III. Luci e ombre

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La sala del Consiglio dove re Aeron stava attendendo l'arrivo dell'amico, re Richard, sembrava un mondo a parte, distaccato dalla stravaganza delle altre stanze del castello.

Questa infatti pareva ricavata direttamente nella roccia: le pareti erano ruvide e grezze, di un colore molto scuro, così come l'enorme tavolo che si stagliava in mezzo a quell'ambiente grottesco, ricavato da un unico blocco di legno. La superficie non era mai stata levigata o smussata, ma lasciata al naturale come un diamante grezzo. Soltanto il pavimento di marmo, chiaro e specchiato, dava luce alla stanza, creando un netto contrasto con il resto.

«Perdonate il ritardo, re Aeron» la voce del sovrano di Auringon rimbombò nell'alta sala, priva anche di alcun ornamento. Era come se in quello spazio tutto lo sfarzo e la ricchezza della famiglia reale si annullassero come a sottolineare che, in realtà, il denaro valeva poco per la felicità di un uomo.

«Non dovete, sire. Posso solo immaginare quanto sia faticoso organizzare i Giochi Solari» rispose l'altro uomo.

«È un fardello che porto con immenso onore, mio signore» re Richard avanzò. Anche il sovrano del più fiorente regno del Continente si era spogliato delle sue ricchezze: aveva lasciato da parte l'elaborata corona e il mantello color porpora.

«Mi hanno informato che volevate parlarmi di affari importanti».

«Esatto, maestà. Temo che Emergard sia in pericolo» re Aeron iniziò a sentirsi a suo agio all'interno di quelle mura, ma aveva ancora timore che qualcuno potesse ascoltare le sue parole.

«Potete parlare tranquillamente qui. Tutti i nobili di corte sono impegnati nella preparazione dei Giochi».

Re Aeron si guardò attorno per un'ultima volta, poi espose le sue preoccupazioni.

«Circa quattro lune fa i miei esploratori, appostati sempre al confine del regno, hanno avvistato qualcosa di inquietante, un'energia magica provenire da oltre la Grande Muraglia. Questi accadimenti non sono cessati nel tempo, come molti consiglieri ritenevano. Anzi si sono intensificati, fino ad essere avvertiti anche nelle campagne, nelle fattorie e nei borghi della capitale», re Aeron si lasciò cadere su uno dei tanti seggi che circondavano il grosso tavolo. Era esausto a causa del viaggio, ma finalmente poteva dirsi libero di aver condiviso quel fardello con qualcuno.

Ma fu sorprendente, per Aeron, notare che il volto del sovrano di Auringon aveva un'aria comprensiva.

«Anche ad Auringon, da all'incirca altrettante lune, accadono eventi singolari. Si sono scatenate violente tempeste a largo della costa, fenomeni alquanto inconsueti in questo periodo. Temo che il mio stesso figlio non arriverà in tempo ai Giochi proprio a causa del maltempo» il re aveva conservato un tono autoritario, ma in cuor suo temeva per la vita di Will. All'inizio non aveva fatto molto caso a quegli strani eventi, ritenendoli segno dell'ira degli dèi. Ma alla luce del racconto di Aeron, Richard capì che gli dèi non avevano nulla a che vedere con quanto stava accadendo e, in segreto, maledisse se stesso per non essere stato abbastanza accorto e aver mandato il suo erede in missione per conto della corona.

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