La magia del Natale (seconda parte)

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"Ti aspetto fuori dal tendone, sono insieme a un paio di amici appena conosciuti."

Era strano, quel messaggio. Non da Michele Elia Fantini. Non da ragazzo che ci metteva secoli prima di concedere la propria fiducia a qualcuno – tranne che con me, e la cosa mi faceva traboccare l'animo di gioia dal giorno in cui ci eravamo conosciuti. Perciò mi incappottai velocemente non appena lo lessi, al di sotto ero ancora nudo, leggings a parte, e mi precipitai al di fuori del tendone riservato agli artisti, nel gelo cristallizzato di quel 22 dicembre.

Nonostante la folla, conoscevo il punto esatto in cui Michele mi stava aspettando, dunque mi divincolai tra le persone con grazia e maestria, evitando di andare a sbattere contro qualcuno. Quando arrivai a pochi metri dalla mia roulotte, lontano dalla calca di spettatori che anche quella sera ci aveva concesso di riempire i loro cuori di meraviglia, lo vidi parlare con altri due ragazzi. Il più alto teneva abbracciato da dietro l'altro e aveva il mento premuto contro la sua testa, tra i capelli ramati; quello più basso, invece, aveva le mani intrecciate con quelle del primo, prive di guanti, e rivolgeva a Michele un sorriso frizzante che stranamente Michele ricambiava mentre parlava.

Un sorriso che avevo faticato a tirargli fuori; ancora adesso, di tanto in tanto, lottavo per non farlo mascherare dal suo cipiglio perenne. In fondo lo amavo anche per quello, era il dettaglio che mi aveva permesso di distinguerlo tra il pubblico, quella sera d'agosto, la prima di molte altre insieme.

«Misha!» lo chiamai affrettando il passo, facendo scivolare sulle corde vocali quel nome come cioccolata calda lungo la gola dopo una giornata fredda. Un soprannome del quale non mi sarei mai stancato e da cui mai mi sarei staccato.

Michele smise di parlare nell'esatto momento in cui sentì la mia voce e il suo volto si illuminò quando gli fui abbastanza vicino da potergli schioccare un bacio sulle labbra; però non lo feci, non sapendo se potesse infastidirlo una dimostrazione tale d'affetto davanti a quei due ragazzi.

Fu lui a baciare me, facendomi rimanere di stucco.

«Finalmente...» mormorò, una nuvoletta di fiato condensato si disperse nell'aria.

«Scusa, dovevo aiutare moy mama

Mi baciò ancora, questa volta rimanendo con la bocca premuta sulla mia, poi un'esclamazione improvvisa ci riscosse dal breve attimo d'intimità.

«Scusate» disse Michele, in inglese, rivolto agli altri due. «Lui è Ilias, il mio ragazzo.»

Mi spuntò un sorriso spontaneo. Anche quello era raro: essere presentato come il suo fidanzato. Doveva essere appena accaduto un miracolo di Natale, quei due dovevano avere qualcosa di speciale, non c'era altra spiegazione.

«Piacere» mi presentai allungando la mano destra.

«Fidati, è stato più un piacere per me vederti esibire con quei pettorali in bella mostra» disse quello più basso, di cui soltanto ora notai il trucco magnifico che lo rendeva somigliante alle nostre ballerine. Non seppi se ridere o mostrarmi imbarazzato, ma lui continuò: «Sono Rory» e mi strinse la mano in una morsa delicata.

«Warren» fece l'altro, anche la sua mano afferrò la mia ma con più robustezza, «il fidanzato di questo essere senza vergogna né pudore.»

Alla fine mi scappò una risata.

Erano speciali, già, non c'era alcun dubbio. Di solito ero bravo a capire le persone a una prima occhiata e fui sicuro di non essermi sbagliato neanche quella volta.

«Vi è piaciuto lo spettacolo?»

«Tantissimo!» rispose Rory. «Era da una vita che non andavo al circo, e voi siete così pieni di colore e di vita!»

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