Capricciosa

10 4 0
                                    

[Leslie]

La mattina seguente mi svegliai con i raggi del sole che penetravano dalla finestra e mi colpivano dritta agli occhi. La sveglia sul mio comodino segnava le sei e mezzo. Che cavolo?
Non mi ero mai alzata così presto in vita mia, nemmeno quando dovevo andare a scuola.

Decisi di abbandonare il letto, mi feci strada in cucina e aprii il frigorifero; due uova, del ketchup e della zuppa avanzata. Fantastico, io che volevo gustarmi un bicchiere di succo d'arancia fresco.
Mi feci coraggio, vestendomi con i primi indumenti che mi passarono per le mani, dopodiché lasciai un biglietto in cucina per mio padre. Presi le mie chiavi e, chiudendo silenziosamente la porta, mi incamminai verso il primo supermercato.

Una volta finito di fare la spesa, mi accordai con Mia per fare colazione insieme, nella nostra caffetteria preferita, con degli ottimi waffles. Nutella, gelato alla vaniglia e Oreo.
Sorry not sorry.

Erano già le undici quando feci ritorno a casa.
La porta era per qualche motivo socchiusa, e non potei fare a meno di notare una bicicletta rossa parcheggiata nel vialetto. Curiosa com'ero, corsi subito dentro e trovai uno sconosciuto, seduto sul nostro divano, intento a chiacchierare con mio padre. "Ehm ehm" Mi schiarii la voce. "Papà?"
"Ah Leslie, finalmente sei tornata."

Il ragazzo si voltò verso di me, rivolgendomi un timido sorriso. Sembrava avere più o meno la mia età, i capelli castani gli incorniciavano il viso, ma non riuscivo a capire bene il colore dei suoi occhi a causa della poca luce che c'era dentro casa. Aveva un piccolo brufoletto sulla guancia che lo faceva sembrare irritante. O forse era la sua faccia.

"Lui chi è?" Domandai cercando di non mostrami troppo infastidita, cosa che invece ero assai.
"Questo ragazzo è nostro ospite, e tu dovresti essere più rispettosa nei suoi confronti."
Mi riprese mio padre. "L'ho visto cadere dalla sua bici, qui fuori, nel tentativo di evitare un pedone distratto. Per fortuna sta bene."
Annuii senza commentare ulteriormente; non avrebbe dovuto accogliere uno sconosciuto in casa nostra.

Il ragazzo si alzò in piedi e si incamminò verso di me, tendendomi la mano per stringermela.
"Piacere, mi chiamo Spencer."

"Io sono Leslie, ma ora devo andare." Risposi velocemente, affrettandomi a camminare verso la cucina con le borse del supermercato tra le mani.
"Fermati subito." Mi inseguì mio padre, rivolgendomi un'occhiata furente.
"Che c'è?" Sbuffai. "Sai esattamente che c'è, cosa ti è successo? Come ti permetti di rivolgerti a lui in questa maniera?"

"Come mi permetto? Non c'era bisogno di portarlo dentro casa, solo perché si trovava in difficoltà. Scusa se ci tengo ad essere prudente per evitare che succeda il peggio, di nuovo." Conclusi, osservandolo mentre lasciava la stanza senza saper ribattere.

Il peggio. L'inimmaginabile. Qualcosa che accadde tre anni prima, e di cui ancora nessuno aveva avuto il coraggio di riparlarne.

Era una calda giornata di inizio estate, i miei genitori ed io eravamo andati in vacanza, lasciando a nonna il compito di sorvegliare casa nostra.
Il vicinato era praticamente privo di persone, ed una donna anziana tutta sola era una preda più che appetibile. Le cose andarono così: il campanello suonò, rivelando un uomo propenso a vendere elettrodomestici. Nonna lo fece entrare e, prima che potesse immaginarselo, il rimbombo di un colpo di pistola risuonò nel salotto, lasciandola incosciente sul pavimento. In una ventina di minuti, l'uomo prese tutti i soldi e gli oggetti di valore che riuscì a trovare e fuggì.

All'arrivo della polizia venimmo informati dell'accaduto. Grazie al cielo mia nonna non era stata ferita, ma era solo svenuta per lo spavento.
Il buco generato dalla pallottola di pistola era ancora visibile nel soffitto del salotto, ricordandoci sempre la lezione che imparammo quel giorno.
Quella che evidentemente mio padre non aveva appreso.

Mentre ero intenta a sistemare la spesa dentro la credenza, sentii il rumore di alcuni passi avvicinarsi. Feci finta di nulla, sospirando.
"Tuo padre mi ha raccontato cosa vi è successo."
Di nuovo quella voce. "Se lo avessi saputo non avrei accettato il suo aiuto, non era mio intento causarvi problemi."

"Non preoccuparti" Mi voltai nella sua direzione. "Non è colpa tua, davvero. Solo non riesco a capire come se lo sia dimenticato così facilmente, perché non sia stato più prudente."
Il ragazzo infilò impacciatamente le mani nelle tasche dei suoi jeans, facendoli lievemente abbassare; abbastanza da lasciarmi intravedere parte della sua biancheria intima.

Che caspita stavo guardando?!

"Comunque" Si schiarì la gola. "Sono venuto per scusarmi, e per giurarti che non sono un serial killer." Sorrise, ed io ricambiai per assicurarlo che fosse tutto a posto.
"Hai impegni per questo pomeriggio?" Si avvicinò lui, con un ghigno stampato in volto.

"Ma tu non ti sei fatto male? Perché non vai in ospedale?" Inarcai un sopracciglio, poi alzai gli occhi al cielo. "Devi aver battuto la testa."

"Aspetta, cosa?" Chiese con un espressione confusa, grattandosi la nuca.
"Resti comunque uno sconosciuto per me, non dovrebbero interessarti i miei piani." Alzai le spalle.
"Pensavo solo che potremmo fare qualcosa insieme. Sono nuovo qui e non ho nessun amico."
"Ma certo che possiamo!"

Quelle parole non provenirono certamente dalla mia bocca, bensì da quella di un'altra persona, con una voce piuttosto familiare.
"Ehm, ciao." Spencer si voltò verso di lei.
"Sono Mia, la migliore amica di Leslie." Rispose tutta sorridente, mentre si avvicinò a me per darmi una mano. "E più tardi andremo in piscina." Aggiunse, strizzandogli l'occhio.

Non poteva averlo detto realmente.

"Oh davvero?" Spencer inarcò un sopracciglio con fare divertito, come se avesse ottenuto ciò che voleva. "Che fortuna, oggi è il mio giorno libero."
"Puoi venire con noi allora." Lo incoraggiò Mia, guadagnandosi uno sguardo minaccioso da parte mia.

Non appena Spencer si annotò i nostri contatti telefonici, ci salutò e chiuse la porta d'ingresso alle sue spalle. Prima che la mia amica potesse dire qualcosa, presi un bicchiere d'acqua e glielo rovesciai letteralmente in faccia.
"Te lo sei meritato."

Pizza-Line Bling (Traduzione Italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora