Capitolo IV || Louis

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   «Quindi, tu saresti il mio torturatore… OOPS… psicologo?»

«Sì… Ciao…»

Mi squadrò da capo a piedi, sorridendo. Due fossette apparvero ai lati della sua bocca.

Lo guardai con rabbia, seduto a gambe incrociate sul letto.

Non avevo bisogno di lui. Non avevo bisogno di nessuno.

Lui si avvicinò al letto a passo lento, come se avesse paura di spaventarmi.

«Mi chiamo Harry. Harry Syles.», disse.

Rimasi immobile mentre si metteva a sedere ai piedi del mio letto, le mani sulle ginocchia.

Sospirò.

«Okay, cercherò di essere breve: sai come stanno le cose, vero?», mi chiese, guardandomi dritto negli occhi.

I suoi erano di un verde scuro con qualche sfumatura azzurra, profondi.

Annuii.

«Se scopri che sono colpevole, mi ammazzano. Se, invece, rimani dell’idea che sono innocente, rimarrò qui.»

«Esattamente. Ascoltami bene: cercherò in tutti i modi di provare la tua innocenza. Non voglio altre morti, quindi spero di diagnosticarti una malattia mentale. Solo che dobbiamo collaborare. Devi dirmi tutto per filo e per segno.», si raccomandò lui, guardandomi più intensamente.

Quell’affermazione mi risollevò il morale: finalmente avevo trovato qualcuno che non desiderasse vedermi bruciare sulla sedia, là dentro.

«Lo farò.», dissi, con fermezza.

Mi sfiorò la gamba, per poi lasciarci la mano sopra in segno di amicizia.

«Bene… La prima sessione inizia fra venti minuti. Preparati un discorso riguardante te stesso da dirmi, prima che vengano a portarti nel mio ufficio.», mi disse, poi si alzò e si allontanò.

Prima di uscire e chiudere la porta, mi fece un cenno con la mano in segno di saluto e mi sorrise.

Di nuovo, le fossette tornarono ad incorniciargli le labbra.

Non è male, pensai.

In realtà, me lo aspettavo del tutto diverso.

Mi alzai dal letto e iniziai a camminare a piedi scalzi nella stanza, cercando di sgranchirmi le ossa.

La mia mente era offuscata da vari pensieri che mi tormentavano da qualche giorno.

Non capivo quali fossero, ma sapevo solo che c’erano, tutti amalgamati in un miscuglio che mi metteva ansia.

Le Voci erano tornate come prima, questo però lo sapevo per certo.

Le sentivo di notte, durante il sonno, mentre le immagini delle anime di chi avevo ucciso mi sfrecciavano davanti, urlando, implorandomi di risparmiarle.

Ogni notte, mi svegliavo urlando e piangendo, pieno di rimorso e odio verso me stesso.

Eppure, c’era anche un piacere incontrollato, nel profondo del mio cuore, quando mi rendevo conto di aver fatto ciò che avevo fatto.

Demons in my head.||Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora