Capitolo II "Ricordi"

15 5 0
                                    

Aeral, il lord comandante e il suo seguito stavano cavalcando da ormai mezza giornata sulla strada che tagliava in due un bosco fitto come la notte, non era nelle migliori condizioni anzi stava cadendo in rovina, faceva parte di un complesso di strade create dagli elfi in tempi immemori che ormai dopo la loro estinzione nessuno aveva idea di come le avessero costruite, erano strade larghe 18 spanne ed erano formate da piccoli cocci tutti uniti fra loro ma era solida quanto una montagna e resistente quando l'acciaio, avevano provato a rifarle ma dopo qualche tempo si separavano alla minima intemperia mentre quelli elfici erano in piedi da millenni. Nel silenzio più totale nessuno si azzardava a proferire parola in presenza dell'eroe, anche se erano passata 10 anni l'aurea di potenza che emanava era sempre possente e imperturbabile, per cui meravigliati nessuno parlava finché Roman, decise di parlare e disse:"Vostra maestà, forse voi non lo sapete ma anche io ho combattuto durante la guerra del Tiranno, purtroppo ai tempi ero solo un soldato per cui vi ho visto raramente ma quelle poche volte che è successo ero sempre meravigliato a vedervi e mi domandavo come potesse un uomo essere così fermo e impassibile e allo stesso tempo al solo sguardo dare vigore a centinaia di migliaia di persone, soldati e non" concluse il lord comandate con sguardo meravigliato, forse a ricordare quei momenti ma nello stesso momento l'eroe parlò:"Non credere, lord comandante che fossi così magnifico, anzi molte volte nella solitudine della mia stanza sono andato nel panico ed ero ricolmo di ansie e ripensamenti a ogni scelta che facessi, ma non potevo mostrarmi debole perché ogni popolo faceva affidamento su di me, ricordo un tale forse un contadino che venne da me dopo che il suo villaggio era stato dato alle fiamme e pianse, io pensai che piangesse per il suo villaggio ma appena mi avvicina mi si prostrò a terra e chiese che non era degno di osservare il grande eroe e capí che non stava piangendo per il suo villaggio, ma perché aveva visto me e in me vedeva la speranza della rivalsa e della speranza,no, non potevo mostrare nessuno segno di debolezza altrimenti la gente si sarebbe spezzata, fidati che un peso così enorme era angosciante anche al solo pensiero, difatti non potevo fare nulla che non fosse eroico e sorprende, nessun errore e se lo facevo dovevo subito pensare a un modo per rimediare, poi dovevo anche mediare tra i vari popoli per fare in modo tale che l'alleanza non si spezzasse, fidati che in me non c'è niente di magnifico anzi ho fatto molti errori durante la guerra e molte persone sono morte, anime che mi perseguitano nei miei incubi, nessuno dovrebbe passare quello che ho passato e ho combattuto anche per questo". Dette queste parole l'eroe guardò il cielo e usando un tono di voce malinconico e colmo di tristezza, come di uomo che si è appena ricordato qualcosa di troppo pesante da sopportare disse"per fortuna c'era lei" e dicendo questo accelerò la cavalcata mentre gli altri lo seguirono, nessuno più proferì parola non per l'aura di potenza che emanava, non per il discorso che aveva fatta ma per quella sua frase finale mista di tristezza e odio come se con una sola parola una diga di emozioni potesse esplodere,sommergendo tutti e facendoli annegare. Appena arrivò il tramonto decisero di accamparsi in zona in una piccola radura ai fianchi della strada principale, dopo aver mangiato un po' di pane raffermo e decisi i turni di guardia l'eroe decise di andare a dormire mentre la sua mente vagava in antichi ma sempre dolorosi ricordi.

Le cronache del continente dimenticato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora