Al cospetto del re

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2. AL COSPETTO DEL RE

 
Dieci anni prima
“Astrid, prendi solo il necessario!” gridò Logan.
Il virus era dilagato dappertutto. La gente moriva, si risvegliava e iniziava a vagare senza una meta e con la fame di carne umana. Nel giro di due mesi la situazione era precipitata in maniera irreparabile, i supermercati e le farmacie venivano prese d’assalto, le automobili venivano rubate all’ordine del giorno, le persone si picchiavano per uscire dalla città.
“Hunter, Yana, dobbiamo andare. Forza! Prendete le vostre cose.”
Astrid e Logan si davano da fare per raccattare lo stresso necessario per sopravvivere: pochi vestiti, medicinali e soldi. Era indispensabile lasciare Atlanta prima che venisse bombardata. Il giorno prima l’esercito aveva inviato un comunicato ai cittadini: entro ventiquattro ore la città sarebbe stata rasa al suolo dalle bombe.
“Astrid! Logan! Siete qui?”
Astrid si affacciò alla finestra e vide sua madre scendere dall’auto per entrare in casa.
“Mamma, che ci fai qui? Dovresti essere andata già via.”
“Iris ha fatto marcia indietro per venire a prendervi. Non possiamo lasciarvi da soli. Se moriremo, lo faremo insieme.”
Astrid abbracciò forte la madre, sebbene avessero fretta di andarsene. Forse quello era il loro ultimo abbraccio.
“Ella, sei qui!” esclamò Logan con un sorriso speranzoso.
La porta si aprì e Iris entrò con una mazza da baseball fra le mani.
“Non abbiamo tempo. Gli aerei militari si avvieranno fra un’ora.”
Astrid recuperò la sua valigia, andò in cucina e prese un coltello per qualsiasi evenienza. Iris la raggiunse per aiutarla a prendere le borse dei bambini.
“Hunter e Yana?”
“Li ha presi Logan. Andiamo, Astrid! Andiamo!”
Astrid salì sulla Range Rover di Iris, sedendosi dietro insieme a Logan e sua madre. Iris ingranò la marcia e a gran velocità guidò per uscire dalla città. Yana, seduta in braccio a Logan, piagnucolava. Dal canto suo Hunter, avvolse le esili braccia intorno al collo di Astrid e si strinse a lei. La ragazza lo abbracciò a sua volta, dandogli un bacio sulla testa.
“Andrà tutto bene. Te lo prometto.”
 
Oggi
Il sole cominciava a perdere luminosità, presto sarebbe diventato buio. Iniziava anche a fare fresco, ormai l’inverno si stava avvicinando e di notte la temperatura diminuiva di qualche grado.
“Facciamo una pausa. I cavalli hanno bisogno di riposarsi.” Disse Jerry, accarezzando la criniera del suo cavallo.
“Dieci minuti.” Accordò Carol.
Quando il carro si fermò, Hunter fu il primo a balzare giù. Yana, invece, aiutò Clara a mettere i piedi a terra.
“Dove vai?” chiese Astrid.
Hunter si bloccò e si voltò con il sopracciglio inarcato.
“A svuotare la vescica. Vuoi tenermi la manina mentre faccio pipì?”
“Idiota.” Borbottò Yana, alzando gli occhi al cielo.
Astrid sospirò, non era nello stato d’animo migliore per affrontare il brutto carattere del ragazzo.
“Sta attento. Non ti allontanare troppo.”
“E’ tuo figlio?” domandò Carol.
Era scesa dal carro e stava accarezzando il muso dei due cavalli che lo trainavano.
“Non è mio figlio. Io sono la tutrice legale di Hunter e Yana.” Disse Astrid, stiracchiando le braccia.
Si irrigidì quando la moto di Daryl fece dietrofront per parcheggiarsi lungo la linea bianca della strada.
“Ci fermiamo per far riposare i cavalli.” spiegò subito Jerry.
Daryl si limitò ad annuire. Si tolse i guanti di pelle, prese la boraccia dallo zaino e si scolò quasi tutta l’acqua.
“In che senso sei il loro tutore legale?” indagò Carol.
Astrid, che fino ad allora aveva osservato l’arciere, spostò lo sguardo sulla regina.
“Loro erano ospiti nella casa famiglia che avevo aperto insieme ad uno psicologo dell’infanzia. Io prima ero una assistente sociale. La casa famiglia era in funzione da un paio di mesi quando il virus ha distrutto il mondo. Loro sono stati i primi bambini di cui ci siamo occupati.”
“Quindi li avete portati con voi quando siete scappati.” Concluse Carol per lei.
Astrid regalò un sorriso a Yana, che ricambiò con un sorrisetto timido.
“Non potevo lasciare i miei ragazzi da soli. Non me lo sarei mai perdonato.”
Daryl intanto si era fatto più vicino, ora se ne stava appoggiato con il gomito sul dorso del cavallo bianco che trainava il carro.
“Come siete scappati da Atlanta?”
Remy notò che Astrid si era irrigidita, lo faceva ogni volta che l’arciere parlava. Decise di salvare la sorella dall’imbarazzo, quindi rispose per lei.
“Mia moglie Iris ha portato me, Astrid, nostra madre e i bambini fuori dalla città. Sulla statale abbiamo incontrato Ryan, che era il nostro vicino di casa, e abbiamo proseguito insieme. E’ stata dura prima di raggiungere la Guardia. Ci siamo rifugiati in un museo, poi in una industria tessile e alla fine abbiamo trovato un posto sicuro alla Guardia.”
Carol brandì l’arco quando si udì il rumore di foglie e rami spezzati. Da dietro un albero emerse la figura di Hunter intento ad aggiustarsi il cappuccio della felpa sulla testa rasata.
“Oh, sei tu.” Soffiò Carol, tranquillizzandosi.
“Dobbiamo ripartire. Se ci muoviamo, possiamo tornare entro stanotte.” Disse Daryl.
Tutti tornarono alle proprie postazioni e ripresero a muoversi in religioso silenzio.
 
Era all’incirca mezzanotte quando furono visibili i cancelli del Regno. Avevano deciso di proseguire anche di notte per non restare allo scoperto troppo a lungo, soprattutto perché con loro c’era una bambina.
“Aprite i cancelli. La regina è tornata!” annunciò Jerry.
Ad attenderli al varco c’era Ezekiel, le braccia spalancate e un sorriso allegro a illuminargli il viso.
“Finalmente siete qui!”
Hunter e Yana scesero per primi, l’eccitazione era dipinta nei loro occhi. Astrid aveva le gambe intorpidite e impiegò qualche minuto in più per smontare dal carro. Solo Remy non si era mossa, un po’ imbarazzata di fronte agli estranei.
“Ci penso io.” disse Astrid.
Recuperò la sedia a rotelle sgangherata, dopo dieci anni e mille peregrinazioni i bulloni cominciavano a cedere. La sistemò sull’asfalto e posò il sottile e usurato cuscino sui cui era solita sedere la sorella. Benché fosse stracciato in più punti, quel cuscino era stato ricamato a mano dalla madre e lo tenevano come ricordo.
“Aspetta, ti aiuto io.” si propose Daryl.
Astrid guardò Remy, che annuì, e lasciò campo libero all’arciere. Nel frattempo gli altri stavano raccontando in breve quanto era successo, con Jerry che ogni tanto enfatizzava un po’ troppo gli eventi.
“Grazie, Daryl.” Disse Remy con un sorriso.
Daryl fece spallucce e allungò le braccia per sollevarla. Era leggere, pertanto fu facile sposarla dal carro alla sedia a rotelle. Astrid si premurò subito di aiutarla a mettersi comoda.
“Ecco il mio genio preferito!” disse Ezekiel, ridendo.
Lui e Remy si abbracciarono e risero per qualche battuta sulla chimica. Hunter e Yana stavano mostrando a Clara la schiera di case davanti a loro.
“Grazie.” Mormorò Astrid, mordendosi le labbra.
Daryl la guardò per un breve istante, poi abbassò gli occhi nel totale imbarazzo.
“Mmh.”
Astrid avrebbe voluto dire altro, ma Ezekiel era arrivato a lei per i saluti.
“Piccola Astrid, non sei più tanto piccola.”
“All’epoca avevo ventidue anni, Ezekiel. Di piccolo in me non è rimasto nulla.”
Mentre loro si abbracciavano, Daryl studiò meglio la ragazza. Doveva ammettere che era carina, piuttosto alta e forse troppo magra ma questo era dovuto alle condizioni alimentari pessime. Aveva i capelli lunghi fino a metà schiena, castani, ma aveva notato che alla luce del sole vi erano dei riflessi ramati. E poi aveva due grandi occhi color marrone chiaro che gli trasmettevano una strana sensazione, aveva l’impressione di averli già visti.
“Daryl, ti sei imbambolato?”
Carol stava ridendo per l’espressione confusa dell’amico, era raro vederlo tanto smarrito. Stava guardando la nuova arrivata con troppa insistenza, specialmente per uno come lui che non aveva mai manifestato interesse per qualcuno.
“Smettila.”
 
“Questa sarà la vostra dimora durante il vostro soggiorno.” Disse Ezekiel.
La casa era a due piani, con la scaletta d’accesso e anche una rampa inclinata per permettere a Remy di muoversi in libertà. All’esterno era fatta di mattoni a vista, qualche vecchio vaso giaceva qua e là con fiori secchi ammassati nel terriccio. L’interno, a dispetto delle apparenze, era piccolo ma accogliente. Il primo piano riguardava cucina e soggiorno, entrambi ambienti di modeste dimensioni ma dotati di ogni tipo di confort. Astrid quasi si commosse quando vide un microonde sul ripiano della cucina.
“Di sopra ci sono soltanto due camere da letto matrimoniali.” Continuò il Re.
“Io non dormo con Hunter perché russa e fa le puzzette.” Disse Yana con voce risoluta.
Hunter le mise un braccio intorno alle spalle e le scoccò un sorriso divertito.
“Ti mancherò, vedrai. La separazione è sempre dolorosa.”
Astrid spesso si chiedeva quando Hunter avrebbe confessato i propri sentimenti a Yana. Alla Guardia dormivano nella stessa camera, e con loro c’era anche Clara, e forse ora Yana temeva di dover sopportare Hunter da solo.
“Yana dormirà con Remy sul divano-letto, io dormirò con Clara in una camera e Hunter nell’altra.” Disse Astrid, pragmatica.
Tutti accettarono quella soluzione di buon grado. Almeno quei problemi banali potevano essere risolti. Ezekiel andò alla porta e si girò per salutarli con il suo solito sorriso gentile.
“Allora io vi lascio ad ambientarvi. Domattina parleremo del lavoro da fare. Buonanotte!”
 
Quando Remy si svegliò, il posto accanto a lei era vuoto. Lentamente si mise seduta sul letto ed emise un sospiro stanco, non dormiva mai bene quando cambiava letto. Si aggrappò ai braccioli della sedia a rotelle e con uno scatto agile si trascinò su di essa. Per fortuna il divano-letto le dava la possibilità di muoversi in piena autonomia. Le camere al secondo piano sarebbero state un ostacolo per via delle scale.
“Qualcuno è sveglio?”
Si affacciò alla portafinestra della cucina e vide che Yana stava meditando. Proprio come sua madre, anche la ragazza aveva scelto la via della religione induista. Astrid sosteneva che quella scelta aiutasse Yana a sentirsi vicina alla madre scomparsa e al paese natio che forse non avrebbe mai visto. Fece un respiro profondo, sorrise e riaprì gli occhi.
“Ehi, Remy!” esclamò Yana.
“Buongiorno. Hai fame? Il frigo è pieno di cibo.”
“Potremmo preparare la colazione per tutti.” Disse Yana.
Remy annuì con un sorriso, era bello fare una cosa normale per la prima volta. Le due si misero ai fornelli per preparare caffè, latte e frittelle dolci. Yana apparecchiava e Remy riempiva i piatti.
“Remy, posso chiederti una cosa?”
“Certo.”
Yana si avvolse una ciocca nera intorno al dito, incerta se porre o meno quella domanda.
“Astrid sta bene? Mi sembra … tesa, ecco.”
“Astrid non sta mai bene. Lo sai che si agita per tutto. Questo trasferimento è un colpo piuttosto duro per lei.”
Remy impiattò le frittelle una sopra l’altra distrattamente, pensava all’ansia che stava attanagliando la sorella minore e allora le sembrò che cucinare fosse una cosa stupida. Yana rubò una frittella dal piatto e la immerse nella marmellata di more prima di mangiarla.
“Non resteremo qui per molto, vero? Insomma, aiutiamo Ezekiel a sistemare questo posto e poi torniamo alla Guardia.”
“Presto torneremo a casa.” Confermò Remy.
Una decina di minuti dopo Hunter entrò in cucina con la faccia assonnata e i segni del cuscino ben evidenti sulla guancia. Annusò l’aria come un segugio esperto.
“Sento odore di cibo. Dov’è? Muoio di fame.”
Yana gli indicò il piatto di frittelle e la caraffa di latte, conosceva bene i gusti del ragazzo. Hunter si gettò a capofitto sulla colazione come se non mangiasse da secoli. Poco gli importava di sbrodolarsi il mento con lo sciroppo d’acero.
“Buongiorno!” disse Remy, entusiasta.
Astrid era appena comparsa in soggiorno con Clara mezza addormentata fra le braccia. Yana fece sedere la piccola a tavola e le versò un bicchiere di latte, invitandola a svegliarsi del tutto. Astrid, dopo una notte insonne, si buttò sulla sedia come un fiore secco che si affloscia.
“Buongiorno a voi, più o meno.”
Prese una frittella dolce e la mangiò piano, mentre Remy le offriva una tazza bollente di caffè. Passò i minuti successivi in silenzio, fissando una venatura nel legno del tavolo con espressione assente. La sua mente l’aveva tenuta sveglia per tutta la notte mandandole flash di quella fatidica serata di dieci anni fa. Rivedeva se stessa giocare a freccette, vedeva la mano dello sconosciuto, e rivedeva quel dannato gilet di pelle nera.
“Vado io!” stava dicendo Yana.
Astrid fu riportata alla realtà dal campanello che suonava. Poco dopo Ezekiel fece il suo ingresso, un sorriso gentile per salutare tutti.
“Il sole splende alto oggi, sarà una bella giornata! Voi siete carichi?”
“Sì!” disse Remy, l’unica attiva a quell’ora del mattino.
“Ragazzi, a voi cosa piacerebbe fare?”
“Vorremmo renderci utili.” Rispose Yana.
Hunter la guardò con un cipiglio a corrugargli la fronte.
“Ah, davvero? Credevo avremmo dormito tutto il giorno.”
Yana gli diede un pugno sulla spalla e scrollò la testa.
“Io e Hunter saremo felici di essere utili alla comunità, Vostra Maestà.”
Le voci diventavano sempre più flebili mentre lo sguardo di Astrid si assottigliava per sbirciare attraverso la portafinestra. Vide Daryl che stava controllando le punte delle frecce con una tale serietà da farle venire il dubbio che fosse una statua. Più lo guardava e più la sua mente le mostrava l’ombra di due ali bianche d’angelo.
“Astrid?”
Lentamente si riscosse dai suoi pensieri. I presenti la guardavano con fare interrogativo.
“Sì, sì, anche io vorrei rendermi utile.”
“Molto bene. Ci vediamo fra mezz’ora in Teatro. Buona colazione.” Disse il Re.
 
Stavano attraversando il centro del Regno quando Astrid vide una panchina nuova di zecca collocata sotto un salice piangente.
“Voi andate avanti, vi raggiungo fra poco.”
“Va bene.”
Remy e i ragazzi proseguirono fino al Teatro per poi svanire al suo interno. Nel frattempo Astrid si era chinata sulla panchina per leggere la targhetta dorata che risplendeva alla luce del sole. C’era scritto A Henry, per sempre nei nostri cuori.
“Oh, no …”
Si dovette reggere al marmo solido della panchina per non cadere. Si portò una mano alla bocca nel tentativo di reprimere un singhiozzo, ma una lacrima le stava già solcando la guancia.
“Tutto bene?”
Daryl, che da lontano l’aveva vista piegarsi sulla panchina, era andato da lei per accertassi che stesse bene.
“Henry … lui …” tentò di dire la donna.
“E’ morto.” disse Daryl in tono asciutto.
Astrid si sedette sulla panchina e si passò le mani fra i capelli, era sconcertata da quella pessima notizia.
“L’ho conosciuto. Lui è stato con noi prima che Ezekiel e Jerry andassero via. Era un bambino molto dolce.”
Daryl si mosse a disagio, non era capace di consolare le persone.
“Era un bravo ragazzo.”
Astrid si asciugò le guance con le maniche della giacca e cercò di riprendere il controllo. Doveva tenere duro per sua sorella e per i suoi ragazzi. Ai piedi di Daryl c’erano uno zaino e la sua balestra.
“Stai andando via?”
“L’intenzione era quella, ma Carol vuole che resti qui per dare una mano.”
Astrid deglutì a fatica. La permanenza di Daryl al Regno significava altre notti insonni per lei, altri momenti di perdizione in cui la sua mente l’avrebbe punzecchiata con i ricordi del passato.
“Bene.”
Daryl la guardò con la coda dell’occhio, la donna era arrossita e a lui veniva da ridere. Sembrava proprio che Astrid avesse paura di lui. Forse aveva qualcosa da nascondere e temeva che un cacciatore esperto come lui potesse scovare il misterioso segreto? Questo era un ulteriore motivo per restare e indagare sulle due sorelle.
 
Remy sgranò gli occhi quando Astrid e Daryl entrarono insieme in Teatro. Erano una coppia bizzarra, lui troppo alto e piazzato e lei troppo minuta ed esile. Nella sala degli spettacoli c’erano una ventina di persone, alcune di loro erano armate a sottolineare il loro compito di guardie.
“Siamo al completo adesso.” Disse Jerry.
Ezekiel, seduto composto su una vecchia sedia di legno ben lavorata, si alzò in piedi per parlare.
“Ho già riferito a Remy i problemi del Regno: tubature che esplodono, impianto idraulico ed elettrico difettosi, calcinacci che crollano. Remy è una biochimica ma conosce anche nozioni di ingegneria, pertanto costituisce un valido aiuto per la nostra comunità. Inoltre, sua sorella Astrid e il nostro amico Daryl si sono messi a disposizione per aiutarci. Lascio la parola a Remy.”
Remy spinse la carrozzina al centro del palco per essere vista da tutti coloro seduti sulle poltrone. Era sempre sicura di sé quando doveva parlare davanti a una platea, e questo era dovuto al fatto che per anni aveva insegnato all’università come tutor.
“Come ha già detto il Re c’è molto lavoro da fare e poco tempo per farlo. Non abbiamo tutto il materiale necessario, quindi dobbiamo costruirlo da soli. La mia idea è quella di formare dei piccoli gruppi e che ciascuno gruppo lavori a un guasto da riparare. Io elaborerò i progetti, realizzerò i disegni dei congegni da riparare in modo che voi possiate procedere seguendo le istruzioni che vi indicherò. Io, Ezekiel e Jerry penseremo alle tubature perché sono la massima priorità. Alfred, Madison e Angela penseranno alla manutenzione degli edifici insieme a Frank, Julie e Mark. Gli altri, invece, si occuperanno della piccola manutenzione giornaliera. Carol, Patty e Kate aggiusteranno l’impianto elettrico col mio aiuto. Infine, Astrid e Daryl si occuperanno dell’impianto idraulico.”
Astrid si morse il labbro talmente forte da causare un taglio. Daryl dall’altra parte della sala le rivolse un’occhiata seccata, non sembrava particolarmente contento.
“Qualcuno ha delle domande?” volle sapere Ezekiel.
Un paio di mani si alzarono e Remy fu ben lieta di spiegare nei dettagli il lavoro da fare. Astrid, invece, affondò nella poltrona con il cuore che batteva all’impazzata. Come avrebbe sopportato la vicinanza di Daryl? Quella strana accoppiata era destinata al fallimento. Del resto, anche lui non era troppo entusiasta di quella collaborazione. Astrid vide l’arciere confabulare con Carol, entrambi gettavano occhiatacce nella sua direzione. Stavano di certo parlando male di lei. Il solo pensiero le fece aggrovigliare lo stomaco.
“Noi che facciamo?” chiese Hunter.
“Tu potresti spalare il letame.” Replicò Yana.
Hunter le fece la linguaccia e sprofondò nello schienale morbido della poltrona.
“Solo se tu vieni con me.”
“Scordatelo. Io aiuterò Remy a fare i disegni istruttivi.”
Yana era brava nel disegno, era una delle doti apprese da sua madre. Hunter, però, sapeva suonare la chitarra e aveva una bella voce intonata, anche se si esibiva di rado davanti agli altri.
“Io allora andrò in giro a conquistare ragazze.”
“Neanche un vagante cadrebbe ai tuoi piedi.” Disse Yana, ridendo.
“A meno che io non lo ammazzi.”
I due ragazzi si misero a ridere, riportando Astrid alla realtà circostante.
“Chi devi ammazzare?”
Hunter si girò verso di lei e sghignazzò, era divertente l’espressione vacua della donna.
“Hai fumato erba? Hai gli occhi rossi.”
Astrid evitò di dire che aveva pianto per Henry, non voleva mostrarsi debole davanti a loro. Ecco perché sbuffò, irritata dalle stupide battute di Hunter.
“Yana ha ragione quando dice che sei un idiota.”
“Un idiota dall’aspetto irresistibile.”
Astrid scosse la testa, però in cuor suo sapeva che Hunter usava quelle battute come meccanismo di difesa. Era un ragazzo complicato, spesso aveva scatti di ira e non era incline ai rapporti umani. Proteggersi da eventuali dolori per lui era diventato fondamentale.
“Ciao!”
Jerry si avvicinò con il suo consueto sorriso bonario, una caratteristica che non lo aveva mai abbandonato negli anni. Astrid ricambiò con un mezzo sorriso, era ancora frastornata dalle direttive della sorella.
“Ciao, Jerry. Qualcosa non va?”
“Va tutto bene. Volevo dirti che, sei vuoi, Clara può stare con mia moglie e i miei figli mentre tu e Remy siete a lavoro. Abbiamo dei giochi che potrebbero piacerle.”
Astrid guardò Clara sulla poltrona accanto a sé, si stava appisolando su quel velluto morbido.
“Hai sentito, Clara? Puoi giocare tutti i giorni con gli altri bambini. Ti va?”
“Sì.” rispose timidamente la piccola.
Jerry le scompigliò i capelli con affetto.
“Allora domani mattina ti passo a prendere e ti porto a casa mia.”
 
A pranzo Astrid e gli altri erano stati invitati a casa di Ezekiel. Era l’abitazione più grande e sontuosa, ma già a prima vista i cardini della porta sembravano sul punto di cedere. Ad accoglierli sulle scale c’era Carol con un sorriso.
“Benvenuti. Entrate, prego. Ezekiel sarà qui a minuti.”
“Suppongo che essere il Re lo tenga molto impegnato.” Disse Yana.
Era una ragazza squisita, sempre educata e ben disposta verso gli altri. Si faceva voler bene da tutti per quella sua indole dolce.
Remy rimase interdetta poiché davanti a lei si presentavano quattro gradoni spessi. Astrid intercettò subito i suoi dubbi.
“Hunter, ci pensi tu alla carrozzina?”
“Sì.”
Hunter mantenne ferma la carrozzina mentre Remy avvolgeva le braccia intorno al collo di Astrid. Salì a fatica le scale, sebbene il peso di Remy fosse leggero. Hunter raggiunse di corsa la porta, aprì la carrozzina e aiutò Remy a risedersi.
“Grazie.” Disse Remy.
Astrid le strinse la mano e annuì, non c’era bisogno dei ringraziamenti. Era sua sorella e avrebbe fatto di tutto per lei. Hunter e Remy furono i primi a entrare nella dimora reale, che all’interno era segnata da crepe sulle pareti e calcinacci sui mobili.
Astrid si ritagliò qualche secondo per specchiarsi alla finestra e sistemarsi i capelli in uno chignon accettabile. Mentre malediva le occhiaie scure, sobbalzò quando nel vetro della finestra vide il riflesso di Daryl.
“Non volevo spaventarti.” Disse l’arciere.
Lei si sentì mortificata per essere stata colta nell’atto di specchiarsi. Quel breve momento di vanità poteva costarle caro dato che Daryl non dava l’impressione di essere uno che si guarda spesso allo specchio.
“Non fa niente. Ti serve qualcosa?”
“Sì, mangiare.”
Daryl la sorpassò per entrare in casa e dirigersi direttamente in sala pranzo. La vita di Astrid stava decisamente peggiorando.
 
Daryl era impegnato a ingurgitare quanto più possibile, ignorando del tutto la conversazione che si stava tenendo a tavola. Non era un chiacchierone, non amava parlare se non era necessario. Amava la solitudine, gli spazi aperti e andare a caccia. Da solo poteva essere se stesso. A dargli noia erano anche le chiacchiere infinte di Ezekiel che tirava fuori un argomento dopo l’altro. Remy e Carol lo assecondavano per non farlo sentire in imbarazzo. I ragazzi si lanciavano molliche di pane e ridacchiavano tra loro. Solo Astrid stava in silenzio, gli occhi fissi sul piatto che aveva toccato a stento. Clara stava in braccio a lei e le tirava l’orlo della maglietta per gioco.
“Quello lo mangi?” chiese lui, ancora affamato.
Astrid era dapprima confusa, poi capì che si stava riferendo alla zuppa nel piatto ancora intonsa.
“Prendi pure. Non ho molta fame.”
Daryl agguantò il piatto e in poche cucchiaiate spazzolò la zuppa, poi bevve un sorso d’acqua per mandare tutto giù. Si accorse che Astrid aveva spezzettato il pane senza mangiarlo davvero, e lo stesso valeva per il bicchiere d’acqua ancora intero.
“Dovresti mangiare. Quelle ossa hanno bisogno di carne.”
“Quali ossa?”
“Le tue.”
A Daryl non erano sfuggite le ossa sporgenti della donna, le clavicole accentuate, i fianchi spigolosi e le guance scavate. Tutta quella magrezza stava a significare che le scorte della Guardia non erano poi così abbondanti.
“Sto bene così.”
Daryl le piazzò una fetta di pane imburrato nella mano e con la testa fece cenno al bicchiere d’acqua.
“Mangia.”
“Okay.” Sussurrò Astrid.
Mangiò sotto lo sguardo vigile di Daryl, e le spuntò un sorriso mentre beveva al pensiero che una minima parte di lui fosse preoccupata per lei. Poi il sorriso morì quando capì che quella preoccupazione dipendeva dal Regno: una persona malnutrita non poteva svolgere i lavori atti a salvare l’insediamento.
 
“Daryl. Sul serio, sorella? Hai deciso di farmi venire un esaurimento nervoso?”
Remy si sarebbe sbellicata dalle risate se Astrid non fosse stata tanto agitata. Dopo pranzo si era divise, lei era rimasta con Ezekiel per i disegni e la sorella aveva fatto un giro del Regno con Carol e i ragazzi. Si erano radunati a cena, ma Astrid era troppo irrequieta per mangiare e si era congedata con la scusa del sonno. Quando poi Remy era salita con l’aiuto di Hunter per la buonanotte, aveva trovato la sorella intenta a pettinarsi i capelli dopo una doccia calda.
“L’ho fatto per te. Devi capire se Daryl è lo sconosciuto di dieci anni fa, oppure questa faccenda ti farà impazzire. Lo vedo come ti irrigidisci quando lui è nei paraggi. Non puoi fare così.”
Astrid mise il broncio mentre si vestiva per la notte.
“Non è lo stesso uomo, fidati. E’ la mia testa che mi prende in giro.”
“Come fai a saperlo? Non puoi essere sicura che sia lui, ma non puoi neanche essere sicura che non sia lui.”
“Non sono sicura di nulla, Remy.”
Astrid si appoggiò alla parete e incrociò le braccia al petto, si sentiva troppo stanca per ragionare. Remy le prese la mano e passò il pollice sulle nocche.
“Mi dispiace non essere di grande aiuto. Lo sai che la mia mente è fatta di calcoli e formule matematiche. Non sono una persona romantica. Però, mia cara sorellina, so per certo che potrebbe essere bello scoprire che Daryl è quello sconosciuto. Le cose belle dovranno pur accadere.”
Astrid chiuse le dita intorno alla collana che indossava sempre, traendo forza da essa. Il ciondolo era una piastrina ovale con l’incisione di una frase in latino che diceva “animae duae, animus unus”, ovvero “due vite, un’anima sola”. Suo padre lo aveva regalato a sua madre per il loro ventesimo anniversario di matrimonio. Astrid lo aveva ereditato dalla madre in circostanze funeste, era l’unico ricordo materiale che aveva di lei.
“Dobbiamo pensare a troppe cose per perdere tempo con il passato. Che Daryl sia quello sconosciuto o no poco importa. Lo sai che Dorothy ha la precedenza.”
Remy le prese anche l’altra mano, un piccolo gesto per consolare la sorella.
“Ho portato tutta la documentazione con me. Quando non lavorerò per il Regno, studierò i documenti.”
“E io sarò al tuo fianco.”
Le due sorelle si abbracciarono perché, se c’era una certezza in quel nuovo mondo allo scatafascio, quella era la famiglia.
 

Salve a tutti! 🧡
Sto cercando di presentarvi i personaggi di volta in volta tramite i dettagli gettati qua e là.
La storia ha luogo sei mesi dopo la morte (sigh!) di Henry, Tara, Enid etc.
La collaborazione fra Astrid e Daryl sarà più difficile del previsto.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

Parabellum || Daryl Dixon Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora