chapter 10

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"non dici nulla?" mi chiese gus dopo diversi attimi di silenzio. un po' per stuzzicarmi, un po' probabilmente c'era anche rimasto male. finalmente rivolsi il mio sguardo verso di lui.
"ti ricordi cosa ci siamo detti fuori casa mia?" gli domandai alla buon'ora ciò che più mi premeva sapere. gus fece un sorriso immensamente dolce, poi fissò il soffitto, come per farmi capire che si stesse sforzando di ricordare. io ricordavo tutto, e anche fottutamente bene.
"di cosa parli esattamente? perché abbiamo blaterato a lungo..."
"se mi stai sfottendo, ti avverto non è divertente" lo interruppi sorridendo a mia volta. gus si lasciò scappare una risatina.
"beh sei tu ad avermi promesso che questa mattina avremmo fatto finta di nulla, non mi hai nemmeno chiamato..."
"gus, erano le cinque di notte" lo ammonii continuamente svagata.
"però volevi farlo?" chiese diventando improvvisamente più serio.
"io...si, forse." tornai subito a fare quello che stavo tentando di fare. guardando il mio viso attraverso lo specchio e notai come le mie guance erano arrossite furiosamente. gus era talmente vicino a me che lo sentivo respirare, non capivo come facesse a stare sempre così maledettamente calmo, in ogni situazione.
"layla ha detto di avermi già rimpiazzato..."
"io non ti capisco" esordii tornando a fissarlo. lui attendeva spiegazioni.
"voglio dire, vuoi provarci con me o vuoi che ti aiuti a scopare con layla? perché credo tu ti sia fatto un'idea sbagliata di me, gus..."
"merda michelle, non ti è bastato quello che abbiamo condiviso ieri per farti capire le mie intenzioni?" il suo sguardo penetrava le mie pupille.
"che ne so..." mormorai. subito dopo presi la matita nera dalla mia pochette e di fretta cominciai a passarla all'interno dell'occhio sinistro, con marcata fermezza. quasi mi faceva male.
"stasera" disse d'un tratto.
"cosa?" chiesi evitando di guardarlo.
"facciamo qualcosa, io e te. senza layla o tracy tra i piedi." ne restai piuttosto colpita e mi venne da sorridere involontariamente.
"ti vengo a prendere alle otto, va bene?" sembrava ci tenesse davvero. ero solo una stronza con un mucchio di problemi e guai per la testa, non capivo come un tipo come lui potesse interessarsi a una come me. ma dentro di me morivo dalla voglia di conoscere un po' meglio quel ragazzo così eccentrico. ed era inutile negare che una figura del suo tipo mi attraesse...voglio dire, chi non ne sarebbe stato attirato?
"d'accordo" dissi in un respiro.
"si??" esclamò evidentemente non aspettandoselo. io finalmente lo guardai, con un sorriso abbozzato sul viso.
"si. e mi lascia da pensare come ti sorprenda che abbia accettato" gli dissi in totale sincerità.
"vuoi dire che si vede lontano un chilometro che sei cotta di me?" io sbarrai gli occhi.
"idiota, no!" affermai in mezzo ad un miscuglio di imbarazzo e risate.
"sei tipo una rockstar, te ne porti a casa dieci a serata, no?" non sapevo perché l'avessi detto, ma fu impossibile per me anche solo non pensarlo.
"fanculo" proferì sorridendo. io mi morsi il labbro inferiore, poi non dissi più nulla.
"me la metti?" domandò così dal nulla.
"che cosa?" chiesi perplessa.
"la matita." guardai l'oggetto che tenevo stretto in mano, poi il suo viso. provai ad immaginarmelo senza tatuaggi, sembrava così innocente. dopo gus sporse il collo impaziente, attendendo una risposta da parte mia.
"devi venire più vicino" dissi allora. lui si spinse con le mani più prossimo a me. le mie dita tremavano un po', e non sapevo se fosse stata colpa della caffeina, dell'insonnia o di qualcos'altro. con la sinistra tenevo fermo il suo viso e spingevo leggermente la guancia verso il basso. dopo procedetti, e subito il suo interno occhio si colorò di nero. continuai anche con l'altro occhio. merda, appena finito il lavoro lo guardai e mi venne una morsa allo stomaco. stupide farfalle.
"beh? se me l'hai messa da schifo ti uccido" esclamò sporgendosi davanti allo specchio anche lui. si osservò per due secondi e poi si alzò in piedi, apparentemente soddisfatto. così il resto del giorno a dire il vero volò. io e tracy quasi non parlammo, layla stava lontana da gus ma sembrava tutto stranamente...normale. il problema venne quando mi ritrovai a casa da sola, il sole era già tramontato quando ci eravamo salutati. pensare che avevo i minuti contati per prepararmi a quello che, forse, doveva essere un appuntamento con gus. non penso la mia vita fosse stata mai così piena, nemmeno a new york. non avevo la minima idea di cosa mi avrebbe aspettato, da lì a nemmeno un'ora. lo realizzai mentre fissavo il mio armadio in preda al nervosismo, odiavo compiere scelte, persino le più stupide ed insignificanti come quella. di getto presi il telefono e scrissi a layla.
"come cazzo ci si veste per un appuntamento?" dopo buttai il cellulare sul letto e sospirai. mi feci la seconda doccia del giorno e, al contrario della prima, questa fu solo a scopo terapeutico. la musica risuonava perennemente dal mio telefono, il mio umore risalì definitivamente quando venne il turno di "good old-fashioned lover boy", dei queen. le canzoni come quelle erano il motivo del perché continuavo a restare in vita. notai anche un messaggio da parte di mia madre, chiedeva di settimana prossima. il mio compleanno, il giorno per stare in famiglia, giusto? io lo passavo sempre da sola o, più recentemente, con amici e sconosciuti. la famiglia non faceva per me, ma era da parecchio tempo che non guardavo in faccia il volto della donna che mi aveva messo al mondo, o anche solo che le avessi fatto sapere qualcosa di me, di come me la passavo. erano due sole ore di aereo, da La a Ny, e pensai non avessi niente da perdere. in quel casino di pensieri terminai col dare la conferma che sarei tornata per la domenica a mia madre, e con l'indossare un vestito di velluto nero, stretto e troppo leggero. e a quel proposito c'infilai sopra una camicia della vans, a quadri verde smorto e bianco panna. un po' quelle che indossava mio padre tornato da lavoro, prima di buttarsi sul divano con una birra in mano. sarà anche stato un outfit anti-convenzionale o cazzate del genere, ma era comodo e a volte mi piaceva sembrare un senzatetto, o una scappata di casa. la seconda opzione era decisamente quella che si avvicinava di più alla realtà. provai a resistere e a frenare quell'istinto, ma poco prima delle otto finii con una forchetta in mano, seduta su una sedia che scricchiolava, a cercare quasi furiosamente di bucare quelle calze grigio topo trasparenti, a mio avviso un po' troppo monotone. terminato il lavoro infilai degli scalda muscoli scrausi e le mie buffalo. poi non mi restava altro che aspettare il mio cavaliere. stranamente impaziente, stranamente felice.

I was dying and nobody was there - Lil PeepDove le storie prendono vita. Scoprilo ora