Capitolo 7

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Ero lì, seduto in classe, a fissare Antonio e Fabio che parlavano. Stavano parlando di ragazze. Li vedevo spesso girare sui profili Facebook delle più "bone" o "troie", per poi contattarle. Scrivere in chat ad una sconosciuta, così, dal nulla... era una cosa che proprio non riuscivo a comprendere. A me veniva in mente solo la brutta figura che ci si poteva fare. Eppure, sembrava che per loro funzionasse proprio così. Con questa strategia loro sembravano avere molto successo. Evidentemente avevano una concezione del mondo delle ragazze completamente diversa da quella che avevo io. Loro erano popolari, conoscevano tutte le ragazze più fighe, ci stavano insieme, le lasciavano, ci tornavano, magari ci facevano cose sconce, tipo quelle che menzionavamo in classe quando ci insultavamo tirando in ballo le nostre madri. Io, invece, che ero rimasto indietro, dovevo accontentarmi di sognare la ragazza che mi piaceva, con la quale tutto ciò che avrei sognato di fare sarebbe stato prenderle la mano e accarezzarle il viso, proprio come bambini. Forse era quello il mio problema. Forse ero ancora un bambino. Non è bello essere costretti a nascondere ciò che si ha dentro. Non è bello non poter dire agli altri che non ti interessa il sesso solo per non passare per uno stupido.

D'un tratto vidi Antonio allontanarsi, così andai da Fabio per parlargli di Lei e gli chiesi se la conosceva.

‹‹Certo che la conosco. Perché? Ti piace?›› mi chiese.

Inspiegabilmente non riuscii a rispondere. Fabio capì e rise.

‹‹Ma come la conosci?›› domandai.

‹‹Perché faccio atletica››.

Come avevo fatto a non pensarci prima? Iniziai a collegare.

‹‹Ho pure il numero di telefono›› continuò mentre rideva.

Mi fece vedere la sua foto profilo di WhatsApp. Era proprio Lei. Guardai Fabio e risi anch'io.

‹‹Stronzo!›› gli dissi.

‹‹Oh, che c'è? Se vuoi te lo passo››.

Continuammo a ridere. Anche se stavamo scherzando, qualcosa mi diceva che, se gli avessi detto di sì, me lo avrebbe dato senza pensarci due volte. Il fatto era che non avrei saputo cosa farmene. Fabio faceva tutto in modo scherzoso e a me piaceva ridere con lui. Sapevo che non mi prendeva in giro. Eppure, sembrava che lui non si rendesse conto di quanto ciò di cui stavamo parlando fosse importante per me. Per lui era solo una ragazza, come tutte le altre. Non mi ero mai trovato davanti ad una situazione simile. Il fatto che mi avesse accettato la richiesta di amicizia su Facebook non significava niente. Seguire i consigli di Federico mi aveva insegnato che lo facevano quasi tutte. E se invece mi fossi sbagliato? Forse la cosa migliore che potevo fare era scriverle, contattarla come facevano Antonio e Fabio con ogni ragazza, mettendo da parte le mie paure. Dopotutto, quale modo migliore di recuperare terreno e iniziare a dare una svolta alla mia vita?

Avevo iniziato a frequentare un progetto di Italiano nel pomeriggio. La nostra prof, oltre che buona e gentile, era sempre disponibile a darci uno strappo a Martina quando finivamo. Dato che mancava ancora un'ora all'arrivo del pullman, decisi di tornare in quella villa dove Antonio mi aveva portato. La prof mi accompagnò lì, e dopo averla salutata mi avventurai all'interno della villa. Arrivato alle scale centrali, mi affacciai verso il basso e vidi due ragazzi che si stavano allenando ad arrampicarsi sul muro. Scesi le scale e mi fermai a guardarli. Sembravano più grandi di me. Prendevano la rincorsa verso il muro, ci poggiavano un piede e ne usavano la spinta per raggiungere una delle sbarre della ringhiera che costeggiava le scale.

‹‹Vuoi provare pure tu?›› mi chiese con aria amichevole uno di loro.

Non risposi, ma lasciai lo zaino e gli feci vedere cosa sapevo fare. Poggiai il piede sul muro e afferrai lo spigolo dei mattoni del piano superiore.

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