Capitolo 4

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Mi sono chiusa in bagno e dopo una lunga pipì mi spoglio e mi concedo una doccia calda di 10 secondi. Lo so forse sto esagerando della bontà di Alex ma ho un freddo cane, faccio in un lampo e mentre indosso ciò che mi ha dato lo sento dall'altro lato della porta chiedermi se ho fame, di cenare con lui e di farmi con calma una doccia. Così decido di lavarmi i capelli, tanto sono già bagnati e poi mi asciugo con il phon. Quando esco fuori dal bagno trovo un piccolo tavolo apparecchiato per due e con sorpresa c'è il mio piatto preferito: tagliata con rucola, pomodorini e grana. Non credevo di avere tutto quest'appetito e sotto gli occhi indagatori di Alex inizio a mangiare e non mi accorgo che il contenuto della mia borsa non è più a terra. Vicino al camino e che il mio cellulare è finalmente sotto carica. Mentre ceniamo i suoi occhi indagatori sono sempre su di me e io mi sento imbarazzatissima in questa situazione così cerco di stemperare l'atmosfera chiedendogli qualcosa di lui. "Come mai ti trovi a Roma? I tabloid ti davano a Parigi, per la fashion week". "Invece sono qui, mi avevano avvisato che saresti caduta tra le mie braccia e sono arrivato in tempo", risponde antipatico. Sbuffo come una bambina e mi scuso continuamente per l'accaduto ma gli faccio presente che appena i pantaloni si asciugheranno un po' toglierò il disturbo. Lui smette di mangiare, beve un sorso di vino e dopo un interminabile silenzio mi dice di perdonarlo, di sentirsi anche lui un po' in imbarazzo e che per questo motivo si è comportato meschinamente ma che gli dispiace che io sia stata male e di non aver problemi a passare questa serata in un modo che mai avrebbe immaginato. "Perché, che programmi avevi?" "Avrei cenato solo e poi avrei letto i tabulati contabili della società che devo visitare domattina, invece..." "invece.." lo interrompo io, "invece ho letto l'intervista che ti faranno domani sera all'evento a cui sarò presente anch'io scoprendo finalmente il tuo nome, Lara". Appena finisce di parlare mi rendo conto che ha ragione, non mi conosce, mentre lui lo conoscono tutti e sinceramente non sembra nemmeno lui quello che conosciamo tutti come Alex Ayam. Mi chiede di me e io cerco di fare l'evasiva e di raccontare il meno possibile. Non mi apro molto agli altri, non sono più come una volta, non credo più alla buona fede delle persone e sono sempre attenta a tutto quello che dico e faccio: è come una sorta di autoprotezione la mia, protezione dal dolore, dalle paure, dalle sconfitte, dalle perdite, protezione da tutta la vita, che scorre lenta, ti ruba il sorriso, ti regala un mare di fregature e ti stordisce l'anima. E' così che ora mi sento, sempre più stordita, colpa forse del suo fascino, del bicchiere di vino o di questo freddo incessante che sento addosso, e di scatto smetto di raccontarmi e mi avvicino al camino. Alex si accorge subito che qualcosa non va e si avvicina stringendomi addosso una morbida coperta color cammello, mi sfiora la fronte e dice che ho sicuramente dei decimi di febbre. Presa dal panico inizio a balbettare dicendo che devo andare, che la mia piccola anima mia spetta a casa, che sarà preoccupatissima per me, che non so nemmeno che ore si sono fatte e che ho bisogno di vestirmi subito. Lui con calma mi sorride e mi porge il telefono, mi dice di chiamare mia figlia e di non allarmarla e di restare lì finché non sto meglio, "ti cedo la stanza, tranquilla, io ne chiederò un'altra così domani, dopo aver riposato al caldo, starai bene e andrai via" e così dicendo mi porge un bicchiere d'acqua e una tachipirina. Capperi, chi si aspettava tanta sensibilità, cura e dedizione da parte del magnetico Alex Ayam, resto davvero stupita da ciò e telefono a mia figlia raccontandole una bugia a fin di bene, non voglio che si preoccupi per me. E' quasi mezzanotte e il camino si è quasi spento, mi sento bene, ho ripreso colore e soprattutto le forze e mi scopro a ridere come una bambina per i racconti di Alex che ho scoperto essere una persona sensibile, premurosa, attenta e per niente superficiale. Mi riscopro a raccontargli cose di me che nemmeno sapevo di pensare, delle mie inquietudini passate e delle mie certezze future. Lui ascolta con rispetto e annuisce spesso quando all'improvviso blocca i suoi occhi nei miei e con un sospiro accennato mi spiega di essersi sentito allo stesso modo, deluso e ingannato dalla vita ma che come me, nonostante tutto, ci crede ancora, negli affetti profondi, nella ricerca del bene, nella possibilità di migliorarsi sempre e nell'incapacità di arrendersi alle bruttezze che incontriamo e che ci confondono. Parliamo a lungo dei nostri desideri, di come cerchiamo di rincorrerli ad ogni costo, di quanto male a volte ci siamo fatti pur di non lasciare andare una persona, un pensiero, un ricordo e di quanta testardaggine c'è nel voler accontentare prima di tutto gli altri senza mai deludere noi stessi. E' ormai passata la mezzanotte e la bottiglia di vino è ormai agli sgoccioli quando inizio a sbadigliare. Alex si alza da terra, mi porge la mano per aiutarmi e mi da un bacio sulla fronte, dice che forse la febbre sta scendendo, che non ho più i brividi _sarà stato mica un medico in un'altra vita_ e che se riuscirò a prendere sonno domattina mi sembrerà di essere rinata. Così mi addormento sul divano mentre sento i suoi passi allontanarsi.

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