In agguato

373 22 18
                                    

9. IN AGGUATO

Due giorni dopo
Yana era silenziosa mentre riponeva in valigia le ultime cose. Compiva le azioni meccanicamente, un automa a cui sono stati impartiti ordini precisi.
"Ho finito!" esclamò Hunter, entrando nella sua stanza.
La ragazza si riscosse e aggrottò la fronte, incredula che l'amico avesse terminato tanto in fretta.
"Intendi che hai appallottolato i vestiti? Allora sì, hai finito."
"Ognuno ha la propria tecnica per fare la valigia. La mia si basa sulla rapidità." Replicò lui.
Yana scosse la testa e si affrettò a chiudere la valigia, poi controllò di non aver dimenticato nulla. Hunter intanto si era spaparanzato sul letto, le mani sotto la testa e le caviglie incrociate.
"Non mettere i piedi sul letto, Hun." Disse Yana, scocciata.
Erano trascorsi due giorni dallo spiacevole episodio in piazza, e da allora si era chiusa in se stessa. Hunter la conosceva bene, lei era una persona solare e faceva male sapere che quegli insulti avevano oscurato la sua luce.
"Come stai? Davvero, intendo."
Yana si fermò e sospirò, era così stanca di fingere che tutto andasse bene.
"Forse hanno ragione, sai. Forse sono soltanto un rifiuto."
Hunter drizzò la schiena, gli occhi verdi sgranati per la rabbia.
"Non pensarlo nemmeno! Non hai nessuna colpa, Yana. Sono loro dei rifiuti umani."
La ragazza non si sforzò di sorridere o annuire, era troppo avvilita per essere cortese.
"E' così che mi vedono tutti? Per gli altri sono un'indiana dalla pelle marrone e basta."
Hunter si alzò, tutto il suo corpo era scosso dall'adrenalina. Furia e delusione si dibattevano in lui. Conosceva Yana da dieci anni, gran parte della sua vita in pratica, e saperla tanto triste lo dilaniava dentro.
"Loro non vedono un cazzo di te. Nessuno ti conosce. Nessuno sa quanto sei splendida."
"Non sono splendida considerati quegli insulti."
"E' che tu non vedi oltre il tuo naso."
Yana era confusa. Hunter era uno riservato, uno che non lasciava mai trasparire i suoi sentimenti, invece quella mattina era particolarmente prolisso al riguardo.
"Ma di che stai parlando?"
Hunter si morse il labbro fino a ferirlo, ma non si preoccupò del taglio procuratosi. La sua unica preoccupazione era Yana. Voleva vederla sorridere. Voleva renderla felice.
"Magari piaci a qualcuno, ma sei troppo impegnata a farti le paranoie per notarlo."
"Io che piaccio a un ragazzo? Mi sembra assurdo. Alla Guardia non abbiamo coetanei e qui mi prendono in giro. Nessuno è interessato a me."
Hunter si passò una mano sul viso, era esasperato. Non riusciva più a tenersi tutto dentro, sentiva di essere sul punto di esplodere. Doveva confessarle ciò che provava, oppure sarebbe impazzito.
"Sono io quel qualcuno."
"Qualcuno chi?" domandò Yana, ignara del tutto.
Hunter scoppiò in una risata isterica, era incredibile come lei non vedesse l'ovvio nelle sue parole.
"Mi piaci, Yana. Mi piaci da impazzire!"
"Shaap." Sussurrò Yana, la mano a coprirle la bocca.
Maledizione, aveva detto nella sua lingua hindi d'origine.
"Non capisco cosa hai detto ma non è un buon segno." Disse Hunter.
La ragazza si strinse nelle spalle, l'imbarazzo era alle stelle e lei non sapeva come gestire la situazione. Non aveva mai capito che Hunter provasse qualcosa per lei, ma ora ogni parola e ogni gesto diventavano più chiari.
"Hun, io ... io ... non so che dire."
Hunter abbassò lo sguardo e deglutì. Aveva messo in conto in quella reazione di indifferenza, eppure il suo cuore stava battendo lento mentre le sue speranze si spegnevano.
"Non importa."
Yana restò immobile a guardare il ragazzo lasciare la stanza. Quando fu sicura di essere rimasta sola, si mise a piangere.

Remy si assicurò che Astrid fosse distratta prima di sgattaiolare via. La sorella stava facendo il bagno a Clara, o meglio cercava di lavare i capelli della bambina che era tutta concentrata a giocare con il suo peluche. Sarebbero andate per le lunghe, perciò lei ebbe l'occasione per uscire di casa senza essere fermata. Aveva una meta precisa: casa di Daryl. Voleva chiarire alcune cose con lui prima di lasciare il Regno. Mentre spingeva la carrozzina lungo la strada principale, pensò che quella cittadina pittoresca sarebbe piaciuta ad Iris. Si sfiorò la fede che ancora portava al dito. Era l'unico ricordo materiale di sua moglie, pertanto l'avrebbe indossata per sempre. Dog le andò incontro e le scodinzolò intorno, contento di quella visita.
"Ciao, bello." Disse lei, accarezzandogli il muso.
Daryl, che aveva sentito il cane abbaiare, si era precipitato fuori. Stava fumando e non sembrava felice di quella interruzione.
"Ci sono problemi?"
"Vorrei parlare con te. Anzi, vorrei scusarmi per quanto è successo."
Daryl si avvicinò a lei e si appoggiò al tronco dell'albero che incombeva sul portico della casa.
"Scusarti per cosa?"
Remy capì subito che non sarebbe stato facile quel confronto, ma era necessario.
"Mi dispiace di aver detto che Astrid ha una cotta per te. Sono stata meschina. Ma ero frustata per via di Dorothy."
"Non devi chiedere scusa a me. Devi chiedere scusa a tua sorella, è lei quella che è stata umiliata."
"Io e Astrid abbiamo già fatto pace. Lei ha compreso il mio errore." Disse Remy.
Daryl inarcò le sopracciglia. Era davvero assurdo che Remy non avesse la minima idea di quanto Astrid stesse soffrendo.
"Astrid deve sempre capire gli errori, vero? Nessuno capisce lei."
"Astrid è una persona altruista e sempre disponibile a supportare gli altri." ribatté Remy.
"Infatti nemmeno sua sorella si accorge che sta cadendo a pezzi. Tu lo sai che Astrid ha smesso di mangiare perché la serra della Guardia è stata distrutta? Lo sai che ha preferito dare le sue razioni di cibo a voi per farvi stare bene? Lo sai che ha molta difficoltà a gestire l'ansia?"
Remy era allibita. Sembrava che quelle accuse l'avessero colpita in faccia come uno schiaffo. Aveva sempre creduto che Astrid fosse quella forte fra le due. Sua sorella sorrideva, aveva una parola gentile per tutti, si occupava dei ragazzi senza tirarsi indietro. La realtà, però, era ben diversa.
"Sono una pessima sorella."
"Sei tanto intelligente ma non ti accorgi che le persone attorno a te soffrono." Disse Daryl.
Con un fischio richiamò il cane e tornò in casa, ponendo fine a quella conversazione che aveva preso una piega differente da come se l'erano immaginata entrambi.

Carol aveva captato il malumore di Daryl solo dal modo in cui camminava. Lei e l'arciere avevano il compito di interrogare James per scoprire perché rubasse l'acqua, dove la portasse e se avesse dei complici.
"Stai bene? Sembri più irritato del solito."
"Tutto okay." Si limitò a dire Daryl.
Carol non insistette, sapeva che l'amico avrebbe parlato solo se avesse voluto. Daryl era una tomba quando si tratta di emozioni e sentimenti, preferiva seppellire tutto e sperare che i cadaveri non risorgessero.
"Ezekiel ha detto che dobbiamo andarci piano con James. Non vuole inimicarsi i Briganti."
"Ezekiel dice una marea di stronzate." Chiosò Daryl.
Aprì la porta della cella dove avevano tenuto James in custodia e depositò la balestra per terra. Dog si piazzò vicino all'arma, un monito per chiunque volesse attaccare briga.
"Ciao, Rapunzel." Esordì James con un sorriso.
Daryl, che non era in vena di scherzi, rimase impassibile. Il suo umore era nero e sfogare la tensione sul ragazzo sembrava un'ottima idea.
"Io faccio le domande e tu rispondi. Semplice."
"E se non rispondo che succede?"
"Succede che ti caviamo le risposte di bocca con la forza." Disse Carol, autoritaria.
James rise, sembrava divertito da quelle minacce.
"Essere sculacciato dalla regina sarebbe un onore."
Non potendo tollerare ancora quella boccaccia, Daryl spalancò il cancello della cella e spintonò James contro il muro.
"Rispondi o ti fracasso il cervello su quel muro. Perché rubavi l'acqua?"
"Per berla." Rispose James.
Carol alzò gli occhi al cielo, prevedendo un tortuoso interrogatorio.
"Non siamo qui per scherzare. Allora, perché rubavi l'acqua?"
"Per berla fino a esplodere." Disse James.
Daryl senza preamboli gli tirò un cazzotto che gli lasciò il segno sulla guancia.
"Alla prossima battuta ti pianto una freccia nel petto. Ora rispondi!"
James sputò il sangue a terra e fece un respiro per calmarsi.
"Mi è stato ordinato di rubare l'acqua."
"Da chi? Qualcuno del Regno è coinvolto?" domandò Carol.
"Dovresti provare a chiederlo ad Astrid. Sai, mi sussurrava i nomi all'orecchio mentre me la sbattevo."
Daryl gli tirò un altro pugno e questa volta James crollò sul pavimento con il sopracciglio che sanguinava. Il solo accenno ad Astrid lo aveva fatto andare in tilt, le mani che formicolavano mentre il sangue nelle vene scorreva veloce.
"Vediamo di capirci, stronzo: tu rispondi in maniera corretta e io non ti ammazzo di botte."
"La risposta corretta è questa: noi vogliamo Dorothy." Disse James.
Carol e Daryl si scambiarono un'occhiata: come era possibile che James sapesse di Dorothy? La cura era un segreto, o almeno così avevano supposto sin dall'inizio.
"Noi chi? In quanti siete?" volle sapere Carol.
La risata di James risuonò nella cella, l'eco che ingigantiva quel suono fastidioso.
"Non capite, vero? Non potete fermarci. Noi siamo ovunque in mezzo a voi. L'obiettivo era portare le sorelle Williams allo scoperto."
Quelle poche informazioni bastarono perché Daryl corresse fuori per raggiungere Remy e Astrid. Se James affermava il vero, il Regno non era più sicuro per loro.

Astrid e Jerry stavano caricando i bagagli sul carro quando un rumore rimbombò in tutto il Regno. Era uno sparo. Il fianco del carro esplose in una miriade di schegge di legno. Astrid si sentì afferrare per le spalle e tirare indietro. Credendo di essere attaccata, si dimenò fino a liberarsi.
"Sono io! Sono io!" stava dicendo Daryl.
Jerry era terra, il sangue fuoriusciva a fiotti da una ferita al braccio. Era stato centrato da un grande pezzo del carro. Astrid si tolse la felpa per tamponare la ferita, ma era necessario un intervento esperto.
"Daryl, aiutami a portarlo dentro."
Quando entrarono in casa, l'arciere sbarrò la porta incastrando una sedia sotto la maniglia. Remy era seduta sul divano, le mani sollevate in aria in segno di resa.
"Che cavolo è successo?"
Anche Yana e Hunter si erano precipitati in soggiorno, entrambi sembravano sconvolti.
"James e i suoi compari vogliono Dorothy." Spiegò Daryl.
Clara cercò di affacciarsi alla finestra ma Astrid l'acciuffò prima che ci riuscisse. Prese in braccio la bambina e la affidò alle cure di Yana.
"Come fanno a sapere di Dorothy?" chiese Remy, allarmata.
Daryl spiò attraverso la stoffa della tenda, peccato che da quel punto non avesse un'ampia visuale del Regno.
"Non lo so, ma il segreto deve essere uscito allo scoperto in qualche modo. Voi avete parlato con qualcuno? Avete menzionato la cura per sbaglio?"
Remy strinse al petto la scatola di latta che conteneva le istruzioni per la cura come se da essa dipendesse la sua vita.
"No. E' impossibile. Nessuno di noi può aver sparso la voce. Yana e Hunter lo sanno da una settimana scarsa. Clara non ne capisce molto. Io e Astrid non avremmo mai parlato della cura."
"Io non l'ho detto neanche a Nabila." Disse Jerry con un gemito.
Astrid diede un'occhiata alla ferita e arricciò il naso, il sangue continuava a uscire e la ferita andava pulita.
"Hunter, aiuta Jerry. Sai cosa fare."
"Certo."
Il ragazzo alla Guardia aveva fatto pratica con Bridget, il medico pediatrico che si occupava dei malati, e sapeva come comportarsi davanti a una ferita. Yana, che di solito lo aiutava sempre, questa volta si mantenne distante. Astrid avrebbe voluto sapere la ragione di quella distanza, ma non era il momento per gli affari di cuore.
"Chi ha sparato?"
"Qualche stronzo che sta con James." Disse Daryl, gli occhi fissi sulla strada.
La radio sul tavolo della cucina gracchiò un paio di volte prima che fosse udibile la voce di Ezekiel.
"Astrid, Remy, che cosa sta succedendo?"
Remy si spinse fino al tavolo e attivò la radio.
"Ezekiel, ci stanno attaccando. Qualcuno ha saputo della cura e ora la vuole per sé. Che facciamo?"
Daryl fece segno ad Astrid di avvicinarsi alla finestra. Le loro spalle si sfiorarono mentre entrambi guardarono verso un'ombra che si muoveva fuori dal cancello.
"Vi vogliono stanare. James ha detto che tutto quello che hanno fatto serviva a far uscire te e Remy dalla Guardia."
Astrid rifletté sugli eventi del mese precedente, dall'attacco dei Salvatori all'arrivo al Regno. Qualcosa nella sua mente cominciava a prendere forma seguendo la ragione.
"Non erano i Salvatori che hanno attaccato la Guardia. Se ci volevano stanare, è molto probabile che abbiano inventato che i Salvatori stavano andando a Cowart Lake."
"Questo vuol dire che quella gente sa della cura da tempo." disse Daryl.
"Qualcuno alla Guardia ha fatto la spia." Asserì Remy alle loro spalle.
Astrid si accasciò contro la parete per un momento, appesantita dal tradimento di un membro della sua comunità. Aveva lottato perché la Guardia prosperasse, perché la comunità fosse stabile, e qualcuno di loro si era venduto senza scrupoli.
"L'unico che sa della cura è Ryan. A meno che qualcun altro non l'abbia scoperto, lui è l'unico che potrebbe aver fatto circolare la voce."
Daryl vide la delusione stampata sui volti delle sorelle. Conosceva bene quella sensazione, quando le persone vicine ti tradiscono e non si pentono. Ripensò a Merle e alla sua alleanza con il Governatore, la mossa di un disperato tipica del fratello. Forse anche Ryan era stato costretto dalle circostanze a tradire la causa per vendere la cura.
"Dovete lasciare il Regno immediatamente." Disse Daryl con decisione.
"E come pensiamo di fare?" volle sapere Remy.
Daryl si grattò il mento con fare pensieroso, doveva trovare una soluzione in fretta. Astrid gettò una rapida occhiata alla stanza, soppesando le emozioni di tutti.
"Ehi, andrà tutto bene. Usciremo da qui."
Hunter, che stava fasciando il braccio ferito di Jerry, emise un verso strozzato.
"Smettila con queste cazzate, Astrid. Vogliono ucciderti, preoccupati di questo."
"Bada a come parli." Lo riprese Astrid.
A quel punto Hunter gettò nel lavandino la pezza sporca di sangue e si mise le mani sui fianchi, gli occhi verdi infuocati dalla rabbia.
"Smettila di dirmi cosa fare! Tu non sei mia madre! E non sei neanche la mia tutrice perché il mondo non è più quello di prima. Sai una cosa, Astrid? Tu non vali niente. Niente! E' Remy quella importante, è lei il genio che può trovare la cura. Tu sei solo una pessima spalla. Non sei sposata, non hai figli tuoi, non hai una vera occupazione in questo nuovo mondo del cazzo. Sei soltanto una babysitter!"
Tutti nella stanza trattennero il respiro. Per un secondo sembrava che la vita si fosse fermata. Astrid era inerte, stordita da quelle parola velenose. Aveva gli occhi lucidi e in procinto di lacrimare, ma neppure questo riusciva a fare.
"Hai ragione."
"Come, scusa?" fece Remy, la voce in falsetto per lo shock.
Astrid sorrise per mascherare l'amarezza, doveva essere forte in un momento tanto critico.
"Remy è il pezzo importante e questa gente la vuole. Noi daremo loro proprio quello che vogliono."
"Non capisco." Ammise Jerry, confuso.
"Vuole fare da esca." Disse Daryl.
Astrid si girò verso di lui e annuì, stupita che lui avesse capito immediatamente i suoi pensieri.
"Esatto. Io faccio da esca fingendo di essere Remy e voi uscite dal Regno. Jerry, sai dove possiamo trovare un auto?"
Jerry era ancora intontito dalla ferita, ma riuscì a fare mente locale per ricordare dove fossero le auto.
"Dovrebbe esserci una Jeep nel capannone dietro la chiesa. Che hai in mente?"
"Remy non può essere catturata per nessuna ragione, quindi deve arrivare ad Alexandria a tutti i costi. Jerry, te la senti di guidare la Jeep?"
"Posso farcela."
Astrid gli accarezzò il gomito a mo' di ringraziamento. Si girò in direzione della sua famiglia e assunse un'espressione determinata.
"Voi tutti andrete con via in macchina con Jerry. Fingendo di essere Remy, riuscirò a distrarre quelle persone e voi avrete la possibilità di allontanarvi dal Regno."
Remy ebbe un capogiro che la costrinse a chiudere gli occhi. Sperava fosse un incubo, ma tutto era come prima quando li riaprì.
"E tu come farai a venire ad Alexandria? Danno la caccia anche a te."
Astrid lanciò uno sguardo supplichevole a Daryl, voleva che lui andasse in suo aiuto. L'arciere accettò la sua muta richiesta con un cenno della testa.
"Astrid vi raggiungerà fuori città. Oltre i cancelli, lungo la strada che costeggia il fiume, c'è un cartello stradale per la riserva naturale. Fatevi trovare là e aspettate Astrid."
Astrid sbatté le mani per richiamare l'attenzione, un modo per stemperare l'agitazione che serpeggiava fra di loro.
"Io e Daryl andiamo fuori e facciamo da esca, nel frattempo voi usate la porta sul retro in cucina per arrivare alla Jeep. Remy, mi serve la carrozzina."
"Io non ce la faccio a portarla in braccio." Chiosò Jerry.
"Ci penso io." intervenne Hunter.
Il ragazzo sollevò Remy fra le braccia e Astrid si sedette sulla carrozzina. Daryl andò sul retro per ispezionare il vialetto, la precauzione non era mai troppa.
"Via libera. Andate! Andate!"
Yana strinse Clara fra le braccia e si precipitò dietro a Jerry, che aveva sguainato la spada per ogni evenienza. Attesero sulla soglia che anche Hunter si accodasse.
"Dovete andare." Incitò Astrid.
Remy le prese la mano e strinse forte, non era sicuro che si sarebbero riviste tanto presto.
"Noi ti aspetteremo. Vedi di sbrigarti, okay?"
"Okay. Ora andate!"
Quando rimasero da soli, Daryl sbarrò la porta e tornò in salotto. Astrid frattanto aveva recuperato le daghe e le stava fissando alla cintura. Le sue mani stavano tremando, faticava a sistemare i passanti dei jeans.
"Sei pronta?"
"No. Ho ucciso solo i vaganti, non ho mai combattuto contro esseri umani. Non sono pronta a uccidere."
L'arciere le diede una pacca di incoraggiamento sulla spalla e le regalò un piccolo sorriso.
"Tu li stendi con un pugno e io li uccido. Ci stai?"
Astrid rise, più per smorzare la tensione che per altro. Con la propria mano coprì quella di Daryl che era ancora sulla sua spalla.
"Ci sto."
L'arciere lasciò che il pollice sfiorasse la clavicola di Astrid, dopodiché ritrasse la mano come se si fosse scottato.
"Contatto Carol ed Ezekiel."
Astrid rimase a guardarlo per un po' mentre aggiornava i sovrani, dopodiché appiattì il cuscino sulla carrozzina e si sedette con un sospiro carico di ansia.

Daryl trainava la carrozzina cercando di essere il più naturale possibile. Astrid aveva indossato un berretto da baseball nel caso in cui gli assalitori conoscessero le fattezze di Remy. Attraversarono la piazza in gran carriera per riunirsi con Carol in teatro. Era stato attivato l'allarme silenzioso, dunque le strade erano vuote e gli abitanti si erano chiusi in casa. Gli spari erano cessati dopo il colpo al carro, era palese che fosse solo uno strumento per stanarli.
"Daryl." bisbigliò Astrid.
"Mmh."
"Voglio solo chiarire che quello che Remy ha detto su di me ... su di noi ..."
"Era uno scherzo, lo so." Tagliò corto Daryl.
La bocca di Astrid si contrasse in uno sberleffo. Non capiva da dove provenisse la supposizione dell'arciere.
"Non è come pensi. Ascolta, Daryl, la verità è che ...."
Il portone del teatro cigolò mentre si schiudeva per accogliere i nuovi arrivati. Carol sbucò da una finestra al primo piano e agitò la mano per farsi notare. Astrid maledisse quella donna che la interrompeva ogni volta che tentava di confessare la verità a Daryl.
"Me lo dici dopo. Saliamo."
Senza preavviso, Daryl la prese in braccio a mo' di sposa e con il piede tenne aperto il portone. Astrid si aggrappò con le braccia intorno al suo collo per non cadere. Le dita dell'arciere erano delicate sebbene premute nella sua carne per reggerla.
"La distrazione ha funzionato." Disse Carol, chiudendo il pesante portone.
"Daryl, puoi lasciarmi." Sussurrò Astrid.
Le guance di Daryl arrossirono, ma distolse lo sguardo per non farsi cogliere in flagrante. Lentamente depose Astrid a terra e fece un passo indietro, anche se avrebbe voluto darsela a gambe dopo tutto quel caldo contatto fisico. Sentiva ancora le mani di lei sul collo e ciò gli faceva venire i brividi.
"Ha funzionato, giusto?" stava dicendo Astrid.
"Sì. Trevor dice che i nostri amichetti si sono piazzati di fronte al teatro. Vieni a vedere."
Dall'attico del teatro il panorama era mozzafiato, si estendeva per chilometri e chilometri. L'ampia visuale dava loro la possibilità di osservare chiunque si trovasse fuori dai cancelli. Dal binocolo Daryl costatò che si trattava di un esiguo manipolo di uomini e donne con i fucili puntati contro l'edificio.
"Sono circa una ventina di persone armate. Siamo sicuri che non ce ne siano altri?"
Trevor, un omone dai capelli grigi e il viso scarno, annuì con veemenza.
"Abbiamo perlustrato ogni lato del Regno e non abbiamo avvistato nessuno. Ci sono solo loro."
"Ezekiel sta guidando una squadra nei pressi della cancellata per negoziare." Riferì Carol.
"Non vogliono negoziare. Vogliono Remy." Ribatté Astrid con voce cupa.
Daryl si isolò dalle guardie per valutare la situazione senza interruzioni. Qualcosa non gli tornava. Era fin troppo facile risolvere la questione con la diplomazia. Soppesò ogni parola pronunciata da James, provando a collegare gli eventi delle settimane precedenti.
"Ci sono altre persone."
Carol lo guardò con la fronte corrucciata e Astrid con fare interrogativo.
"Dove?"
"James ha detto che sono ovunque. Non è strano che questi stronzi siano soltanto venti?"
"Sono già qui. Sono all'interno del Regno." Realizzò Carol.
Astrid stava per dire qualcosa, ma un suono acuto risuonò in tutta la stanza. Un secondo dopo la porta dell'attico fu divelta dai cardini e una decina di persone irruppero.
"Remy Williams! Cerchiamo Remy Williams!"
Astrid sfoderò le daghe con gesti esperti delle mani e indurì la mascella.
"C'è qui sua sorella."

Daryl fu immensamente grato a Carol quando lei gli consegnò la balestra. In quella calca di gente che combatteva non riusciva a distinguere gli amici dai nemici. C'era Violet che stava armeggiando con l'ascia mentre spaccava tavoli, sedie e radio. Fino a poche ore fa credeva che fosse una brava ragazza, una cuoca ottima e una combattente ancora più eccellente. Per tutto il tempo era stato cieco davanti all'evidenza. Non aveva capito l'escamotage dei finti Sussurratori, non aveva compreso appieno il valore di Dorothy, aveva sottovalutato la spavalderia viscida di James.
"Dobbiamo avvisare Ezekiel." Disse Carol.
Era balzata al fianco dell'arciere in un battito di ciglia. Si era fatta strada fino a lui colpendo i nemici con arco e frecce.
Daryl diede una gomitata in faccia a uno degli assalitori e gli piantò il coltello nel cervello.
"Non possiamo sparare o usare l'interfono, altrimenti attiriamo i vaganti."
"Hai un accendino?"
L'arciere dapprima parve disorientato, poi interpretò la domanda della regina. Prese un foglio caduto a terra e lo appallottolò, dopodiché lo infilzò sulla punta della freccia e con l'accendino gli diede fuoco. Quello era il segnale che avrebbe messo Ezekiel al corrente che la negoziazione era appena cessata ancora prima di iniziare. Carol prese la mira e scoccò la freccia infuocata.
"Adesso aspet- ..."
La regina fu stroncata da un colpo di bastone alla schiena. L'assalitore stava per infierire ancora quando una daga gli centrò il braccio. Carol allora con il proprio coltello lo pugnalò all'addome.
"Grazie, Astrid."
Astrid raccolse la propria arma, disgustata dal sangue fresco che sgorgava dal petto dell'uomo. Uccidere i vaganti era un conto, ma uccidere essere umani era un altro. Certo, quelle persone erano lì con intenzioni malevoli, ma il solo pensiero di ammazzarli le faceva accapponare la pelle.
"Astrid, alle tue spalle!" gridò Daryl.
Lei si spostò in tempo per non essere ferita. La freccia di Daryl colpì la donna alla schiena e questa si afflosciò sul pavimento, le dita che si contorcevano negli ultimi spasmi prima della morte. Astrid si mise una mano sullo stomaco per respingere i conati di vomito, però era difficile trattenersi con quel tanfo di sangue che aleggiava nell'attico.
"Stai bene?"
La mano calda di Daryl sulla schiena la riportò alla realtà. Si rese conto che lui la stava accarezzando per farla calmare, quindi abbozzò un sorriso.
"Starò bene quando sarà tutto finito."
La sincerità della donna sorprese Daryl. Aveva conosciuto tante persone e tanti valorosi combattenti, ma nessuno si era mai dimostrato tanto sensibile durante una lotta. Le mani di Astrid tremavano ancora un poco, le sue solite ansie la pungolavano nell'anima.
"Presto sarai fuori di qui."
Astrid d'istinto gli strinse la mano che reggeva la balestra, un gesto che prima l'avrebbe fatta arrossire mentre ora le era di estremo conforto.
"Okay."
"Vi sbrigate o vi devo offrire tè con sandwich ai cetriolini?" ironizzò Trevor, la guancia tagliata.
"Non mi piacciono i cetriolini." Rispose Astrid con una mezza risata.
Quando la nausea scomparve, lasciò la mano di Daryl e serrò le dita intorno alle sue daghe. Si fiondò nella mischia pronta a salvarsi la pelle per uscire da quell'inferno.

Carol atterrò l'ennesimo uomo che aveva tentato di ferirla. Dalla grande finestra dell'attico vedeva Ezekiel e le altre guardie del Regno che contrastavano l'attacco del manipolo fuori dai cancelli. Gli spari stavano inevitabilmente attirando i vaganti, che zoppicavano verso il Regno con le bocche che sibilavano come serpenti.
"Ci mancava questa." Mormorò fra sé.
Astrid con un calcio abbatté un uomo e Daryl subito dopo lo finì con una freccia. Carol aveva notato che fra i due c'era una certa intesa, erano evidenti gli sguardi e le lievi carezze. Era così strano pensare che Daryl fosse interessato ad una donna dopo che per anni la sua unica preoccupazione era stata la sopravvivenza. Non pensava che l'amico fosse un tipo da relazione romantica, invece Astrid stava facendo emergere un lato di lui sconosciuto a tutti.
"Che c'è?" domandò Daryl, ricaricando la balestra.
"I vaganti si avvicinano al cancello. Ezekiel e gli altri non ce la faranno a respingerli."
Astrid si sporse per osservare meglio gli erranti che ciondolavano in direzione dell'insediamento, le mani simili ad artigli meccanici.
"Io ne conto una decina. Se ci sbrighiamo a risolvere le cose qui, possiamo occuparci anche di loro."
"No. Tu devi sparire da qui." disse Daryl.
Astrid detestò il tono imperioso usato dall'arciere, sebbene fosse un modo per dirle che doveva restare viva per arrivare ad Alexandria.
"E' colpa nostra se vi trovate nei guai. Lasciate che vi aiuti."
Carol rivide se stessa in Astrid, anche lei in passato era stata divisa fra restare con i compagni e lasciarli per mettersi in salvo. Ma la cura prevaleva su tutto.
"Daryl ha ragione. Tu devi andartene il prima possibile. Se non catturano Remy, proveranno a catturare te."
"Io non valgo quanto Remy." Obiettò Astrid.
Uno sparo infranse la vetrata dell'attico. I vetri schizzarono dappertutto, ferendo buoni e cattivi. Daryl aveva fatto in tempo a spingere le due donne al riparo prima di essere investiti dalle schegge.
"Sii più delicato la prossima volta." Scherzò Carol, massaggiandosi il ginocchio.
"Ahia ..." borbottò Astrid.
Una scheggia le aveva procurato un graffio sanguinolento sulla guancia. Non era profondo, eppure bruciava molto.
"Astrid, la tua spalla sanguina." L'avvertì Carol.
La ferita ottenuta nel bosco un paio di settimane prima si era aperta, il bendaggio si era strappato e lo squarcio aveva ripreso a sanguinare. Lo sforzo fisico aveva indotto le bende a sciogliersi.
"Ora devi andartene." Disse Daryl.
Carol si mise in piedi e si spazzolò i pantaloni, i quali ormai erano da buttare. Poi le sue orecchie furono circondate dal silenzio. Voltandosi, scoprì che gli assalitori erano stati messi KO. Il Regno aveva vinto almeno lo scontro nell'attico. Aiutò Astrid ad alzarsi e le tamponò la bandana di Daryl sulla guancia.
"Qui è tutto sotto controllo. Ora devi lasciare il Regno."
"Grazie di tutto, Carol. Spero di rivederti presto."
Le due donne si abbracciarono e si strinsero la mano come a suggellare la nascita di un'alleanza ma anche di un'amicizia.
"Ci rivedremo."

I polmoni di Astrid bruciavano per la fatica della corsa. Dopo aver lasciato il teatro tramite un'uscita secondaria, lei e Daryl si erano messi a correre verso i cancelli a nord dove c'era un buco nella rete che permise loro di uscire dal Regno. Ezekiel stesso aveva creato quel passaggio per garantire agli abitanti una via di fuga nel caso ce ne fosse stato bisogno. Non ricordava nemmeno più da quanto stessero correndo, sapeva solo che le gambe a un certo punto avevano iniziato a formicolare per la stanchezza. Era talmente sudata che i capelli le si incollavano alle tempie e al collo, facendole venire ancora più caldo.
"Ci siamo."
Daryl rallentò fino a fermarsi, imitato da Astrid che ringraziò il cielo di poter riprendere fiato. Come da accordo, la Jeep stava aspettando col motore acceso nei pressi del cartello stradale.
"E' il momento." Disse Astrid.
Improvvisamente non voleva andare via. Si era abituata ad avere l'arciere intorno, e separarsi le faceva venire il magone. Non poteva perdersi nelle sue fantasie romantiche, non quando lei e sua sorella erano il bersaglio di un gruppo misterioso.
"Posso chiederti un favore personale?"
"Certo."
"Quando sarai ad Alexandria, puoi tenere d'occhio Lydia? Ha bisogno di qualcuno che le stia accanto."
Lei annuì, felice di poter aiutare Lydia. In fin dei conti anche nel nuovo mondo continuava a svolgere la sua professione di assistenza seppur in maniera diversa.
"Lo farò con piacere."
Ebbe un'idea folle, ma ormai aveva combinato talmente tanti disastri che uno in più non avrebbe fatto la differenza. Si issò sulle punte e abbracciò Daryl. Poco importava che entrambi fossero sporchi e sudati, importava solo quell'abbraccio. Daryl la cinse con un braccio per attirarla a sé, godendosi quella vicinanza indolore. Se in passato ogni tocco di cinghia aveva lasciato su di lui cicatrici permanenti, negli ultimi anni aveva imparato che un abbraccio poteva essere un toccasana.
"Astrid ..."
"Lo so, devo andare. Un minuto solo."
Astrid si era totalmente abbandonata ai sentimenti. Aveva desiderato quell'abbraccio e se lo stava prendendo con tua se stessa. La presa di Daryl era debole, quasi avesse timore di toccarla, ma era comunque piacevole. Aveva posato la guancia illesa sul petto dell'arciere e sentiva il suo cuore battere all'impazzata. Era quella vicinanza a farlo emozionare oppure era la scarica di adrenalina dovuta alla lotta? Astrid non seppe dirlo con certezza.
"Astrid, muoviti!" strillò Hunter dalla macchina.
Jerry era sceso, il braccio dolorante che penzolava e la spada che ciondolava ad ogni passo.
"Ora vado." Disse lei, la voce tremolante.
Sciolse l'abbraccio e fece scivolare le mani lungo il petto di Daryl, sentendo ogni muscolo irrigidirsi al tatto. Si staccò da lui con riluttanza, consapevole che non l'avrebbe rivisto molto presto. Nel frattempo Jerry aveva claudicato fino a loro.
"L'auto è pronta, queste sono le chiavi."
Astrid abbracciò anche l'amico di vecchia data, ricevendo da lui un sono bacio sulla guancia.
"Grazie per aver protetto me e la mia famiglia. Vi sono riconoscente. Ditelo anche ad Ezekiel."
"Sarà fatto." Disse Jerry con un sorriso.
Daryl fece ricorso a tutto il suo autocontrollo per sostenere lo sguardo di Astrid. Ancora una volta una sensazione familiare lo travolse, come quando mangi la tua torta preferita riconoscendo ogni singolo ingrediente.
"Buon viaggio."
Astrid si incamminò di fretta verso la Jeep, salì a bordo e partì a tutto gas senza indugiare oltre.

"Fra venti metri svolta a sinistra." Disse Remy.
Ezekiel un paio di giorni prima le aveva dato una cartina per arrivare ad Alexandria, segnalando le strade interrotte e quelle libere. Erano le dieci la sera, era calato il buio e faceva sempre più freddo. Astrid era esausta, voleva solo dormire, però doveva restare vigile per guidare. Sui sedili posteriori Hunter fissava fuori dal finestrino e Yana canticchiava per far addormentare Clara.
"Dove vado?"
Remy studiò la cartina alla luce della torcia e con l'indice percorse la strada che stavano facendo.
"Fra trenta metri dovremmo essere arrivati."
Astrid accelerò, malgrado fosse buio pesto e uno dei fari fosse fuori uso. Era tardi e restare all'esterno con i vaganti che bighellonavano da quelle parti non era fattibile.
"Meno male che avete preso le nostre cose, ho bisogno di una doccia."
Dopo essersi messi al sicuro in macchina, Jerry aveva fatto dietrofront fino alla casa delle sorelle e Hunter aveva recuperato i loro borsoni. Già avevano perso la carrozzina, non era necessario perdere anche i vestiti e altri effetti personali.
"Ci siamo." Esalò Hunter, sfiancato da quel viaggio.
Astrid si concesse una risata liberatoria quando le porte di Alexandria furono visibili in mezzo alle tenebre. Era come aver trovato un'oasi nel deserto. I cancelli si aprirono e una figura andò loro incontro accompagnata da un'altra piccola figura.
"Identificatevi." Ordinò una delle sentinelle sulle torri.
Astrid spense il motore e smontò dalla Jeep con le mani sollevate in segno di resa.
"Siamo Remy e Astrid Williams."
Le due figure avanzarono fino ad essere illuminate dai lampioni che delimitavano la strada di accesso all'insediamento. Si trattava di un uomo con i capelli legati in una treccia e di una bambina con il cappello da sceriffo.
"Sono Eugene Porter. Sono il membro di Alexandria con cui Remy ha disquisito di scienza. È un vero onore conoscervi."
Astrid voleva ridere per la pomposità di Eugene, ma si limitò a sorridere divertita.
"L'onore è nostro. Io sono Astrid."
"E io sono Judith Grimes." Disse la bambina col cappello.
Rick anni prima aveva detto ad Astrid di essere padre di un maschio e di una femmina, e ora quel cappello aveva un senso.
"Lo so chi sei, Judith. Tuo padre mi ha parlato di te tanto tempo fa."
Judith sorrise con fierezza e si allungò per abbracciare la nuova arrivata. Astrid si piegò per via dell'altezza della bambina e ricambiò l'abbraccio.
"Benvenuti nella zona sicura di Alexandria."


Salve a tutti! 🥰
Tra spari e abbracci siamo arrivati ad Alexandria, che fatica!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

Parabellum || Daryl Dixon Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora