Il rumore tutt’altro che ritmico della penna sul foglio; le chiacchiere non tue, felici, sussurrate nella tarda notte; il sapore aspro dei pensieri che si formano; la luna splendente ma celata sotto uno strato di cupe nuvole; le coperte pesanti che si adattano al corpo stanco come la pelle di un ghepardo ai suoi muscoli scattanti; il fruscio delle candide tende smosse da un timido vento; l’inesistente rumore delle macchine a troppo pochi kilometri di distanza; il più che presente canto dei grilli ballerini; l’aria fresca e nuova che si mescola al caldo della casa; gli occhi che osano chiudersi e minacciano di non aprirsi prima di un paio d’ore; quel ciuffo di capelli ingiustamente tormentato; il respiro pesante di un naso pieno; quel vizio terribile che si fa sentire, quello delle indifese unghie massacrate a sangue; l’abbagliate luce fastidiosa il quale disturbo si potrebbe indubbiamente togliere; la porta chiusa, sprangata che lascia il diritto di rimanere soli nel mondo; un cucciolo che abbaia, distante ma forte, potente; lo scoppiettio gradevolmente vivo del fuoco nel camino; l’odore pesante del fumo invisibile che si fa sentire, che inconsciamente potrebbe uccidere;
Questa è la mia vita, la banalità persistente delle cose non notabili o che non si vogliono far notare.
Questa sono io, la Non Scrittrice che le cose non notabili le nota, di più, le vive.
Se è bello? No. Certo che no.
Perché forse è giusto che qualcuno a tutto questo ci faccia attenzione ma non è giusto che quel qualcuno sia così solo da doverle notare per non impazzire.
O forse nel momento in cui le senti, le vedi, le tocchi, le annusi, le gusti sei già pazzo, non saprei. D’altronde chi lo è non sa di esserlo. È una frase di una canzoncina da bambini, anche a me capitava spesso di intonarla, in realtà non sono sicura sia giusta. Se si riferisse proprio a questo?
Alla semplicità della vita semplicemente non vissuta. O alla normalità degli attimi normalmente non aspettati.
Perché si sa che i bambini sono la bocca della verità, loro, giusto o sbagliato che sia, non mentono alle cose importanti e nel momento in cui lo fanno non sono più bambini. È questo a renderci adulti, non il primo ciuffo di barba o il primo ciclo.
La verità e la bugia; il sogno e l’incubo; la gioia e la rabbia; l’amore e la gelosia; l’amicizia e l’impotenza; la pace e la guerra; il dolore e la speranza.
Relativamente: il bene e il male o il male e il bene ?
La realtà. Solo semplicemente, crudelmente, inaspettatamente, la realtà.
E in questa semplice crudele e inaspettata realtà esiste forse un sprazzo, se pur distorto, di felicità? Che cos’è, poi?
La felicità è come il “p greco”, la si studia, è un’importante ispirazione per troppi capolavori, ma sono in pochi a conoscerla per esteso. È formata dal numero intero, che essenzialmente sei tu e poi c’è la parte decimale che non sono cifre in ordine come uno due e poi tre, perché la felicità non è mai un crescendo o un diminuendo ma ti prende alla sprovvista, esplode e come ogni esplosione spesso quando si spegne si trovano dei feriti.
Mettiamola così: io sono una bomba atomica. Cosa provoco? Dipende dal punto di vista.
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Perché le storie devono avere un titolo?
General FictionLe storie si basano spesso su cinque domande: chi, come, dove, quando e perché.Non questa. Cos'è questo racconto? Pensieri, una lunga indeterminata serie dei miei stravaganti pensieri, i quali conducono alla storia di una vita alquanto poco vissuta...