Capitolo 1

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22 giugno 2019

"Mabel alza il culo da quel letto e vestiti che vi porto fuori a colazione" urla mio padre dal piano inferiore.

"Non urlare cazzo è mattina" impreco alzandomi.
Non sono per niente mattiniera, vivo letteralmente di notte e devo dire che come primo risveglio nella nostra nuova casa non è il massimo. Ci siamo trasferisti a Seattle per cambiare aria e ricominciare da capo... sempre se possibile. Ho vissuto per 17  fottuti anni nel Wisconsin e lasciare la mia quotidianità insieme a tutti gli amici che la rappresentavano è stata davvero dura ma so per certo che è ciò di cui ha bisogno la mia famiglia... che detto sinceramente non si può chiamare tale da un anno ormai.  Siamo rimasti io, mio padre e il piccolo Matthias.

Matthias è mio fratello, il piccolino della famiglia; ha 11 anni e devo dire che è davvero bellissimo. Ha i capelli castano chiari e gli occhi color nocciola; abbiamo esattamente 6 anni di differenza, mi sento un po' come se fossi la sua mamma, ho un senso di protezione nei suoi confronti che non riesco a spiegare ed è pure l'unica persona alla quale io riesca ad esprimere tutta la mia dolcezza.
Non è una bella cosa, lo so per certo, ma sono sempre stata così, fredda con tutti, non ho mai detto un cazzo di ti voglio bene ai miei genitori e non perché non provi questo sentimento nei loro confronti ,anzi, ma mi risulta estremamente difficile esprimere quello che provo per gli altri. Con le mie amiche ancora peggio, solo qualche volta alle feste da ubriaca mi scappa qualche sussurrato ti voglio bene oppure qualche misero grazie di esserci, ma per il resto nulla. La cosa non mi preoccupa più di tanto, so perfettamente che loro sono a conoscenza di quanto io le ami e questo è quello che conta, anche se a volte uno sforzo lo potrei comunque fare. Preferisco di gran lunga dimostrare le cose con i fatti, le parole per me contano fino ad un certo punto, e non lo dico a caso ma perché ne ho avuto la dimostrazione fin troppe volte.

"Mabel muoviti" urla nuovamente.

"Faccio una doccia veloce e arrivo papà" urlo a mia volta. Il mio nome mi piace da matti ma quando viene urlato... cristo mi irrita da morire.

Mi dirigo verso il bagno, piazzandomi davanti allo specchio e...cazzo sembro davvero una scappata di casa e anche se ho 17 anni in questo esatto momento ne dimostro almeno 3 in più. Entro in doccia e cerco di rilassarmi sotto l'acqua bollente che percorre ogni centimetro del mio corpo mentre ascolto "Apocalypse" di Cigarettes After Sex, una canzone che di prima mattina a molti farebbe venire un ulcera, ma la verità è che in qualche modo riesce a svuotarmi da tutti i pensieri negativi accumulati durante il sonno.

Una volta uscita mi dirigo in camera e apro l'armadio, dal quale estraggo un paio di shorts neri, una felpa bianca non troppo pesante, perché nonostante sia fine giugno sono abbastanza freddolosa come persona e le mie solite vans nere alte. Insomma, di certo non sono una che ama vestirsi con colori accesi, tranne quando si tratta di andare alle feste...in quelle occasioni do davvero il meglio di me stessa. Torno davanti alla specchio e con un correttore copro le occhiaie che mi riempiono il viso, applico un po' di blush sulle guance per dare un po' di colore alla mia pelle chiara, tanto da essere soprannominata bianchina.
Termino il tutto con un po' di burrocacao applicandolo sulle labbra screpolate che mi ritrovo. Sono fortunata perchè non ho bisogno di mascara o quant'altro, le mie ciglia sono davvero lunghe e folte e mettono ancora più in risalto i miei occhi verdi che variano a seconda del tempo e a volte anche a seconda di quello che indosso. Mi pettino i capelli mossi, nero pece che mi arrivano appena sotto il seno, prendo la borsa e scendo le scale squadrando mio padre dalla testa ai piedi e lui in tutta risposta se la ride, il che mi fa montare la rabbia alle stelle.
Di mattina se vuoi sopravvivere ed essermi amico stai zitto e basta.

Fortunatamente io e mio padre abbiamo sempre avuto un bel rapporto, abbiamo caratteri molto simili, siamo persone silenziose, ci piace stare nel nostro senza mai ficcare il naso da nessuna parte perché siamo consapevoli del fatto che chi si fa i cazzi propri campa cent'anni.
Peccato che questo molte persone non lo capiscano; da un paio di mesi infatti molti abitanti di Madison, la città in cui vivevo, avevano iniziato a curiosare nelle nostre vite. Da un lato posso capirlo, quando una disgrazia colpisce una famiglia considerata perfetta e indistruttibile la voglia di scoprire e conoscere i fatti si fa sentire, ma rimango comunque dell'idea che parlare dei cazzi degli altri senza conoscere realmente come sono andate le cose è una cazzata assurda, e dio solo sa quante cazzate ho sentito in questo ultimo periodo della mia vita. Ho davvero rischiato parecchie volte di prendere a pugni in faccia qualcuno, ma il mio buon ego mi ha sempre fermato, non so come, ma l'ha fatto. 
Una cosa che proprio non sopporto sono i pettegolezzi, specie se riguardano la mia famiglia, potrei dare di matto da un momento all'altro, e non conviene farmi incazzare, perché seriamente mi faccio paura da sola.

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