Piani di fuga

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Rose corse su per le scale con il cuore che le batteva all'impazzata nel petto. Giunta alla sua camera, che durante l'estate divideva con le cugine Lily Luna, Roxanne e Dominique, si fermò. Si sventolò il viso con una mano nel disperato tentativo di attenuare il fuoco che sentiva divampare e fece qualche respiro profondo, poi spalancò la porta. Le tre cugine si girarono contemporaneamente. Erano sedute a terra in cerchio e si tenevano per mano.

"Finalmente, Rose! Muoviti!" Esclamò Lily, invitandola a raggiungerle con un movimento della testa.

"Co-cosa state facendo?"

"Dominique sta per leggerci i tarocchi" mormorò Roxanne con aria solenne. Aveva gli occhi chiusi e una coroncina di gelsomini appoggiata sui capelli ricci come cavatappi. Sulle palpebre scure brillava una sostanza gelatinosa che mandava inquietanti riflessi dorati.

Rose spostò lo sguardo su Lily. I capelli ramati della ragazza erano intrecciati in un nodo complicato dietro la testa, e sugli occhi portava la stessa mistura di Roxanne. Non poteva vedere Dominique perché la cugina le dava le spalle, ma immaginò che fosse truccata allo stesso modo.

"Ma cosa vi siete messe in faccia?" Chiese, soffocando una risata.

Dominique, serissima quando si trattava di Divinazione e altre faccende esoteriche, si girò di scatto. Con uno sguardo che non ammetteva repliche, similissimo a quello della zia Fleur, le intimò di sedersi. Di malavoglia, Rose si trascinò tra Roxanne e Dominique.

"Applica il decotto di alloro sulle palpebre" le ordinò la mezza Veela che si ritrovava per cugina.

"Come mai è dorato?"

"Ci ho messo dei glitter" replicò Dominique sbrigativa. Rose soffocò una seconda risata.

"Se hai di meglio da fare vai via e non farci perdere tempo, Rosie" piagnucolò Lily, spalancando i dolci occhi verdi. "Domi deve dirmi se quest'anno ho uno straccio di possibilità con Paul." Concluse, serissima.

"Lils," cominciò Rose, ma si interruppe. Era inutile. Non sarebbe servito a niente. Roxanne e Lily riponevano una fiducia cieca nelle capacità divinatorie di Dominique. Rose riconosceva a Nikki il dono della preveggenza, ma ne intuiva anche la natura alquanto instabile ed oscillante. Le sue visioni erano più improvvise e fumose che costanti e controllate; Rose non dubitava che con un po' di esercizio sua cugina avrebbe potuto estendere i confini del suo dono, ma era ancora molto lontana da un simile risultato. Per quanto la riguardava, non avrebbe chiesto a Dominique nemmeno un parere sul tempo. Così si alzò.

"Devo farmi la doccia, ci vediamo a cena" disse, e sparì nel bagno prima che potessero aprire bocca.

Mentre Rose lasciava che l'acqua calda le sciogliesse i muscoli tesi ed indolenziti, frizionandosi lentamente il corpo con il sapone alla lavanda della nonna, James estraeva dalla tasca una pergamena un po' gualcita piegata in quattro. La distese, e, aggiustatosi gli occhiali di corno sul naso, le diede una veloce rilettura. Aveva ricevuto la lista dei testi scolastici da acquistare per il sesto anno pochi giorni prima, e con suo sommo disappunto aveva constatato che si trattava di roba infinitamente più complessa rispetto a quella cui era stato abituato fino a quel momento.

Sospirò. Non aveva mai trovato la scuola difficile: era solito raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo, ma i frutti del suo impegno scolastico erano sempre stati oscurati dalla cattiva condotta, al punto nessuno che nessuno si sarebbe mai aspettato che lo scapestrato Jamie ottenesse ben sette G.U.F.O. Per un attimo desiderò essersi impegnato meno. Avrebbe potuto benissimo evitare l'Oltre Ogni Previsione in Pozioni, così come l'Eccezionale in Incantesimi. L'unica parvenza di "normalità" sul suo attestato G.U.F.O era rappresentata dalla "T" in Storia della Magia e dalla "S" in Divinazione, ma del resto chi non prendeva quei voti in quelle materie? Dei risultati sotto la media sarebbero stati di gran lunga più vantaggiosi; tutti quei G.U.F.O volevano dire che James doveva ottenere risultati simili per i M.A.G.O, e dover mantenere le aspettative era la cosa che gli riusciva peggio di tutte. Inoltre, l'ultima cosa che desiderava fare dopo il diploma era diventare un Auror, ma i suoi sette G.U.F.O parlavano chiaro: con la strada spianata e simili risultati accademici la scelta più logica sarebbe stata esattamente quella. A volte credeva di essere nato con una "A" marchiata a fuoco sul petto: "Che bambino intelligente, sarà Auror come il papà e i suoi nonni?", "Ah, ma Jamie metterà la testa a posto, vedrete... non potrà che seguire le orme di Harry!", eccetera eccetera.

Se glielo avessero chiesto, avrebbe dichiarato con candore che i suoi piani, una volta diplomato, consistevano nel partire senza una meta. Ovunque, purché lontano. Scrollarsi di dosso la sua ingombrante famiglia gli sembrava il minimo sindacale per essere felice, e un viaggetto dall'altro capo del mondo era esattamente ciò che faceva al caso suo. Non voleva stare via molto. Giusto il tempo di rilassarsi un po'. Una volta tornato si sarebbe dedicato volentieri alla carriera di Cercatore: quello sì che gli sarebbe piaciuto. La fama, l'adrenalina, il successo. I soldi. Sì, era deciso. Al diploma mancavano due anni pieni, e al momento non vi era alcun bisogno di comunicare i suoi piani bellicosi ai famigliari, tutti per una volta in brodo di giuggiole per i G.U.F.O ottenuti da lui e Louis, che finalmente portavano a casa qualcosa di diverso da una busta piena di note di demerito e ultimatum. Quell'anno sarebbe toccata a Rose, Domi e Al, e presto il riflettore si sarebbe spostato su di loro, liberandolo finalmente delle attenzioni della sua appiccicosa ed esigente famiglia. Scacciò l'immagine delle cugine e dell'insopportabile fratello dalla mente. Dov'era rimasto? Ah, sì. Beh, se c'era una cosa che faceva impazzire i suoi parenti erano i risultati scolastici. Genitori, zii e parentame vario ed eventuale sembravano diventare un'inesauribile fonte di soldi non appena si metteva sotto il loro naso pagelle e attestati, e James accettava di buon grado questo lato della medaglia. Pensandoci, avrebbe potuto strappare senza troppa lena una manciata di M.A.G.O, intascare i galeoni sonanti che li sarebbero spettati e partire all'indomani del diploma.                                                                                                               Ripiegò la pergamena con cura e la intascò, rasserenato. A volte gli bastava ripetere mentalmente il suo piano di fuga per tranquillizzarsi.

"Bambino?" James sollevò la testa. Era un automatismo. Sua madre non aveva mai smesso di chiamarlo così, nemmeno quando a dodici anni James le aveva annunciato che non avrebbe più risposto a tale appellativo. "Andiamo, è pronta la cena."                                                                           Ginny era in piedi davanti a lui, la testa leggermente piegata nel tentativo di guardare il figlio negli occhi. "Ti sei di nuovo incantato?" Fece, e accennò un sorriso.

Gli capitava spesso. Si perdeva in fantasticherie d'ogni genere e perdeva la cognizione del tempo. Stropicciandosi un occhio, si alzò e seguì la madre in giardino.

Ain't No Rest For The WickedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora