3. Doveva Essere Un Addio

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KUROO'S POV

Sono tre anni che mi muovo nell'ombra, che mi nascondo per poi attaccare e lasciare una scia di cadaveri dietro di me.
Non abbastanza per i miei gusti. Devo limitare la mia voglia di vendetta, altrimenti non riuscirei a non farmi beccare. I miei ex colleghi reputano le morti come regolamenti di conti, non sospettano nulla.

La ricerca di ogni membro richiede tempo ed in più devo guadagnarmi da vivere. Non che lo faccia in modo legale ma sempre un guadagno rimane. Cosa faccio? Uccido, su commissione. Il cliente paga, sceglie la vittima e io uccido. Faccio in modo che l'omicidio sembri opera della banda a cui do la caccia.

Sono diventato bravissimo ad estrorcere informazioni con la forza.
Per questo mi trovo in un casale abbandonato, isolato dalla città. Ho bisogno di informazioni dall'ultimo membro che ho catturato, è incatenato mani e piedi al muro con delle catene. È da ieri sera che non mangia e beve, sono passate quasi ventiquattro ore. Il pavimento è sporco dei suoi bisogni, l'aria fa schifo qua dentro. Indosso una maschera, non si sa mai, qualcuno potrebbe riuscire a scappare. Non posso farmi beccare. La maschera mi copre l'intero volto, è nera e sulla testa ho il cappuccio della felpa. Sul cellulare ho installato un app che mi modifica la voce.
Rimuovo lo scotch dalla bocca del rifiuto umano che ho di fronte. Ha capelli rasati neri, occhi castano scuro, pelle abbronzata, il corpo pieno di tatuaggi. È leggermente in carne, sul viso ha una cicatrice che gli attraversa la guancia destra.
Il suo corpo è inerme, floscio, chiaramente esausto.

-Sei pronto a parlare adesso o vado a farmi un altro giro? Stavolta potrei stare via più a lungo.-

-Puoi uccidermi.-

La sua voce è ruvida, a malapena udibile, la causa è la sete.

-Quindi non ti dispiace se mi diverto un po' con questa lama giusto?-

Rigiro la lama che tengo in mano. Non risponde, quindi passo la lama sulla guancia sinistra.
Rilascia un gemito di dolore che non mi soddisfa quindi affondo nuovamente sulla coscia sinistra.
Finalmente un urlo, che soddisfazione!

-Ora sei pronto a parlare? In quel sacchetto laggiù c'è dell'acqua e del cibo. Sono tuoi se mi dai un nome.-

-Acqua.-

-Dammi un nome, qualcosa di utile e sarà tua.-

-Marcos vos.-

Vado al sacchetto e prendo l'acqua poi torno da lui e porto la bottiglia alle sue labbra. Dopo il primo sorso affondo la lama nello stomaco. È per te Bokuto. Sarà morto a breve o per la ferita o per mancanza di cibo e acqua. Recupero le mie cose e me ne vado.

Mentre cammino verso il paese vicino dove ho l'auto mi ritrovo a pensare se Bokuto vorrebbe tutto questo, se lui avesse fatto lo stesso per me. Ogni tanto mi ritrovo a pensare a che persona sono diventato. A volte come oggi ho bisogno di parlarne a qualcuno. Solo una persona può ascoltare quello che ho da dire, un prete.

È con questi pensieri che mi ritrovo senza pensarci davanti ad una chiesa.
Sono indeciso se entrare o no.
Guardo il cielo in cerca di non so nemmeno cosa.

-Ehy amico, dovevi lasciarmi per forza da solo? Non ho più nemmeno un amico. Guarda che casino sto facendo. Guarda i miei vestiti, le mie mani, sto sbagliando? Sto versando il loro sangue come loro hanno versato il tuo. Quando avrò finito con loro cercherò il tizio uscito da quel negozio. Non avrò pietà con lui amico, te lo giuro. Se lui non fosse uscito correndo quei bastardi non avrebbero avuto la meglio. Non so come ma lo troverò.-

Ma che sto facendo? Sorrido guardando il sedile del passeggero, sto diventando pazzo amico mio.
Esco dall'auto ed infilo il cappotto per coprire le macchie di sangue. È sera ed il buio aiuta ma non la chiesa sarà illuminata.

Portami all'inferno || Kurotsukki ~ Short Story Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora