Capitolo 2

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Mi ero appena seduta su uno dei sedili del treno diretto al binario 9 3/4 da Hogwarts, richiudendo dietro di me la porta scorrevole della cabinetta. Feci una smorfia infastidita all'udire tutto quel baccano nel corridoio del treno. Mi piaceva tornare a casa dopo un anno intero ad Hogwarts, la mia famiglia mi mancava e nonostante ci scrivessimo tutte le settimane avvertivo che le loro presenze mancavano nella mia quotidianità e non mi ero mai abituata a non averla con me. Mi mancava il pranzo della domenica che mamma e nonna dalle sei della mattina iniziavano a preparare, io che mi svegliavo con l'aromato odore di arrosto; mi mancava la mia sorellina e a come ogni volta che tornavo a casa per l'estate mi saltava addosso e non permetteva a nessun'altro di parlarmi prima che io potessi raccontarle cos'era successo quell'anno ad Hogwarts. Mi mancavano le storie che il nonno raccontava la sera di fronte al camino del salone d'inverno che spiegava con enfasi tale da tenerci incollati alle poltrone per poter sentire il finale. Mi mancava l'ironia di papà a tavola se mamma era nervosa se una delle sue ricette non era venuta come sperava, facendo ridere tutti e allentando la pressione di mamma che si calmava: era una donna paranoica e riflessiva ma molto amorevole e precisa.
Un debole sorriso istintivo mi fece curvare le labbra all'insù mentre la nostalgia di questi ricordi mi riempiva il cuore, una mano sotto il mento affinchè me lo reggesse mentre guardavo fuori dalla finestra le valli colorate di fiori di campo blu e bianchi e grano ai lati del binario.
Eravamo partiti da non molto quando Pansy aprí di colpo la porta scorrevole della mia cabina, facendomi trasalire e spostare lo sguardo sulla sua figura.
"Ma che cazzo Pansy!" esclamai, lei che mi ignorò prima di sedersi sul sedile di fronte al mio, posando le sue due valigie nere accanto a lei sempre sul sedile.
La guardavo ancora infastidita: non mi piaceva che qualcuno invadesse il mio spazio e speravo di poter stare da sola durante il viaggio. E Pansy non era nemmeno una compagnia troppo gradita: parlava sempre e i suoi discorsi era centrati su se stessa e su quanto fosse magnifica e intelligente e questo mi snervava nonostante non fosse una persona fastidiosa o noiosa, ma il suo narcisismo era irritante.
"Non c'erano più posti se non dai Tassorosso, ed io da quelli non ci vado" si giustificò lei intuendo il mio fastidio quando era entrata, facendo un'espressione disgustata quando parlò.
Io non dissi nulla, alzandomi dal sedile per poter richiudere la porta scorrevole di colpo, il forte baccano fuori dalla cabinetta che mi infastidiva.
Ero una persona irritabile e quello che mi faceva stare meglio erano la calma e il silenzio. Mi piaceva stare sola perchè potevo concentrarmi sui miei pensieri e a volte anche per leggere.
Quando ritornai al mio posto Pansy mi guardava con uno sguardo indagatore. Alzai un sopracciglio con fare interrogativo.
"Perchè sei sempre cosí irritata Abbott?" chiese lei all'improvviso.
Io appoggiai la schiena sul sedile ed incrociai le braccia per poi accavallare le gambe: era una posa che assumevo in modo istintivo quando mi si facevano domande scomode.
"Non sono sempre irritata, semplicemente la rabbia è l'emozione che riesco a controllare di meno e quindi è l'unica che da fuori si riesce ad individuare. Le altre emozioni tendo a non mostrarle semplicemente perchè sono fatta cosí, sono riservata" spiegai con calma.
Pansy annuí lentamente prima di abbassare lo sguardo sulle sue scarpe.
"Sai, ti ho sempre molto ammirata per la tua capacità di controllo. Risulti fredda agli altri e questo fa in modo che tu sembra misteriosa. Aron è fortunato ad averti, vi completate in un modo perfetto: siete cosí diversi da completarvi" ammise.
Io sbattei le palpebre, sorpresa da quelle parole. Pansy non mi aveva mai detto una cosa cosí, pensavo di esserle abbastanza indifferente e sapere che invece mi stimava mi aveva fatto piacere.
Rilassai a quel punto il corpo, rivolgendole un sorriso.
"Ti ringrazio, sei stata davvero gentile. Anche tu mi piaci molto anche se a volte mi fai davvero innervosire con tutti quei discorsi narcisistici che fai" le risposi ridacchiando.
Lei rise a sua volta, portando ora lo sguardo sul mio viso, guardandomi negli occhi.
I suoi occhi scuri erano sempre in movimento, analizzava tutto e tutti e con il contatto visivo sembrava cercasse di guardarti dentro, capire che persona fossi. Sostenni il suo sguardo visivo per un po' prima che lei aprisse bocca per parlare ancora.
"Mi dispiace se non siamo mai state cosí legate".
Annuii in risposta.
"Anche a me" risposi sinceramente.
Rimanemmo per qualche attimo in silenzio quando all'improvviso mi venne in mente un'idea.
Infilai le mani nel borsone che avevo alla mia destra, alla ricerca del libro che in quel periodo stavo leggendo. Quando i miei polpastrelli ne incontrarono i bordi sorrisi, e lo tirai fuori.
Passai una mano sulla sua copertina blu, avvertendo sotto la pelle i particolari del titolo in rilievo.
"Tieni, voglio regalartelo. Leggilo e capirò che vorrai avvicinarti a me. Scrivimi una nota a fine pagina che mi farà intuire che ti importa di me e a quel punto avremmo un inizio per cominciare la nostra amicizia: parlare del libro" le dissi per poi porgerglielo.
Pansy ridacchiò mentre accettava il libro, prendendolo tra le mani.
"Cazzo, sembra un contratto tutto questo rituale che mi tocca seguire per poterti conoscere meglio" disse lei con ironia, facendomi sorridere.
"Tranquilla non voglio ingannarti a fare nulla, è solo il mio modo per farti capire che vorrei davvero approfondire la nostra amicizia: non sono brava con le emozioni e i libri riescono sempre ad esprimerne tante. Darti un libro è simbolo di fiducia, vuol dire che mi fido di te, mi fido che il libro di piacerà e mi fido che lo curerai finchè me lo restituirai" risposi.
Lei scosse il capo, divertita.
"Abbott sei fin troppo umile: te la cavi eccome con le parole e sei fin troppo intelligente" alzò di nuovo lo sguardo su di me. "Forse anche troppo per Aron. È un ragazzo meraviglioso, ma ti meriti qualcuno che sia alla tua altezza. Se solo conoscessi Draco.. Sono sicura che riuscireste a parlare di tutti questi libri e di parole per ore. Vi somigliate a tratti".
Forse Pansy voleva solo farmi un complimento, ma a quelle parole io mi irrigidii e il sorrise mi scomparve dalle labbra.
Essere simile a Malfoy non era una bella cosa, per niente. E definire in modo implicito che Aron fosse stupido e non alla mia altezza era irrispettoso.
Feci per risponderle quando all'improvviso, una seconda volta dopo Pansy, la porta scorrevole della cabina si aprí. Io e la mora girammo il capo in quella direzione e come se avesse sentito che parlavamo di lui, lí davanti c'era Draco, le mani strette sui bordi della porta scorrevole mentre ci guardava. Portava una camicia bianca allacciata con cura e con le maniche sollevate fino ai gomiti; i suoi capelli erano spettinati sulla fronte e sembrava terribilmente incazzato.
Non chiese nemmeno il permesso di potersi sedere, entrando senza dire una parola per poi prendere posto accanto a Pansy. Per essere precisi, accanto alle valigie di Pansy.
Lo sguardo della ragazza si mutò visibilmente in un'espressione sorpresa, e strinse le dita sul libro, quasi in ansia. Aggrottai la fronte: non l'avevo mai vista cosí angosciata di fronte a nessuno.
Spostai a quel punto gli occhi su Malfoy, che era seduto con le gambe aperte sul sedile, la schiena ben dritta contro lo schienale. Si portò lentamente le mani dietro la nuca, guardandomi con un sorrisino di scherno in viso.
"Mi guarda chi si rivede! La puttanella di mio cugino!" sogghignò lui, divertito.
Serrai la mascella mentre lo guardavo con disgusto.
"Vattene Malfoy" gli ordinai scandendo bene le sillabe.
Lui inclinò di poco in capo.
"Aw ti sei offesa e ora mi cacci huh?" continuò a deridermi.
Alzai il mento, guardandolo negli occhi: quanto cazzo era infantile.
"Hai bisogno che ti trasformi in qualche disgustoso insetto e ti schiacci sotto la suola delle mie scarpe? Ho detto vattene" ripetei.
L'espressione divertita del biondo tramutò in una arrabbiata. Draco cambiava con facilità umore e si spostava da un'estremo all'altro con una facilità spaventosa, che intimidiva da fuori ma che io trovavo patetica ed infantile.
Draco abbassò lentamente le mani dalla nuca, socchiudendo gli occhi mentre mi guardava negli occhi con disgusto.
"Non sei assolutamente nessuno per mandarmi via, sei insignificante e la tua opinione non conta quindi non aspettarti che farò mai quello che mi dirai: non sei importante e non lo sarai mai" rispose con una freddezza allucinante nella voce.
Come si permetteva di sminuirmi in quel modo?
"Prova un'altra volta a dirmi che sono insignificante e che conto un nonnulla e ti stacco la lingua, ragazzino viziato" ringhiai tra i denti.
Pansy non aveva proferito parola e non riusciva a reagire. La tensione nella cabinetta era palpabile.
Draco si spostò lentamente in avanti, posando i gomiti sulle ginocchia: nonostante avesse praticato un piccolo movimento, la sua postura e azioni erano estremamente eleganti e sensuali.
"Scommettiamo Abbott, scommettiamo." rispose lui con voce profonda.
Io feci un sorrisino beffardo, accettando: avrei fatto in modo che tremasse se avesse anche solo provato a passarmi vicino.
All'improvviso Pansy si schiarí la voce e in quel momento io ed il biondo smettemmo di scrutarci nelle pupille, portando lo sguardo sulla mora.
"Draco perchè sei qui?" chiese a quel punto la ragazza.
"Non sono affari tuoi Parkinson" la fece corta lui, girando il capo verso la porta scorrevole, come se si aspettasse che qualcuno arrivasse da un momento all'altro.
Io socchiusi leggermente gli occhi, intuendo l'agitazione di Draco, e sorrisi strafottente.
"Oh ma tu stai scappando da qualcuno! Non avrei mai detto che fossi un codardo cacasotto!" lo presi in giro provocandolo.
Draco girò improvvisamente il capo nella mia direzione, il naso arricciato nella sua solita smorfia disgustata, puntando i suoi occhi ghiaccio sulla mia figura scrutandomi da testa a piedi con uno sguardo indagatore, osservando il mio corpo, infastidito da come riuscissi ad irritarlo.
"Ti ho già avvisata che questo tuo modo di provocarmi non ti farà finire lontano. Chiudi quella cazzo di bocca o te la faccio chiudere io" mi minacciò lui.
A quelle parole sentii una scarica elettrica attraversarmi la schiena, irritata ma sorpresa: era la prima persona che riusciva a tenermi testa e quel modo dominante era tremendamente sensuale.
"Vediamo se avrai il coraggio di farlo, di toccarmi ancora se Aron verrà a sapere che proverai a strozzarmi una seconda volta." dissi di rimando con fare velenoso.
Pansy spalancò la bocca stupefatta, non capendo a cosa mi stessi riferendo, mentre Draco digrignò i denti e serrò i pugni. Per qualche attimo mi guardò in viso con una profonda rabbia negli occhi, per poi allentare con lentezza i pugni, come cercando di controllarsi per la prima volta, inclinando il capo per scrocchiare il collo, chiudendo leggermente gli occhi per cercare di allentare la tensione nei suoi muscoli.
Quando riaprí gli occhi color ghiaccio e inespressivi che odiavo, sembrava solo indifferente al mio commento che invece avrebbe dovuto farlo veramente incazzare.
Raddrizzai la schiena, quasi delusa che non avesse reagito come mi aveva promesso di fare prima: volevo vedere se si sarebbe azzardato ancora.
"Sai Abbott, ne ho avuto abbastanza dei tuoi modi di fare. Mi hai veramente rotto il cazzo e se ora sono qui a condividere la tua sporca aria è proprio perchè il tuo ragazzo.." pronunciò "ragazzo" con una gelosia per nulla velata "..mi vuole letteralmente prendere a botte perchè ti ho a malapena presa per il collo" Draco si alzò in piedi e io seguii il suo movimento con il capo e lo sguardo. Mi si avvicinò, sovrastandomi con la sua altezza per poi abbassarsi su di me, quasi in ginocchio davanti alla mia figura mentre restavo seduta sul sedile della cabina, rigida e a disagio ad essere cosí vicina a lui.
Portò due dita sotto il mio mento, accarezzando poi lentamente il mio labbro inferiore con il polpastrello del pollice: mi stava trattando come una bambina.
"Giuro che te la farò pagare per avermi fatto litigare con Aron. Per colpa tua sono arrivato a dover scappare da lui, perchè lui è innamorato di te, ed è solo colpa tua. Sei una vogliosa puttana ingrata e se proverai ancora a portarmi via il mio migliore amico per uno stupido capriccio, la prossima volta ti strozzerò davvero. È una promessa" sussurrò con dolcezza mentre continuava a strusciare il pollice sul mio labbro.
Ero rimasta per la prima volta senza parole, non sapevo come reagire: mi stava trattando con dolcezza e sembrava quasi eccitato ma mi aveva letteralmente minacciata e poi insultata.
Il mio respiro era corto e continuavo a guardarlo negli occhi, quegli occhi ghiaccio che esprimevano solo perfidia e menefreghismo e che mi spaventavano per la loro innaturalità.
Draco spinse lentamente il pollice nella mia bocca, scendendo sulla mia lingua lentamente.
"Succhia troia" sussurrò ancora.
Il mio cuore prese a battere forte nel petto e non capivo come comportarmi: nessuno mi aveva mai trattata cosí e non mi sarei mai aspettata che non mi avrebbe infastidita.
Improvvisamente sbattei leggermente le palpebre, come mi era solito fare per ritornare alla realtà e spostare la mente dai miei pensieri e senza che se lo aspettasse, tirai un fortissimo schiaffo dritto sulla guancia di Draco.
Lui sorpreso scostò il dito dalla mia bocca, portandosi la mano sulla guancia che si era arrossata velocemente per via del mio schiaffo, alzandosi improvvisamente in piedi. Il biondo fece un sorrisino beffardo, girando la lingua nell'interno guancia cercando di calmarsi.
Io mi alzai lentamente da seduta com'ero sul sedile, il mio corpo quasi premuto sul suo mentre ero di fronte a lui. Lo guardavo dal basso, il mento alzato e lo sguardo puntato sul suo viso.
"Non permetterti mai più di chiamarmi puttana o troia in tutta la tua vita stronzo che non sei altro, e non incolparmi mai più dei tuoi stupidi problemi, hai capito coglione viziato? Aron ha tutto il diritto di essere incazzato con te visto che hai quasi strozzato la sua ragazza. Non pensare di potertela cavare in questo modo con me, non sono una delle tue puttanelle che puoi prendere in giro e comandare quanto e come ti pare, ficcatelo in quel cervello. Permettiti ancora figlio di puttana, provaci soltanto." ringhiai tra i denti a qualche centimetro dalla sua faccia, uno sguardo di puro odio da parte mia che incontrava il suo inespressivo.
"Draco vattene o andrà peggio" si intromise ad aiutarmi Pansy, probabilmente spaventata dal nostro scontro.
Il biondo sembrava non l'avesse sentita inizialmente, mi guardava divertito in viso e il fatto che la mia risposta non lo aveva fatto incazzare ma sorridere mi fece innervosire ancora di più. Scostò poi la mano dal viso.
"Ho sempre detto che Aron era un passivello, e vedendo come rispondi tu devo quasi immaginare che sia tu a scopartelo e non lui a te. Disprezzi me ma non ti sei resa conto che sei tossica tanto quanto me" disse Draco a bassa voce, il suo fiato tiepido contro le mie labbra serrate per l'irritazione.
"Non sono ne sarò mai come te Malfoy: tratto cosí solo i coglioni come te" risposi io a tono.
Lui rise.
Che cazzo ti ridi.
Io aggrottai la fronte, confusa per il motivo per cui trovasse la situazione cosí divertente.
Il biondo si passò una mano tra i capelli chiari e folti, sistemandoli cosí sulla fronte prima di girarsi, infilare le mani nelle tasche ed uscire dalla cabina, sbattendo la porta scorrevole, lasciandomi confusa in piedi davanti al mio sedile, con Pansy seduta e schockata mentre stringeva il libro che le avevo regalato tra le mani.








you warm my cold heart {Draco Malfoy ff}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora