Nonostante i suoi ormai ventiquattro anni, Marta non aveva partecipato a molte feste in vita sua.
Per la verità non aveva mai nemmeno avuto tutti questi amici con cui andarci.
In Uruguay c'erano state due ragazze con cui ogni tanto era uscita a fare shopping, a mangiare un pizza ecc... ma dopo il trasferimento non aveva ancora trovato qualcuno della sua età con cui passare il sabato sera.
Lei però non si disperava più di tanto per questo: tutto ciò che contava veramente erano sua madre e sua sorella.
Anche se, scavando un po', era inutile negare che talvolta questa situazione le era pesata.
Nella nuova famiglia che l'aveva accolta come infermiera aveva trovato persone che sembravano gentili con lei, però non era mai riuscita ad entrarci veramente in sintonia.
A parte Harlan, l'unica con cui chiacchierava ogni tanto era Meg, che però aveva pensieri e mentalità parecchio differenti dalle sue e per questo Marta non sempre si sentiva libera di esprimere la propria opinione.
Ad ogni modo la serata dell'ottantacinquesimo compleanno dell'anziano scrittore era passata piacevolmente, per quanto la riguardava.
Sua mamma le aveva raccolto i capelli in una bellissima treccia ed Alice le aveva prestato il bel maglione azzurro regalatole per il suo diciottesimo compleanno, alla quale Marta aveva abbinato dei semplici pantaloni rossi; ed infine le sue amate All Star bianche, quella però non era stata una scelta poichè possedeva solo quel paio, e un altro che indossava solo d'estate.
Aveva spiluccato dal particolare buffet di pietanze che Linda aveva ordinato di allestire ad una piccola squadra di chef, e poi si era seduta a tavola gustando zuppa di vongole, porridge salato, pollo fritto, zuccotti all'uva fragola e come dolce una gigantesca ciambella di banane e arachidi.
C'era davvero di tutto e di più.
Lei non aveva mai mangiato niente di simile se non per il compleanno di Meg di alcuni mesi prima.
Erano piatti troppo gourmet per la sua famiglia e di certo lei non era mai stata in un ristorante a quattro stelle.
Fran, la domestica che ogni tanto le attaccava bottone su argomenti dei quali non le importava nulla ma che fingeva di ascoltare con interesse, aveva continuato ad offrirle del vino per tutta la serata, non sapeva bene per quale ragione; probabilmente perchè lei era già abbastanza brilla e voleva avere una compagna di bevute. Dopo qualche iniziale rifiuto Marta aveva ceduto e aveva assaggiato quel vino che effettivamente non era niente male.
-Brava Marta! Finalmente ti vedo buttare giù qualcosa che non sia acqua naturale!- aveva esultato Meg passandole accanto. Sorrise; era abituata a tutti quei commenti.
Dopo la cena si spostarono in un grande salotto, sempre al piano di sotto, e quasi tutti si sedettero sul divano a chiacchierare dei loro affari di lavoro, di denaro e ricordando tempi passati.
Ogni tanto qualcuno si complimentava con lei per la pazienza e il ligio che sempre dimostrava nelle sue mansioni e Marta sperava davvero che lo pensassero. Per lei era davvero importante quel lavoro e lo era altrettanto essere considerata una brava infermiera.
Si sedette in mezzo a loro ascoltando le conversazioni ma intervenendo assai di rado: era sua abitudine più ascoltare e osservare piuttosto che dire la sua.
Dopo un'apparente discussione con il figlio di Linda, che aveva portato quest'ultimo a lasciare la casa in malo modo, Harlan sembrò tornare di buon umore e parlò a lungo di una nuova, mirabolante idea per la trama di un romanzo che sembrava essergli piombata in mente quello stesso pomeriggio.
Si dilungò poi con aneddoti bizzarri avvenuti durante alcuni viaggi della sua lunga vita.
Sembrava felice. E questo le faceva assai piacere.
Verso le 23:30 Marta capì che la serata era agli sgoccioli, difatti i famigliari si stavano salutando per poi dirigersi verso le loro camere.
Immaginando che la festa si sarebbe protratta fino a tarda sera e dato che la casa era abbastanza grande per poterli ospitare tutti, la famiglia aveva deciso che avrebbe trascorso la notte lì, alcuni occupando le camere che erano loro da ragazzi, come Linda e Walt.
Fran era andata a casa già da una mezz'ora buona, del grosso della sistemazione post-festa se ne sarebbe occupata il mattino seguente.
Mentre saliva le scale dietro ad Harlan, Marta aveva sentito Linda sbuffare ad alta voce su come il figlio non solo se ne fosse andato a metà serata sbattendo la porta, ma anche sul fatto che non l'avesse nemmeno rassicurata fosse tornato a casa sano e salvo.
Preoccupazione vana, pensò Marta, dato che quel ragazzo era scontroso e menefreghista da quando lei lo conosceva. Nonostante lo reputasse attraente non le era mai piaciuto, talvolta pareva ridere di lei sotto i baffi, quasi considerandola inferiore a lui. Marta sapeva avesse ragione, sicuramente economicamente, tuttavia era davvero presuntuoso ed arrogante e certe occhiatacce poteva risparmiarsele. Quando pensava questo si consolava con il fatto che anche quasi tutti gli altri la pensassero come lei, specialmente Meg, che una volta era sbottata davanti a lei insultandolo pesantemente.
Joni sostenne Linda, affermando che anche "la sua Meg" ancora non era rientrata, ma che d'altra parte erano giovani, era normale. Aveva seguito una rapidissima occhiata delle due donne su Marta, quasi a stupirsi che invece lei stesse ancora passando il venerdì sera in loro compagnia.
La ragazza fece finta di non aver notato nulla, anche perchè sicuramente quelle due non avevano ragionato sul fatto che facesse parte del suo lavoro essere lì in quel momento.
Giunti sul pianerottolo del piano superiore vide Harlan recarsi nello studio, invece che nella sua stanza.
-Dove sta andando? È tardi!- lo aveva rimproverato subito Marta.
-Ma che tardi! Vieni dai che facciamo una bella partita- decisamente allegro, Harlan l'aveva ignorata e aveva proseguito nello studio, sistemando già la scacchiera sul basso tavolino di legno.
-Ma deve riposare... è stata una giornata impegnativa. Le do le medicine e poi vado a casa- Marta era la ragazza meno autorevole che Harlan avesse mai conosciuto, l'esatto opposto di sua figlia, che già a sedici anni comandava a bacchetta amici e parenti.
-Come si dice "riposeremo quando saremo morti!" Dai, non farti pregare, solo una partita e poi faccio il bravo vecchio e vado a letto-
A lei sfuggì un sorriso e alzando gli occhi al cielo era andata a prendere la sua borsa medica appoggiata in camera dell'anziano, contenente tutte le medicine necessarie, ed era ritornata nello studio.
-Non capisco nemmeno perchè si ostina a voler giocare con me, ci fosse stata una volta che mi avesse battuta!- lo prese poi in giro scherzando.
-Mah! Come ti permetti signorina! Adesso vedremo questa volta se ti straccio o no...-
Come previsto, dopo pochi minuti Marta era ormai prossima allo scacco, ma Harlan cominciò a far traballare la scacchiera finendo per farla cadere per terra.
-Cosa sta facendo?- aveva chiesto Marta spalancando gli occhi.
-Eh mi dispiace ma con questa improvvisa e strana scossa di terremoto non si capisce più chi stesse vincendo. Dato che si è fatto tardi direi di darla patta- Harlan aveva cominciato a ridere sempre di più vedendo la faccia sconcertata della ragazza.
-Ma non ci credo! Lei non sa davvero perdere! Adesso le do le medicine e poi davvero a letto!- in realtà Marta era stata divertita dalla scena ma per lei si stava facendo davvero tardi, sua madre probabilmente non stava nemmeno dormendo chiedendosi dove fosse finita. Sicuramente l'ansia che quasi sempre la attanagliava l'aveva ereditata da lei.
Estrasse dalla sua valigetta il flaconcino di Toradol che Harlan era costretto a prendere dopo lo stiramento alla spalla destra di una settimana prima quando era caduto davanti alle scale di casa a causa del ghiaccio, e quello della morfina, gliene dava giusto 3 mg per aiutarlo a dormire.
Ogni tanto Marta ripensava a quando all'inizio per lei somministrare farmaci in endovena fosse assurdo e traumatico ed ora invece lo faceva davvero con naturalezza, senza quasi pensarci.
Fin da bambina aveva manifestato il desiderio di diventare medico perchè aiutare le persone le piaceva davvero, la faceva sentire realizzata, ma sempre per ragioni economiche si era dovuta accontentare di studiare fino all'infermieristica.
Col passare del tempo si era resa conto non fosse stato poi così un male, dato che in realtà grande parte delle azioni che era costretto ad effettuare un medico probabilmente non sarebbe stata in grado di praticarle, per non parlare delle responsabilità che sarebbe stata costretta ad assumersi; non voleva nemmeno pensarci.
-Sa, le confesso una cosa- aveva attaccato mentre prelevava con la siringa 100 mg del liquido trasparente -Ho bevuto un po' stasera-
Vedendo la faccia stupita di Harlan si era affrettata a correggersi: -Ma non tanto! Giusto un bicchiere- aveva alzato poi lo sguardo scrutando la sua reazione mentre infilava la siringa nel braccio.
-Marta a volte dici cose davvero assurde. Era una festa, non dico dovessi bere per forza, però era quasi scontato!- l'aveva guardata lui sorridendo.
-Sì beh, sa come sono- aveva sorriso estraendo la siringa e passando alla morfina.
-A parte questa bevuta coi fiocchi, ti sei divertita?- ad Harlan interessava davvero la risposta. Una parte egoista, segreta e remota di lui aveva sperato che quella ragazza sarebbe potuta essere sua figlia.
Tralasciando la giovane età naturalmente.
In poco tempo si era sentito davvero legato alla sua naturalezza e semplicità.
-Sì sì certo, è stata davvero carina. Per lei invece? Dopo le cose che mi aveva detto... come è andata?- Marta sapeva che Harlan quel giorno aveva intenzione di dare un taglio a certe assurdità che aveva scoperto stessero avvenendo sotto il suo tetto.
-Sì ho parlato con loro, se ti riferisci a quello. Non l'hanno certo presa bene, come puoi immaginare, ma non potevo sopportare oltre certe cose. Sono davvero degli egoisti, chi per un motivo chi per un altro... Joni poi che ha finto di non accorgersi che per anni riceveva due pagamenti è incon...-
Fu allora che Marta se ne rese conto.
-Harlan- lo aveva chiamato sottovoce. Ma lui stava continuando a denunciare i suoi parenti, uno dopo l'altro.
-Harlan!- aveva urlato di nuovo a bassa voce per attirare la sua attenzione.
-Che succede? Cosa è successo?- l'anziano scrittore si era spaventato non poco vedendo che la ragazza aveva improvvisamente gli occhi lucidi e lo stava fissando sconcertata.
-Marta? Mi dici che succede?-
-Mi dispiace. Oh mio Dio mi dispiace, mi dispiace- si era alzata di scatto e aveva cominciato a rovistare il più velocemente possibile dentro la sua borsa medica appoggiata sul tavolino accanto alla porta. -Dove sei? Dove sei?- aveva continuato a bisbigliare tra se mentre cercava disperatamente dentro la sua borsa. Non trovando nulla di utile rovesciò il contenuto per terra per avere una visione migliore.
Solo allora si ricordò che alle sue spalle Harlan stava ancora aspettando una risposta: -In pratica ho confuso le boccette e le ho dato 100 mg di morfina e 3 dell'analgesico-
-Cosa!? Santo cielo... mi sballerò per bene stanotte!-
-Non scherzi ora. Devo trovare subito il Naloxone e farle un'iniezione d'emergenza. Oh mio Dio- la vista quasi le si era sfocata a causa del panico sempre meno controllabile.
Perchè non era nella borsa? Perchè non stava trovando il farmaco?
-Se non lo trovi che succede? Marta!- a quel punto anche Harlan sembrava aver assorbito veramente l'urto della notizia.
-Muore in dieci minuti- aveva confessato la ragazza -Prendo il telefono, chiamo subito un'ambulanza-
Aveva afferrato con le mani tutte sudate la cornetta del telefono fisso dello studio, ma l'agitazione le fece sbagliare a digitare il secondo tasto.
-Accidenti- aveva imprecato.
Harlan però la stava chiamando.
-Che c'è?- Marta si era voltata e aveva visto nell'espressione dell'uomo... rassegnazione.
Harlan si dava già per spacciato e un panico sconosciuto la attraversò da capo a piedi e il tremore alle mani aumentò non poco.
Entrambi sapevano che nessuna ambulanza sarebbe arrivata in quella casa sperduta in una campagna del Massachusetts in meno di dieci minuti, ma certamente doveva tentare.
-Marta metti giù il telefono- le aveva ordinato invece calmo Harlan.
-Come? No!- aveva riprovato a digitare il numero ma lui tirò il filo dell'apparecchio facendoglielo scivolare dalle mani.
-Lo so che ci metteranno del tempo, troppo sicuramente, ma dobbiamo tentare!- il cuore le era arrivato in gola probabilmente, mandare giù la saliva le stava diventando davvero difficile, faceva persino male.
-No, ascoltami! In sette minuti nessuno riuscirà a salvarmi, bisogna che pensiamo a tirare fuori te da questa situazione-
-Harlan io devo avvisare gli altri- probabilmente per la prima volta senza ascoltarlo, si era diretta verso la porta dello studio, quando lui le aveva messo un piede davanti alle gambe facendola sbattere addosso all'uscio con un grande rumore.
-Vuoi passare il resto dei tuoi anni buoni in carcere per omicidio colposo? Vuoi che tua madre venga espulsa dagli Stati Uniti? Marta devi ascoltarmi. Puoi uscirne, ma devi starmi bene a sentire-
-Oh mio Dio sta salendo qualcuno- Marta aveva sentito prima i gradini scricchiolare poi dei passi diretti al piano di sopra.
Harlan e l'infermiera trattennero il fiato sperando che per una qualche ragione quella persona non bussasse proprio alla porta dello studio.
-Harlan? Marta? Tutto a posto?- Joni bussò due o tre volte mentre la ragazza non riusciva a fermare le lacrime.
-Voltati verso la libreria- dopo averle intimato di non girarsi, Harlan era andato ad aprire la porta.
-Harlan, ciao, ho sentito un brutto rumore, è tutto a posto?- il sorriso di Joni era prontamente esagerato, forse addirittura pensava che quel genere di carinerie potessero appianare il "disguido" di quel pomeriggio.
-Ah no nulla nulla, ci è caduta la scacchiera. Scusaci per il rumore- sorrise lo scrittore.
Marta era veramente sconcertata dalla impeccabile dimostrazione di tranquillità che l'anziano aveva appena esibito alla nuora.
Lei, per evitare di tirare su troppo col naso o lasciarsi scappare un singhiozzo, si era messa a sfiorare con le dita copertine dei tantissimi libri ideati dallo scrittore che occupavano la fitta e ingombra libreria, sperando di distrarsi almeno un momento.
In quel minuto in cui era dovuta stare voltata in silenzio aveva realizzato veramente che Harlan stava per morire. Per colpa sua.
Non poteva essere vero, non poteva.
La sua vita sarebbe stata sconvolta.
Quante volte ricontrollava la borsa medica e quante volte era sempre stata dotata di tutto, il kit era sempre stato al completo. Ma a quanto pare in quell'occasione non l'aveva preparata adeguatamente e si era ritrovata impreparata al peggio.
Nessun medico avrebbe ormai potuto impedire l'inevitabile.
-Nessun problema, buonanotte!- con un altro sorrisone da cavallo, Joni si era chiusa la porta alle spalle.
Harlan si era poi subito voltato verso di lei: -Allora farai quello che ti dico?-
-Io vorrei ancora chiamare un'ambulanza- faceva perfino fatica a mettere a fuoco la sua figura con tutte quelle lacrime negli occhi.
-Ne è in gioco la tua famiglia, la tua vita! Marta per favore dammi retta, devi ascoltarmi- Harlan le appoggiò le mani sulle spalle e la guardò negli occhi.
La ragazza si era ammessa che aveva ragione, le sue parole erano giuste: niente poteva salvare lui ma forse qualcosa poteva salvare lei, magari Harlan per un qualche miracolo aveva davvero in mente un piano semplice con cui se la poteva ancora cavare.
Non poteva pensare di abbandonare sua madre, dopo tutto quello che aveva affrontato per lei e sua sorella, dopo tutto quello che aveva passato.
Impercettibilmente aveva annuito, e Harlan, il più velocemente possibile, le illustrò i passi da seguire.
Parola dopo parola Marta rimaneva sempre più esterrefatta.
Definirlo assurdo era un eufemismo, non era assolutamente possibile che lei fosse in grado di compiere un qualcosa di simile.
Come poteva aver pensato a tutto così in fretta quando lei a malapena riusciva a ricordare come si respira? Era quasi evidente quell'uomo avesse progettato intrighi e misteri per metà della sua vita.
-Hai capito tutto? Lo farai?- quasi ormai senza fiato a causa della concitata spiegazione, Harlan si sedette sul bianco divano sistemato in fondo allo studio attendendo impaziente una risposta.
-Harlan ma come può pensarlo? Se mi faranno delle domande io non potrò mentire, lei lo sa questo. Non ne uscirò- la sua disperazione non si era placata per niente ma Harlan tentò comunque un'altra volta: -Se sarai brava Marta ci riuscirai. Dirai frammenti di verità, senza bugie dirette-
-No no no- non appena si voltò mettendosi le mani nei capelli e piangendo sempre di più, dato che anche la possibilità offertale in ultimo da Harlan vacillava parecchio, sentì un suono che sicuramente avrebbe ricordato per tutta la vita.
Si voltò nuovamente di scatto, solo per vedere l'anziano scrittore ormai agonizzante sull'ormai non più candido divano.
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Cena con delitto (film 2019)
Misterio / Suspenso"Ognuno di loro può averlo fatto" ▪︎ Storia in forma scritta del film Knives Out, uscito nel 2019 e diretto da Rian Johnson