persone. Avevo pochi amici e potevo dire che mi trovavo anche bene ma nel momento del bisogno potevo dire che erano innutili. Nessuno poteva capirmi. E io che rimanevo sempre di più chiusa nella mia gabbia creatasi per la sopravvivenza. Mi pongo sempre la domande se mai sono piaciuta a qualuno, se mai sono importata a qualcuno veramente. Quando passavo le giornate da sola dopo un po' mi sentivo impazzire, la testa pesante, forse in cerca d'aiuto, ma io non sono mai stata brava con le parole, figuriamoci con le urla. Urlare non era mai stato il mo forte, come con le relazioni umane. Molte volte mi trovavo estranea anche nel mio piccolo mondo. Quante volte mi era venuta la tentazione di prendere la moto e scappare. Non mi sarebbe importato dove, ma in quei momenti la mia mente sui posti in cui andare si dissolveva. Io sapevo solo che volevo fuggire, tanto non sarebbe importato a nessuno della mia mancanza così improvvisa. Ma io se una cosa dovevo farla, dovevo farla bene. Io organizzavo qualsiasi cosa si potesse organizzare, tutto doveva essere come dicevo io. In molti mi davano della pazza e io come risposta ridevo, ridevo perché in fondo lo sapevo anche io che non ero normale. La gente tende ad avere paura del diverso, dello sconosciuto, mentre io ne ero in qualche modo attirata.

Un posto in cui adoravo stare era in camera mia o in cucina. Malgrado odiassi il mio corpo adoravo cucinare, mi rilassava e mi alleggeriva i pensieri. Anche se era un po' un controsenso i dolci erano la cosa che cucinavo spesso, li adoravo fare ma a me i dolci non piacevano più di tanto. La pasta frolla non mi aveva mai fatto impazzire. Ma nell'ultimo periodo oltre che alle persone era svanita anche  la voglia di cucinare, non riuscivo più  nemmeno a disegare. La mia fantasia si era spenta, come la mia voglia di vivere. Mi era rimasto solo un enorme vuoto, causato dall'allontanamento di persone a me importanti. Un vuoto che cresceva sempre di più fino ad annularmi definitivamente. Sembrava che tutto quello che un tempo ero capace di fare e mi contrastingueva dagli altri ora non riuscivo più a farlo. Non so se era un sistema di aiuto difesa del mio corpo, ma speravo finisse presto.

LA RAGAZZA DALLE LABBRA NEREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora