Capitolo III || Harry

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Angolo autrice pre-capitolo
Hooola!
Come promesso, sono tornata abbastanza presto gnehehe.
Volevo scusarmi perché ho notato che ci sono stati errori nell'html del secondo capitolo ma sto usando due computer (entrambi non miei dato che il mio è sotto sequestro e sto usando questi due illegalmente buhuhahah) e NVU non funziona bene (so sad cwc)
E vbb questo lo sto postando dal cellulare a mezzanotte e dieci perché sn trasgry xdxd, quindi ci saranno problemi di html anche qui (obv)
Coooomunque, il secondo capitolo non era molto lungo perché se avessi continuato, non avrei saputo cosa scrivere in questo lal.
Finalmente i nostri Larry si incontreranno gnaaaw (anche se solo per un secondo), e arriveranno anche altri personaggi (come il dottor Thredson [yay], Lana [yaaaay] e Zayn [yaaaaaaaaaaay]) ma non vi dico altro che altrimenti vi spoilero B)
Spero che il capitolo vi piaccia :D
xdarkhoran

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«Lei deve essere il dottor Styles, giusto?», fece una voce maschile dietro di me.

Ero appena uscito dall'ufficio di suor Jude, dopo aver avuto un'accesa conversazione riguardante l'elettroshock. Mi trovavo a Briarcliff da poche ore, e già non approvavo i suoi metodi.

«Sì, sono io...», risposi, girandomi.

L'uomo che si trovava davanti a me era, evidentemente, un altro psichiatra: indossava scarpe di pelle nera e uno smoking di un grigio smorto, dal quale trasparivano una cravatta nera e una camicia bianca.
Gli occhi scuri erano incorniciati da un paio di occhiali a montatura rettangolare, e i capelli neri erano tirati all'indietro, lasciando la pallida fronte scoperta.
A prima vista, doveva avere una decina di anni in più di me, quindi circa trentuno.

«Oh, è un grandissimo piacere fare la Sua conoscenza. Sono il dottor Oliver Thredson, e seguo il paziente Walker.», mi spiegò, porgendomi una mano e sorridendo.

Walker. Kit Walker.
Quel nome non mi era nuovo.
Certo. Bloodyface.

«Piacere mio, dottor Thredson. Io sono Harry Styles, e sono appena arrivato.», dissi a mia volta, afferrando la sua mano.

«Lo psichiatra di Tomlinson, giusto?», domandò.

Io annuii con fermezza.

«Beh, buona fortuna.», fece lui, ridacchiando.

Gli sorrisi. Ne avevo bisogno, in effetti.

«Le andrebbe di pranzare insieme, ogni tanto? Lei mi sembra l'unico con il quale potrei avere a che fare...», mi disse, mostrandomi un sorriso.

«Oh, certamente.»

«Okay...», fece, per poi spostare il suo sguardo sull'orologio da polso. «Accidenti, devo andare. Fra due minuti inizia la sessione di terapia con Kit Walker, e Sa com'è: agli infermieri non piace aspettare.»

«Certo, vada pure...», gli dissi, sorridendogli.

Lui si incamminò velocemente verso le scale.
Lo seguii un po' con lo sguardo, finché non divenne un puntino.
Mh...
Nascondeva qualcosa, ma ci avrei pensato più tardi: avevo intenzione di fare un giro, per comunicare coi pazienti.
La mia sessione di terapia con Louis Tomlinson sarebbe iniziata il giorno seguente, ma mi era stato chiesto di andare lì prima per potermi organizzare con lo staff.
Beh, fino a quel momento, avevo conosciuto una suora timida e una petulante, e la giornata era quasi giunta al termine.
Decisi di scendere le scale per andare nella sala comune. L'avevo visitata per pochissimo tempo, e comunque dentro non c'era quasi nessuno, dato che tutti i pazienti erano nelle stanze delle terapie.
Prima di andare, però, mi avvicinai con l'orecchio alla porta della stanza dove si trovava suor Jude, dato che avevo sentito un telefono squillare al suo interno.
Non riuscii a captare molto, ma capii che stava parlando col Monsignore e che lui stesso sarebbe venuto a fare visita al Briarcliff l'indomani mattina.
Perfetto, pensai.
L'idea di conoscerlo era piuttosto allettante. Avrei potuto parlargli del fatto che all'interno di quel manicomio si usava ancora l'elettroshock, un metodo rude e vietato in molti Paesi.
Appena suor Jude riattaccò, mi avviai verso la fine del corridoio, che distava pochi passi dalla porta dell'ufficio.
Arrivai alle scale e scesi di corsa.
Il colore malinconico delle pareti e i lamenti disperati dei pazienti mi misero tristezza, e da quel momento capii che Briarcliff non era il posto adatto per me.
Quando finii la rampa di scalini, andai verso la porta della sala comune e la aprii.
Come prima, all'interno Jeanine Deckers intonava Dominique, una canzoncina allegra che, all'epoca, era stata prima nelle classifiche musicali di quasi tutto il pianeta.
Suor Jude aveva comprato il disco e lo faceva mettere a ripetizione, come una tortura sonora. E guai a chi avesse provato a fermarlo.
La sala era un po' più affollata di prima.
Su un divano, con un' aria di rabbia e malinconia, stava seduta una bella ragazza da capelli e occhi scuri.
Aveva delle labbra molto carnose e dei begli zigomi.
Era magra, e dai segni che aveva alle tempie, capii che le era stato fatto da poco l'elettroshock.
Decisi di avvicinarmi.

Demons in my head.||Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora