Oltre

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Quella domenica mattina io ed Eren rimanemmo a letto fino a mezzogiorno inoltrato, abbracciati a parlare e a raccontarci l'un l'altro delle nostre vite.
Mi disse di essere nato in un piccolo villaggio di pescatori non lontano da Dublino e di essere cresciuto insieme a una sorella di poco più grande. La passione per la musica era scaturita in lui che ancora era piccolo, quando durante i giorni di festa, in cui ci si esibiva in musica e danze tradizionali, lui si accovacciava di fronte ai musicisti e ne osservava le dita che si muovevano veloci sui manici degli strumenti a corda e tra i fori degli strumenti a fiato, studiando il suono che producevano con gli occhi sgranati e la bocca appena schiusa. Aveva iniziato a suonare la chitarra prima dei dieci anni e non era trascorso molto tempo prima che nascesse in lui il desiderio di potersi esibire insieme a un gruppo, così, con l'intenzione di conoscere persone nuove e fare esperienze mondane che il piccolo villaggio non gli permetteva di fare, era partito con il suo migliore amico, Connie, alla volta della capitale una volta diventato maggiorenne. Era stato un viaggio da pazzi, come disse lui: insieme si erano persi nella vitalità e nei colori di quella città, nella musica che usciva ogni sera dai locali e nella costante ricerca di un luogo che li riparasse dalla pioggia.

E io ascoltai ogni parola pendendo dalle sue labbra, come aveva fatto lui poco prima quando era stato il mio turno di raccontare.
Mi piaceva il modo in cui gesticolava con una mano mentre l'altra era impegnata a sostenere la testa, con il gomito appoggiato al cuscino, mi faceva impazzire il luccichio dei suoi occhi mentre parlava della sua grande passione per la musica e mi incantai a osservare il modo in cui sorrideva mentre mi raccontava gli aneddoti divertenti che avevano caratterizzato gli ultimi anni trascorsi insieme ai suoi attuali coinquilini.

Non passò molto prima che ci trovassimo di nuovo a rotolare tra le lenzuola, avvinghiati l'uno all'altro. Eren mi tenne stretto tra le sue braccia un'altra volta, ancora più intensa della prima.
Complice la luce del giorno che filtrava dalle tende e che si rifletteva direttamente sul suo volto, mi tuffai nella profondità del suo sguardo, perdendomi nei meandri delle sue sfumature cangianti senza alcuna possibilità di potervi riemergere incolume.
E, senza riuscire a smettere di sorridere, mi beai della melodia dei gemiti soffocati che uscivano dal fondo della sua gola, mi lasciai pervadere dai brividi che mi dava il tocco delle sue mani, dalla morbidezza dei suoi capelli quando li strinsi nel momento di maggiore intensità.
E ricambiai tutte le sue premure accarezzandolo in ogni parte del corpo e baciando senza sosta le sue labbra che sapevano di legno e acqua di mare.

Mai avevo provato simili emozioni prima di allora, nessuno era stato in grado di coinvolgermi in un momento tanto intimo semplicemente guardandomi negli occhi, ciò che Eren fece per tutto il tempo in cui fu sopra di me, accarezzandomi le tempie con il pollice e prestandomi tutte le attenzioni di cui avevo bisogno.

Eravamo abbracciati l'uno all'altro, a scambiarci baci lenti giocando con le punte delle lingue e a stuzzicarci le labbra con piccoli morsi, probabilmente sul punto di ricominciare quella danza da cui dopo sole due volte eravamo diventati dipendenti, quando sentimmo gli altri inquilini urlare per le scale.
Sul momento, Eren aumentò la stretta sui miei fianchi, intenzionato a ignorare i loro richiami, e io l'avrei sicuramente assecondato, se non fosse stato per il nome che entrambi udimmo chiamare fuori dalla stanza.
Gli occhi gli si illuminarono all'istante, regalandogli un'espressione infantile davanti alla quale non potei fare a meno di sorridere, sentendo le guance arrossarsi leggermente, e mi strinse delicatamente i polsi: - Armin, è lui! Te lo devo presentare -

Annuii, forse un po' deluso dalla piega che avrebbe preso la mattinata da quel momento, ma euforico per il fatto che non vedesse l'ora di presentarmi al suo migliore amico.
Nonostante il suo entusiasmo, però, rimase immobile a guardarmi negli occhi e, dopo aver portato una mano ad accarezzarmi una guancia, sussurrò: - Sei bellissimo, Armin -

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