Capitolo 3 - Sei proprio tu, tu?

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    Alice bussò alla porta del Cappellaio. Era molto eccitata all'idea di rivedere il suo più caro amico e mentre lo stava attendendo, lo sentì parlottare tra sé.

«Lepre dei miei stivali, se sei venuta qui per rovinare nuovamente il mio lavoro con la tua pazz...».

Tarrant aprì la porta ed Alice urlò: «SORPRESA!».

Il Cappellaio, preso di sorpresa, stramazzò a terra e la ragazza spaventata per la reazione esagerata del suo amico, si precipitò subito al suo fianco.

"Lo Stregatto, alla fine, non aveva tutti i torti", pensò mentre soccorreva l'amico, «Cappellaio... Cappellaio, mi senti?!? Ti prego apri gli occhi. Sono io Alice».

Tarrant, dopo qualche secondo, riaprì gli occhi sentendosi chiamare da una voce tanto delicata quanto preoccupata e si portò una mano dietro alla testa, dove aveva preso una bella botta dopo la caduta e non appena il suo sguardo si focalizzò sugli occhi di Alice, incominciò a balbettare proprio come un bambino eccitato che non riesce a trovare le parole.

«Alice...?», domandò alla fine con sguardo incredulo. «Oh, ho capito... Brutto birbante di uno Stregatto. Pensavi che non me ne sarei accorto! Eheheh, devo ammettere che l'imitazione di Alice ti è venuta molto meglio dell'ultima volta che hai preso le mie sembianze per farti tagliare la testa. Sei migliorato, lo devo ammettere...» e mentre parlava si mise a sedere.

Alice, che non riusciva seguire i suoi ragionamenti contorti, decise di prendere parola: «Cappellaio, sono proprio io, io. Alice! Sono tornata!».

Tarrant, che ormai si era di nuovo rimesso in piedi, cominciò a guardarsi intorno spaesato, come se stesse cercando qualcosa o qualcuno e alla fine parlò cercando di non guardare negli occhi la ragazza che aveva di fronte.

«Non posso crederci! Devo aver sbattuto talmente tanto forte la testa, che sono sicuro di essere diventato ancora più matto di prima! Ho le allucinazioni, perché veramente mi sembra di averti qui davanti a me, ma tu non puoi essere qui! Cioè, tu te ne sei andata. Sei tornata nel tuo Mondo molto tempo fa! Sto forse impazzendo...?!?» e finalmente la guardò negli occhi «No... Questo deve essere senz'altro un sogno. Ora mi sveglio...» e cominciò a prendersi a schiaffi, nella speranza di potersi svegliare.

Non potendo sopportare oltre l'autolesionismo del suo amico, con fermezza Alice gli afferrò un braccio nel tentativo di fermare l'ennesimo auto schiaffo.

«Cappellaio, sono proprio io. Non stai sognando e ti posso assicurare che non stai diventato più pazzo...» e così dicendo Tarrant smise di dimenarsi e, con gli occhi che tornarono al naturale colore verde brillante, sorrise alla sua dolce Alice.

«Sei proprio tu, tu...!». Questa volta non era una domanda, ma un'affermazione e dopo alcuni secondi trascorsi a guardarsi intensamente negli occhi, che per i due parvero anni, finalmente si abbracciarono.

Per loro non erano mai servite le parole per capirsi, era sempre stata una questione di sguardi e di gesti e quell'abbraccio diceva tutto quello che in quegli anni avevano provato... Tristezza, solitudine, ma anche soddisfazioni e gioie...

Una volta sciolto l'abbraccio, Tarrant incatenò i suo grandi occhi verdi in quelli della sua amica. «Oh, mia dolce e cara e Alice, non sai quanto ho sperato di poterti rivedere in questi anni; anche solo per un'istante, ma forse è per questo che non ci siamo mai incontrati nei giardini della memoria o nel castello dei sogni... Perché tu alla fine sei riuscita di nuovo a ritornare da me! Cioè, volevo dire» si corresse velocemente, «sei riuscita di nuovo a ritornare a Marmorea! Deve essere proprio il destino non trovi?».
Alice che, prima che il Cappellaio si correggesse, era arrossita leggermente, si affrettò a rispondergli. «Già, a volte il destino può giocare brutti scherzi, ma forse in questo caso ci ha voluto fare un bel regalo».

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