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22.12.2013 ore 21:46

《Come sta la nonna?》 

Ci volle grandissima concentrazione d'equilibrio per mantenere l'ombrello alzato con la mano sinistra, la busta della spesa mantenuta sul petto col braccio destro, e il telefono sorretto tra la spalla e l'orecchio. Fu uno sforzo immane anche sentire la voce di sua madre provenire dal telefono, tra lo scroscio della pioggia battente. 

Potrebbe stare meglio...tra poco dovrebbe arrivare il medico. Maryanne ha chiesto di te. Si è appena diplomata sai? Accennò un sorriso, avvertendo la nostalgia della sua piccola cuginetta e della sua famiglia.

Sua madre era tornata in Nuova Zelanda dai loro parenti per le feste, ma più che altro per salutare un'ultima volta la madre, nonna Daewoon. Anche lui sarebbe dovuto tornare lì con lei, ma un maledettissimo esame prenotato per il 26 dicembre l'aveva costretto a restare con i piedi bloccati sull'asfalto di Seoul. Non poteva più rimandare gli esami, aveva già ventiquattro anni e aveva iniziato l'università da molto poco, ed era solo grazie a borse di studio e al suo adorato lavoretto part time nella pasticceria shabby in centro, che aveva avuto l'opportunità di frequentarla. 

《Dille che la saluto e che mi manca tanto, mi mancano tutti.》

Senz'altro. adesso devo andare che è appena arrivato il medico. Ci sentiamo domani tesoro, d'accordo? 《Va bene, ciao mamma.》 Salutò la madre e attaccò.

Cercò di raddrizzarsi meglio con le spalle e ripose il telefono in tasca. La strada era illuminata dai grandi lampioni e dalle luci della città, che si affievolirono un po' quando svoltò l'angolo verso il suo palazzo. Mise il turbo sotto i piedi e velocizzò il passo, per nulla contento di dover attraversare il brutto vicolo in cui abitava.

《Cazzo.》 Proprio mentre era assorto tra i suoi pensieri, ma allo stesso tempo attento ad ogni movimento, si ritrovò davanti un ragazzo vestito completamente di nero, inzuppato dalla testa ai piedi che cercava qualcosa nelle tasche. Aveva appena tirato un calcio alla macchina parcheggiata davanti a lui, con degli enormi anfibi neri. 

Jimin assottigliò lo sguardo, e solo quando il ragazzo si passò una mano tra i capelli bagnati, si rese conto di chi fosse. 《Jeon Jungkook? Che diavolo ci fai qui?》

Cosa ci faceva il più grande antipatico, maleducato, egoista ricco sbruffone della WOOK University in un quartiere come quello? O meglio, aveva frequentato la facoltà di economia, ma aveva ormai lasciato da pochi mesi. Girava voce che fosse stato espulso per pessima condotta. Jimin aveva avvertito il sensore che non fosse stato per quello, ma per qualcos'altro. Comunque non si permetteva di fare supposizioni. D'altronde lo conosceva solo perché erano amici di amici.

E nonostante la cattiva nomea, i vestiti neri come la sua Porsche, l'aria di superiorità, il passato oscuro e il carattere scontroso, tutti pendevano dalle sue labbra. Tutti tranne Jimin, naturalmente. Lui proprio non le sopportava le persone come Jeon Jungkook. Una volta ne aveva avuto pure la prova lampante.

Il ragazzo si girò verso di lui, e squadrandolo fece un sorrisetto. 《Hey-Oh Park, come te la passi?》 Tirò su col naso e si scostò altre ciocche di capelli ricci inzuppati, cercando il più possibile di non mostrare quanto stesse tremando per il freddo. 《Non trovo più le chiavi dell'auto.》 Rovistò di nuovo nelle tasche, con la mera speranza che se avesse ricontrollato l'ennesima volta si sarebbero materializzate lì, ma ciò non successe. 

《Complimenti.》

Jimin si avvicinò di qualche passo, e si accorse di un grosso livido e un taglietto sullo zigomo, ancora fresco. Sospirò, e lo fece perché sapeva benissimo che Jungkook fosse coinvolto in strani affari illegali, sicuramente poco raccomandabili. Le voci di corridoio giravano come trottole e il suo aspetto confermava sempre tutto.

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