Capitolo 19

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Una volta caricata la macchina e dopo aver salutato Augusto e Giulia, con la paura di non rivederli più, io e Simone iniziamo il nostro lungo viaggio silenzioso.
La sua guida sicura mi ricorda inevitabilmente Stefano, giro e rigiro il telefono tra le mani, ma di lui nessuna notizia.
"L hai sentito?"
Chiedo istintivamente.
"No."
Ribatte scocciato.
Sospiro e mi concentro sul paesaggio che scorre veloce intorno a me.
Ogni tanto sento lo sguardo di Simone addosso, ma lo evito e nessuno dei due proferisce parola.
In più anche il destino si mette contro di noi, lasciandoci imbottigliati nel traffico del raccordo.
Simone fuma con il finestrino aperto e lo sguardo dritto.
"Devi fare altri giri prima di tornare a casa?" Mi chiede senza guardarmi.
"No. E poi non sei il mio taxi, vedo già quanto ti scoccia essere qui con me."
"Smettila di fare la ragazzina."
"Io?"
"Se devi fare altri giri ti ci porto."
"Sono i tuoi sensi di colpa a parlare?"
Lo vedo sorridere.
"Sensi di colpa per cosa?"
Decido di guardarlo.
"Per come mi hai trattata, da quando sei arrivato."
"Io l'avevo detto a Stefano che questa storia della vacanza era una cazzata. Il Duca non si fida più di noi come prima. Pensava davvero che non avrebbe fatto niente per farlo tornare?!"
"Non l'ho spinto io a organizzare questa cosa."
"Lo so Nicole, ma Stefano da quando sta con te si comporta come se la sua vita non gli appartenesse più. Te l ho detto dall'inizio che non avrebbe funzionato."
Sto per ribattere, ma lui mi precede.
"Non ti dico ste cose per ferirti. E' solo la realtà e prima lo capite entrambi..meno vi farete male."
"Come è successo a te?"
"Esatto."
Il traffico si sblocca e noi possiamo ripartire.
"Posso sapere cosa è successo? Non gli dirò che me l'hai detto."
"Nicole.."
"Per favore."
"Non posso."
"Ti prego..."
E stavolta, il mio tono implorante, riesce a convincerlo.
"Come vuoi, il Duca gli aveva proibito di allontanarsi, ma Stefano non ha voluto sentire ragioni. Così il Duca senza dirgli niente ha venduto il suo attico, e ha preso lui i soldi della vendita."
"Cosa?? Ma quello era di Stefano! Come ha fatto a venderlo?"
Simone mi guarda con leggera compassione.
"Non era intestato a lui Nicole, come avrebbe potuto giustificare un abitazione del genere."
"Era del Duca?"
"Sua o ha usato un prestanome, comunque gliel ha tolto. E Stefano è tornato per..."
"Non mi dire per affrontarlo?"
"Francesco e' con lui, però ancora non ho notizie."
L'ansia mi ricopre ogni parte del corpo. Respiro e immagino già Stefano ricoperto di sangue. Controllo per l'ennesima volta il telefono e le mie mani stanno tremando. Anche Simone deve averle notate perché inaspettatamente avvicina la sua mano alla mia e me la stringe.
Io resto senza fiato, non riesco a credere che possa aver fatto una cosa del genere.
"Se fosse successo qualcosa di brutto mi avrebbe chiamato Francesco."
Lo dice con la voce più rassicurante del mondo e subito dopo toglie la mano dalla mia.
"Portami da lui."
Dico decisa.
"Cosa!?"
"Devi portarmi da lui."
Mi giro e lo fisso decisa.
"No! Scordatelo! Stefano e' stato chiaro. Devo portarti a casa e no, non dovevi sapere niente di tutto questo!"
"Io non andrò a casa mia a morire di ansia pensando a chissà cosa state combinando tutti e tre. Non resterò giorni e giorni senza sentirlo, riempiendomi la testa di ipotesi e paure per poi ricevere un suo messaggio ...chissà tra una settimana con scritto mi manchi."
Lo dico tutto d'un fiato, senza prendere una pausa neanche per respirare.
Simone cerca di ribattere, ma non glielo permetto.
"Perché mi scriverà prima o poi e lo sai anche te. Perché non ci riusciamo a stare lontani, così lui tornerà e io nel frattempo sarò impazzita a capire se e' vivo o...chissà cosa!"
Simone frena e mi guarda sconcertato, forse non gli avevo mai parlato in questo modo.
Probabilmente ho anche esagerato, ma mi dimostro decisa, incrocio le braccia al petto e fissandolo, lascio andare la schiena poggiata allo sportello della macchina.
"Tu mi fai paura."
Mi guarda ancora per un attimo e poi riprende la sua guida.
"Mi stai portando da lui?"
Chiedo, appena percorriamo le vie del centro.
Simone sospira,  palesemente infastidito.
"Questa e' la prima e ultima volta che mi mettete in mezzo a ste cose. Adesso me tocca senti' pure quell'altro!"
Riesco a tranquillizzarmi un po' sapendo che ha deciso di portarmi da lui.
Ci dirigiamo verso l'Eur.
"Dove stiamo andando?"
Simone non mi guarda, e' tornato nel suo silenzio tombale e io mi rassegno, se dovesse sentire ancora la mia voce penso mi lascerebbe qui, in mezzo la strada.
Ci dirigiamo nella parte periferica, quella più vecchia dove ci sono i palazzi delle ex case popolari o lo sono ancora, sinceramente non sono molto informata.
Sono quasi le sette di sera e il buio sta scendendo. Entriamo in una delle lunghe stradine che dividono un palazzo dall'altro. Simone procede sicuro e poco dopo parcheggia davanti ad un portone.
"Dove..Stefano e' qui?"
Chiedo mentre lui scende dalla macchina. Si guarda intorno e non so perché ma ho paura.
E se ci fosse anche il Duca? No, non penso che mi avrebbe portato.. scendo dalla macchina con la paura addosso.
Cerco di tranquillizzarmi ma non ho Stefano affianco a me. Ho Simone, che mi odia e se non mi odia comunque non si farebbe uccidere per me. Dio ma che sto dicendo!? Sto delirando!
Mi guardo intorno, come se mi aspettassi di vedere dei cecchini nascosti pronti a spararci, proprio come nei film.
"Nicole ma cosa stai facendo lì impalata ??!" Simone e' già a metà delle scale che portano al portone del palazzo, mentre io sono ancora davanti la macchina, immobile.
Senza dire una parola mi affretto verso di lui e insieme entriamo.
Un lungo corridoio mal messo e delle luci fioche e' quello che ci circonda.
Gli unici rumori sono quelli di qualche televisore troppo alto o risate e urla di bambini che giocano, provenire dai numerosi appartamenti che superiamo a passo veloce.
Simone si guarda indietro ogni tanto e questo mi trasmette molta ansia, anche se in lui non vedo o almeno non traspare paura.
Saliamo ancora tre rampe di scale, senza incontrare anima viva e finalmente davanti a una porta marrone ci fermiamo.
Simone tira fuori le chiavi dai jeans e apre la porta chiusa a chiave con diverse mandate.
Mi spinge dentro con forza e in un attimo vengo rapita dall'odore di cucinato, e le voci di una televisione accesa, arrivano dalla piccola cucina che si trova subito davanti a noi.
Una signora anziana, molto anziana con la schiena leggermente ricurva, i capelli completamente bianchi si avvicina.
"Ciao no'.."
"Simone?? Sei tu??"
Chiede con la voce stridula e sistemando i suoi grandi e spessì occhiali da vista sul viso.
"Si, so' io" risponde lui.
Si gira e chiude di nuovo la porta, sempre con diverse mandate.
"Lei è nonna Gina."
Mi dice frettoloso.
"Oh...buonasera signo.."
Ma non mi lascia neanche finire la frase che mi spinge lungo il corridoio buio, davanti a noi.
"Ti presenterai un' altra volta a nonna Gina, tanto e' immortale.."
Mi viene da ridere e forse anche lui sta sorridendo.
Veloce, apre una delle porte che si presentano davanti a noi e finalmente, ecco Stefano.
Lo trovo in piedi con la schiena poggiata
ad un vecchio armadio. Checco seduto su uno dei due letti dismessi e rovinati dal tempo.
Stefano appena incrocia il mio sguardo si rimette dritto, come avesse preso la scossa da quell'armadio.
Ma non c è nessuna scossa e' solo la sorpresa e, forse la rabbia di vedermi li.
"Che diavolo ci fa Nicole qui?"
Chiede alzando la voce.
Checco non parla e fissa Simone, sicuro che il suo amico, potrà giustificare con qualche spiegazione plausibile, la mia presenza.
Ma Simone oltre a chiudere la porta dietro di me e a ricambiare lo sguardo di Stefano, non dice una parola.
Tanto basta per far partire Stefano.
"Che cazzo fai? Pensi sia un gioco questo?"
Si butta su Simone sbattendolo contro la porta, bloccandogli il collo con il braccio.
"Stefano fermati! E' colpa mia!"
Ma ovviamente le mie parole non servono.
Invece, l'intervento di Checco e' essenziale e riesce a dividerli.
"Prima fai mille storie! Mi dici che devo starle lontano, che le farò solo male! E poi me la porti qui??"
Simone si massaggia la gola guardandolo in modo cattivo, ma rimandando sempre in silenzio, sembra quasi non voglia dire che l'ho praticamente costretto, a portarmi li. Come se non mi voglia mettere in mezzo.
"Adesso basta! Ci sono anche io qui!"
Dico ad alta voce e finalmente, lo sguardo di Stefano ritorna su di me.
"L ho costretto io a portarmi qui. Dovevo vedere come stavi e cosa..cosa era successo per andartene in quel modo."
"Ieri però non mi sembravi così preoccupata di starmi lontana."
La sua voce e' di ghiaccio e come sempre mi uccide ogni sua parola.
Ma sapevo bene a cosa andavo incontro. Immaginavo la sua rabbia.
"Avevo bisogno di vederti. Non puoi scappare ogni volta e lasciarmi col dubbio di cosa ti può succedere.."
Ci fissiamo e lui come me, sono sicura sta ripensando alla litigata di ieri, alle parole che ci siamo vomitati addosso.
"Va bene, ora calmiamoci tutti. Nicole siediti e stai tranquilla."
Mi dice Checco accennando un sorriso. Questa è la prima volta che lo vedo così serio.
Sedendomi noto che Simone non toglie gli occhi da Stefano e, il suo sguardo mi mette i brividi.
"Non possiamo fare molto contro il Duca, di questo ormai ne siamo coscienti. Il problema e' che Stefano disubbidendo al suo ordine, quello di non partire l'ha fatto incazzare e lui, per ripicca ha venduto il suo attico. A me ha mandato un controllo in palestra e non potrò aprire la prossima settimana, come avevo deciso."
"Che cazzo c'entra la tua palestra!?"
Sono le prime parole che escono dalla bocca di Simone.
"Per punire me va a colpire anche voi, sa che questa è la cosa che mi manda più in bestia!" Ringhia Stefano in un sussurro.
"Perciò devo aspettarmi qualcosa anche io.."conclude Simone.
Stefano lo guarda e per la prima volta rivedo il suo sguardo triste.
"Non e' colpa tua."
Interviene Checco.
"Ha ragione Simone io non posso vivere cancellando la vita che abbiamo. E ..non posso stare con lei e fare finta che vada tutto bene." Le ultime parole le pronuncia come fossero macigni e non mi guarda. Evita il mio sguardo. Sento gli occhi bruciare, ma controllo le lacrime.
"Voi..voi dovete reagire, non potete continuare a vivere così."
"Lo sappiamo, ma come la giri la giri, lui e' sempre più forte di noi."
"Ma potreste.."
Stefano non mi lascia finire.
"Nicole, smettila. Nessuno di noi andrà mai a denunciarlo!"
"Io da infame non ci passo, piuttosto mi faccio ammazzare."
La voce fredda di Simone e' dura e decisa.
Checco mi guarda.
"Non puoi chiederci una cosa del genere, se cade lui..noi gli andiamo dietro. Non siamo santi e se mai dovessero arrestarlo, il suo unico obbiettivo non sarà salvarsi, ma farci arrestare."
"Non può finire così, dobbiamo trovare.."
Ma di nuovo Stefano, mi interrompe.
"Non c è un modo. Adesso abbiamo..anzi io ho attirato la sua attenzione. Sa benissimo che voglio cambiare vita e si diverte troppo a ricordarci chi comanda. Non ci lascerà mai andare..."
"A meno che la sua attenzione viene catturata da altro..." continua Simone
"...e passeranno anni.."
Io continuo a guardare Stefano ma lui e' irremovibile. Cala all' improvviso un pesante silenzio.
"Tua nonna ha cucinato la peperonata, una cosa leggera, estiva..la vado ad assaggiare.." Checco tenta di alleggerire la situazione e si alza per uscire dalla camera, Simone scambia di nuovo il suo sguardo con Stefano e poi segue Checco, lasciandoci soli.
"Perché sei venuta qui? Che speravi di trovare? Una soluzione insieme al tuo caro avvocato.." Stefano sputa le sue parole, guardando fuori la finestra.
"Non mi merito neanche più il tuo sguardo...sei capace solo a indirizzarmi la tua rabbia." Asciugo prontamente una lacrima, che e' riuscita a scappare giù.
"Si.." dice con un filo di voce.
"..sono arrabbiato Nicole, sono incazzato..con me stesso, perché pensavo di aver già pagato per i miei sbagli e invece.." sospira sempre guardando fuori.
"Invece sei arrivata te..quella sera ubriaca e non mi hai voluto dire dove diavolo abitavi.." Un sorriso leggero si forma sul suo viso.
"Ti ho dato l'indirizzo dello studio .."
"Già... dovevo capirlo già da lì, che saresti stata qualcosa di diverso."
Mi alzo dal letto e mi avvicino a lui.
"Guardami.."
Stefano scuote la testa.
"Devi solo guardarmi un attimo.."
Lui si gira e i suoi occhi lucidi mi tolgono il respiro.
"Non ti voglio guardare perché tu mi fai credere che possiamo stare insieme. Mi fai sperare e..io adesso non ce la faccio proprio."
Cerco di prendergli le mani, ma lui mi sposta e si avvicina alla porta, uscendo dalla stanza.
Poggio la testa sfinita, sul vetro della finestra, davanti a me.
Fuori solo il buio della sera e i palazzi di questa periferia.
"Hai fame?"
La voce di Simone mi raggiunge, riportandomi in quella piccola stanza.
Scuoto la testa.
"Nonna Gina ha fatto peperonata per tutto il palazzo.. cucina ancora bene, dovresti approfittare."
Lo vedo che cerca di sorridermi, mentre si butta su uno dei due letti.
Mi guardo intorno, le mura bianche sono rovinate dalla muffa e dal tempo. La camera sembra essere stata utilizzata molto, ma moltissimo tempo fa.
E io cerco disperatamente un discorso, perché mi sento in difetto, per il comportamento di Stefano, causato da me.
"E' la tua camera questa?"
Gli chiedo poggiando le spalle alla finestra.
"Lo era..c ho passato parecchio tempo da ragazzino."
Dice mentre si sistema comodo, con la testa sul cuscino.
"E perché oggi siete venuti qui?"
"Ci incontriamo spesso qui. Il Duca non dovrebbe conoscere sto posto. Almeno così pensiamo."
Guardo d'istinto il letto vuoto affianco a Simone e lui mi anticipa.
"Si! Ho un fratello, o meglio fratellastro. Padri diversi."
Dice sbrigativo.
"Ah...e ci vai d'accordo?"
"No direi di no. Lui è finanziere."
Sorride beffardo.
"Finanziere?"
Accenno un sorriso. "Qui a Roma ?"
"Si, ma non ci vediamo mai. Ho sempre preferito evitare mia madre e la sua famiglia."
Lo osservo ancora un po', per decidere bene come dirgli il pensiero che mi gira in testa, già da qualche minuto.
"Pensi che...se aveste avuto un infanzia diversa ora.."
Simone si mette a sedere, senza togliere lo sguardo dal mio.
"Questo non lo so, ma io la possibilità di avere una vita diversa l'ho avuta. Sono nato da un tradimento che mia madre ha avuto con un nullafacente, che a quanto dicono aveva molto fascino. Quando e' rimasta incinta mio padre e' scappato senza pensarci due volte. Lei non l'ha più visto, e lui non mi ha mai riconosciuto."
Proprio come Stefano, la sua voce nel raccontare queste vicende non fa trasparire emozioni, come stesse raccontando una serie tv.
"Suo marito che e' un dottore del Gemelli l'ha riaccolta in casa sua e ha riconosciuto anche me."
Io lo guardo senza sapere bene cosa dire.
"Perciò se ci pensi la mia è una buona famiglia, sono io che mi sono incasinato la vita da solo."
"Perché hai rifiutato la tua famiglia, ti trattavano male?"
Simone sospira leggermente.
"No. Questo mai. Però quando ho scoperto di avere un altro padre, ho incolpato tutti di avermi mentito e ho cercato di rintracciarlo, volevo guardarlo in faccia e avere un confronto con lui. La mia rabbia si è sviluppata tutta insieme, poi già conoscevo Lupo e insomma eravamo abbastanza agitati come adolescenti."
"L hai mai trovato tuo padre?"
"Si, ma non ne voglio parlare."
Si alza deciso e rimette il suo muro di distanza, tra me e lui.
"In compenso ho nonna Gina, lei è la madre di mio padre e..non ha mai perdonato suo figlio. Una cosa che abbiamo in comune."
Gli sorrido, ma prima che possa andare via glielo dico.
"Comunque volevo ringraziarti per prima...con Stefano e mi dispiace per come ti ha trattato.."
"Stefano e io siamo fatti così. Ora sono sicuro che sta rosicando anche perché stiamo parlando qui dentro, da soli."
Sento le guance arrossire.
"Tranquilla, se la prendera' solo con me."
Proprio in quel momento Stefano apre la porta e fulmina Simone con lo sguardo.
"Se avete finto, direi di andare via."
Simone sostenendo il suo sguardo, lo supera passandogli accanto.
E anche io mi avvicino a Stefano.
"Vuoi che ti riporta Simone a casa?"
Mi chiede in tono distante.
"No, mi porterai te a casa."
E senza aggiungere altro, mi dirigo fuori da quella stanza.
Salutata nonna Gina scendiamo tutti e quattro in silenzio, Checco con una ciotola piena di peperonata.
"Fai schifo per quanto mangi!"
Gli dice Simone.
"Ma questa è per Elisa, mica per me!"
Stefano e Simone lo guardano scettici, mi piace la loro complicità, anche dopo una litigata, anche dopo aver parlato del Duca, sembra che niente può toccarli o dividerli.
"Ci sentiamo più tardi.."
Dice Simone mentre sale in macchina, andando via insieme a Checco.
Io e Stefano sistemiamo le mie valige nella sua macchina senza parlare. Anche mentre guida e' silenzioso.
"Ti fa male?"
Gli dico guardando il graffio, ancora evidente, sul suo viso.
"No..e poi non mi dispiace, sarà un altra cosa che mi ricorderà di te."
Sento lo stomaco contorcersi.
"Giusto, questa è l'ultima volta che ci vediamo.."
"Nicole, io c ho provato..ci provo e ci riprovo. Ma lo vedi anche te, ogni volta succede qualcosa."
Lo osservo nel buio della macchina, con le luci dei lampioni che lo illuminano a tratti, mentre ci dirigiamo verso casa mia.
"Tu non ti fidi delle mie reazioni e hai ragione sono un animale."
"Queste sono cose che puoi cambiare, come io cambierò lati del mio carattere. Stare con una persona significa anche venirsi incontro." Sospiro.
"Però sono stanca, davvero sono stanca di convincerti di stare con me. Non posso rincorrerti sempre."
Lui mi guarda, poi da un occhiata veloce allo specchietto retrovisore e si accosta lungo la strada.
"Pensi davvero che mi devi convincere per stare con te?"
"Passo il mio tempo a dirti che io voglio te, che mi meriti perché, per quanto la tua vita sia un casino, per quanto a volte dai di matto, io voglio te. Scelgo sempre di stare con te."
"Io non ci dormo la notte da quando il Duca mi ha detto il tuo nome, sa che sto con te e so che può arrivare a te. Guarda cosa' ha fatto a Francesco con la palestra. E questo solo per vendicarsi. Se lui...se lui arrivasse a fare qualcosa a te.."
Tira un pungo al volante e mi fa sobbalzare.
"Scusa, io non ci posso pensare."
"E pensi che la soluzione sia quella di lasciarci??"
Stefano mi fissa.
"Tu ne vedi altre?"
"Io..no" riesco a dire solo questo.
"Vieni qua.."
Si sporge e mi stringe in un abbraccio forte, inondandomi del suo profumo.
"Non sono sicuro di riuscire a starti lontano."
I miei occhi si appannano di lacrime che cerco di trattenere, lo stringo forte e ci perdiamo in quell'abbraccio per tutto il tempo che ci serve.
Poi ci allontaniamo e non posso smettere di pensare che questa e' l'ultima volta che lo vedo. L'ultima volta che posso toccarlo, respirarlo e senza pensare lo bacio.
E lui che non se lo aspetta, ricambia subito nello stesso modo.
"Non piangere Nicole, perché così mi uccidi.." Mi sussurra a un millimetro dalla mia bocca, con gli occhi chiusi e le guance bagnate dalle mie lacrime.
Tiro su con il naso e mi allontano da lui.
Mi sistemo sul mio sedile.
"Portami a casa.."
Dico con una rassegnazione che è quasi inevitabile, ormai.
Lui non smette di guardarmi.
"Non mi guardare così, perché non sono tanto forte come credi."
Gli dico senza riuscire a guardarlo negli occhi. Lui, in tutta risposta accende la macchina e riprende la strada.
Arrivati davanti casa mi aiuta a portare dentro le valige.
Si guarda intorno, mentre io mi siedo sullo sgabello in cucina, inerme e sfinita.
Lui si avvicina, prende il mio telefono e inizia a scrivere un numero.
"Che fai .."
Gli chiedo e vedo i suoi occhi lucidi.
"Questo e' il numero di Simone. Se dovesse succedere.... o se io non potessi rispondere e te hai bisogno..."
Non finisce la frase e posa il telefono nella mia mano.
"Se io in questo periodo che stiamo lontani riuscissi in qualche modo a liberarmi di lui..."
"Vuoi farmi un'altra promessa? Che magari tornerai?...Non ce ne siamo già fatte troppe?" La mia voce non ha rabbia, solo stanchezza.
"Non ti faccio promesse. Però tu ..tu resterai sempre qui, nel mio cuore Nicole."
"E tu ti sei già preso il mio..."
"Io tornerò. Voglio tornare a stare con te."
Lo guardo, ma una parte di me non riesce a credere a quelle parole, e non per lui, ma per tutto quello che ci divide, quello che fino a ieri mi sembrava un mondo lontano da noi, adesso lo vedo tutto come un ostacolo insormontabile.
Mi bacia sulla fronte forte e senza aggiungere altro esce di casa.

Anche Agosto e' finito e per me significa tornare al mio lavoro e cercare di riprendermi ancora una volta dalla sua assenza.
E' passata più di una settimana e non l'ho sentito.
Per un intera settimana mi sono chiusa in casa, fingendo con mia madre di trovarmi ancora a Frascati con lui, non avevo forza di affrontarla e spiegarle poi cosa? Bugie su bugie.
Emma, l'unica ovviamente a conoscere la verità e' rimasta molto male e da buona amica mi ha detto che devo reagire, ma piano, senza pretendere troppo da me, con i miei tempi.
Tornare al lavoro dopo due settimana di stacco, sopratutto dopo due settimane così intense, e' un leggero trauma.
L'odore dell'ufficio e' sempre lo stesso, sa di inchiostro e di legno, quello dei mobili al suo interno.
Rivedere Alessia abbronzata e rilassata e' una cosa che adesso non sopporto, soprattutto perché da quando ci siamo sedute, non fa altro che parlare della Puglia.
Della sua vacanza, del mare cristallino, dei giochi in spiaggia per Lorenzo, suo figlio, di come hanno mangiato bene ecc ecc ecc ...
"Te invece Nicole?? Dove sei andata??"
Mi chiede un po' troppo esuberante, mentre l'avvocato sta sistemando delle pratiche vicino a lei.
"Io...ho passato un po di giorni a Frascati.."
Alessia mi osserva un po' delusa, ma cerca di non darlo a vedere.
L'avvocato lo nota, e mi sorride in segno di comprensione.
"E cosa c è di bello a Frascati ??"
Continua lei.
"Il vino."
Rispondo secca.
Alessia sembra stizzita, so benissimo che per lei, una donna non dovrebbe bere e tutte quelle cose lì, per questo ho risposto in quel modo.
L'avvocato continua a ridere cercando di non farsi vedere da Alessia, io mi rimetto con la testa sui mille fogli da riordinare e con questo, spero che il discorso vacanze sia finito, una volta per tutte.
L'ora di pranzo arriva veloce e Alessia scende al bar, sotto lo studio, per mangiare qualcosa.
Io non ho molta fame e resto incollata al pc, ma poco dopo vedo arrivare l'avvocato.
"Allora ti sei divertita a Frascati o hai solo bevuto vino?"
Chiede ridendo e porgendomi uno dei due caffè che tiene in mano.
"Grazie, ci voleva proprio.. scusi per prima ma da quando siamo arrivate, non fa altro che parlare della Puglia!"
L'avvocato ride.
"La conosco bene, so che a volte può risultare un tantino invadente.."
Annuisco con foga, mentre bevo il caffè.
"Per il resto come va? Come stai Nicole?"
I suoi occhi azzurri e profondi mi leggono dentro.
"Si riferisce a qualcosa in particolare.."
"A quel tuo amico con diciamo amicizie pericolose, hai provato a parlarci, gli hai detto se ha bisogno di .."
Lo interrompo con delicatezza.
L'ultima volta che abbiamo affrontato il discorso, gli avevo detto di non avere più alcun legame con questo 'amico', evidentemente non mi ha creduto.
"Si...io credo di averlo aiutato come potevo e ..non è bastato, perciò .."
Lui mi guarda interrogativo.
"Perciò ..inutile parlarne. Abbiamo troncato la nostra amicizia."
Abbasso lo sguardo, pregando che non aggiunga altro.
"Capisco..forse è stato meglio così..anche se dalla tua espressione, non condividi la mia idea."
Faccio un bel respiro e decido di buttare fuori i miei pensieri. O almeno alcuni di essi.
"Avvocato, lei ne ha sicuramente visti tanti di ragazzi incasinati e ...come si fa a uscire da certe cose, come...sembra sempre tutto così incatenato e difficile...come se non ci fosse soluzione.."
"Nicole quando si parla di certe dinamiche e' difficile ogni giorno e ogni scelta che viene fatta . Un conto è fare qualche sciocchezza, commettere un errore.
Un altro e' far parte di una criminalità organizzata, dove ogni membro e' legato con gli altri. E se ne cade uno, quasi sempre porta giù gli altri o quantomeno apre una falla, in quella organizzazione."
"Perciò uno non può svegliarsi una mattina e dire cambio vita, non lo può fare ..e se l'unica soluzione e' denunciare ..."
Non finisco la frase, non so neanche se ho parlato troppo.
"Posso darti un consiglio ..?"
I miei occhi lucidi lo fissano e so già cosa vuole dirmi.
"Questo ragazzo da quanto posso aver appreso si trova in una posizione molto scomoda e forse molto vicina a questo Duca. Se non vuole denunciare l'alternativa e' ...scappare via da Roma. Per scappare intendo sparire completamente, via fuori dall'Italia. In questo modo può ricominciare una vita, e anche in quel caso deve avere molta fortuna. E non deve lasciare niente dietro di lui, familiare ..affetti..niente."
"Avvocato io, non so neanche perché le ho detto queste cose, davvero deve scusarmi ...lei sa che non metterei mai lo studio e il suo nome in una posizione scomoda, io non permetterei mai.."
"Nicole, ti sto parlando come fossi mia figlia adesso."
Lo guardo e non posso fare altro che ringraziarlo.
"Stai sempre molto attenta Nicole, non è gente che scherza."
Prima che posso aggiungere altro, la porta dello studio si apre e Alessia ritorna alla sua scrivania.
Capisce che ha interrotto qualcosa, ma prima che si intrometta l'avvocato, prontamente le  sorride e torna nel suo studio.
Mentre io mi nascondo tra i miei fogli, per non farle vedere i miei occhi lucidi.

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