Capitolo undici.

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Jimmy Fallon si dimenava da una parte all'altra dello studio con agilità, indossando una ridicolissima tutina formato adulto tappezzata da paperelle e orsacchiotti colorati.

Le uniche cose che facevano contrasto erano, probabilmente, le scarpe nere, in pelle, rigorosamente firmate.

In una mano teneva ben salda la sua maracas rossa mentre con l'altra trascinava a braccetto il cameraman, troppo occupato a non inciampare nei suoi stessi passi.

I miei occhi erano semi-chiusi, le palpebre spiaccicate una contro l'altra, delineate solo da una lieve scia d'acqua che contornava le pupille, lo stomaco si contorceva, le guance in fiamme ed il respiro era affannato, quasi non mi strozzai con la saliva.

Fallon, anche dietro uno schermo, riusciva a farmi letteralmente morire dal ridere.

Era grazie a lui, se per due ore e mezza alla settimana, riuscivo a non essere ansioso e a non pensare troppo.

'Ed è per questo che vivo ancora con mia madre!'

L'acqua che pochi secondi prima stavo bevendo, finì per essere sputacchiata sulla coperta sovrastante le mie gambe, lasciando spazio ad una nuova e fragorosa risata che fuoriuscì dalla mia bocca.

Poggiai una mano all'altezza dello stomaco, facendovi una lieve pressione per paura che da un momento all'altro sarebbe esploso.

E proprio quando pensavo di non aver mai riso così tanto in vita mia, qualcosa, o meglio, un suono, fece cessare immediatamente quel fuoco che stava per scoppiare dentro il mio torace.

Il campanello, se non altro.

Quello che feci subito dopo era puntare lo sguardo sull'orologio e rimanerci secco nel vedere l'orario.

16:30 Zayn

Puntale come un pendolo svizzero.

Quello sarebbe stato il nostro quinto pomeriggio di studio, o meglio, il mio.

Il mio perchè erano ben quattro incontri che passavamo insieme e lui non si era ancora degnato di aiutarmi, tranne per quella volta in cui si era gentilmente offerto di terminare la torta che avevo preparato per Harry.

Giuro, gliel'avrei fatta pagare cara, prima o poi.

In compenso però, avevamo intrapreso varie conversazioni, a volte anche personali.

Avevo scoperto che era di origini pakistane, questo spiega i suoi tratti per niente inglesi, e che sua madre aveva un piccolo negozietto di cosmetici nel centro della città.

Aveva tre sorelle e suo padre era via a causa di alcuni viaggi lavorativi.

Insomma, la tradizionale coppia unita con un figlio che potrebbe lavorare per Calvin Klein e tre figlie viziatissime.

Afferrai il telecomando che era caduto precedentemente sul pavimento e spensi la tv con un 'click' veloce dello stand-by.

Feci volare la coperta in aria e corsi verso la porta d'ingresso, bloccandomi però dinanzi allo specchio che avevo appeso poche settimane prima.

Occhi lucidi, guance ancora un po' rosse e una zizzania di capelli biondo-castani in perfetto scompiglio.

Come sempre, d'altronde.

Presi un bel respiro e aprii la porta.

Ancora dovevo abituarmi alla visuale del suo viso, infatti appena riconobbi i suoi lineamenti e il suo sorriso sfacciato mi venne il classico 'colpo al cuore'.

'Bonjour, biondino.'

Con poche falcate riuscì ad entrare e lanciò lo zaino nero sul divano, accompagnato dal suo sedere.

what's your name?(ziall)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora