Capitolo 2: Tutto l'universo è paese

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Mi ritrovai nel bel mezzo del nulla; non avvertivo il malessere di avere un corpo e in quegli splendidi istanti ero convinto di potermi dissolvere, annullando ogni traccia del mio io. Quella sensazione di sollievo che avevo quasi del tutto scordato scomparve quando udì la stessa voce che aveva tuonato in sogno: «Finalmente hai accettato la mia proposta.»

«Mi hai perseguitato e logorato fino allo sfinimento. Avevo forse alternative?»

«Non c'era altra scelta, non venirmi a dire che avresti preferito continuare a vivere come una nullità morendo suicida in un pianeta prossimo alla fine.»

«E tu che ne sai?»

«È ovvio. Né tu né il mondo in cui vivevi avreste avuto un futuro; ti saresti suicidato per mancanza di un lavoro e di uno scopo, il tuo pianeta era già avviato verso la sesta estinzione di massa.»

«Non ho motivo di dubitare, anche se mi sarebbe piaciuto sapere come...»

«Tra qualche anno una pandemia mieterà milioni di vittime, distruggerà vari settori economici e costringerà miliardi d'individui a cessare le loro attività, puoi immaginare il resto.»

«Che spasso!» risi, «Sarà la vendetta della natura!»

L'astuto oratore seppe cogliere la mia attenzione e mi fece dimenticare di essere alla sua mercé, ci volle poco per farmi ricordare che cosa volesse: «Non è ancora giunto il momento per rallegrarsi. Sarai spedito in un mondo dove le cose non vanno come vorrei; rinascerai nel corpo di un nobile decaduto e darai vita a una rivolta, lascio a te decidere come.»

«Ammetto che non mi dispiacerebbe vestire i panni del rivoluzionario ma... perché proprio io? E chi è quella donna che mi ha consegnato il tuo messaggio?»

«Perché il tuo odio e il tuo disprezzo sono autentici quanto il tuo desiderio di vendetta, non esiste nessuno che ripudia l'esistenza come hai fatto tu. Quanto a lei, adempi alla missione e potrei anche regalartela. Ti avverto: se proverai a imbrogliare, ti farò rinascere in condizioni fisiche sempre peggiori e non avrai pace finché non otterrò ciò che voglio.»

«Qualcosa mi dice che tu non sappia nemmeno che cosa sia la pace e che non sarò libero nemmeno se soddisferò i tuoi capricci.»

«Non abusare della mia pazienza, anima dannata; farai ciò che voglio fino a quando lo riterrò opportuno.»

Non sentii più nulla, ricordo solo quell'orribile sensazione di essere trascinato con violenza in un gorgo melmoso e di affogare, rituffandomi nella materia.

Giurai a me stesso che gliel'avrei fatta pagare, a qualsiasi costo e con ogni mezzo.

Che cosa mi era successo? Sentii ogni fibra del mio corpo esplodere. Quel dolore era la prova che ero rinato, provai un formicolio alle dita ma non riuscii a muovere le braccia.

Non mi ci volle molto per capire che ero diventato l'attrazione della giornata; mi ritrovai bendato e in ginocchio, col capo chino e il collo bloccato insieme ai polsi da ciò che sembrava essere una gogna medievale.

D'un tratto udii una voce gridare: «Per aver osato usurpare il trono e profanato la sacralità del mio regno, io, Re Akaliburm, ti maledico col nome di Clarent il traditore, l'infame portatore di ogni sciagura!»

"Cosa?! Non faccio in tempo a tornare in vita che mi tocca subire insulti e sentenze gratuite? E che cos'è questa puzza d'ascelle marce, il boia per caso?"

«Morte al traditore!», «Morte all'usurpatore!», «Morte all'infame!»

"Basta grugnire, maledetti porci!"

Clarent, il signore della fecciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora