Capitolo 17

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Quando sei bambina sogni di principi e principesse, immagini un castello nascosto tra la fitta vegetazione di un parco e il tuo principe che arriva su un cavallo bianco per rapirti e farti diventare una vera principessa; la sua unica grande passione è quella di farti felice, di viziarti quanto più può e tu sorridi come un ebete ogni volta che pensi che capiterà anche a te. Ma sin dal principio, il nostro rapporto non è mai stato fiabesco, discutevamo per tutto e quando un argomento non era di suo gradimento e si zittiva io lo assecondavo. Tutte le avventure romantiche si erano concluse con il matrimonio e da quel fatidico giorno il mio principe sembrava avere diverse priorità: non uscivamo più a cena fuori, non frequentavamo più i nostri amici e anche le passeggiate fuori porta si erano ridotte, se non azzerate, perché da quel giorno ogni minuto era dedicato al lavoro. Non dico che fosse pentito di avermi sposato ma credo che sentisse addosso il peso della famiglia che volevamo costruire e questo peso doveva essere davvero ingombrante perché iniziò a non sorridere più, a brontolare per ogni cosa dicessi o facessi, come se tutto quello che pensavo o facevo fosse sempre sbagliato ai suoi occhi. E così passavano intere giornate, a volte nemmeno tornava per pranzo e quasi sempre non sentivo nemmeno quando si alzava il mattino, ritrovandomi incomprensibilmente sola e con una sensazione di abbandono e di vuoto che non comprendevo. Fortunatamente arrivarono le gravidanze e Fabrizio e Federica mi fecero dimenticare la sgradevole sensazione di inutilità e incapacità che sempre più, ormai, mi divorava. Mi dedicai completamente a loro, senza però tralasciare il lavoro, perché capivo che senza di quello mi sarei sentita ancor di più limitata e legata ad una vita da cui rifuggivo. Pur amando un uomo, pur cercando di vivere appieno quello strano rapporto, cercavo di ritagliarmi un po' di autonomia per sopravvivere, non potendo più vivere come in passato, grazie ai miei genitori che stimavano le mie capacità e rispettavano le mie scelte. Gli anni passarono così, anzi peggiorarono persino: se speravo che grazie ai nostri figli avremmo rinsaldato il rapporto sbagliai completamente a riguardo. Non eravamo d'accordo su nulla e alla fine, forse per non discutere, lasciò a me l'onere e l'onore di crescere i nostri figli e di deciderne il modo, a tal punto che i ragazzi stessi non si preoccupavano più della sua assenza a pranzo, o del perché non chiedesse mai della scuola, del perché partivamo senza di lui in vacanza, anzi si meravigliavano quando capitava di averlo in casa qualche giorno, seduto sul divano a guardare la TV o a sonnecchiare. Allora provavano a renderlo partecipe dei loro giochi, dei loro discorsi, cercando in lui una complicità che non avrebbero avuto mai. Ma se le giornate trascorrevano placide, abituate alla sua assenza o alla sua silenziosa presenza, le notti era sempre a casa. Non c'è stata mai una sera che, subito dopo il lavoro, non sia tornato a casa: guardavamo insieme il Tg alla Tv e cenavamo sempre insieme e alla fine, quando veniva a letto si ripeteva sempre la stessa storia: mi stringeva in vita con il su braccio e mi tirava verso il suo petto, a volte soltanto per addormentarci, a volte chiedendo di più. Quanto un essere umano è tenuto a sopportare per il bene della famiglia, per il proprio benessere!!! Io proprio non riuscivo più a stare zitta, a non vomitargli addosso tutta la tristezza che sentivo, la delusione di avere un rapporto completamente opposto a quello sognato da sempre: io amavo discutere, capire, cercare soluzioni insieme; io amavo sorridere e ridere di me stessa, amavo giocare, ironizzare, amavo essere amata e quando al buio mi baciava, mi toccava e mi desiderava come un tempo, piangevo in silenzio abbandonandomi a lui che non si accorgeva di come mi sentivo, di come mi faceva sentire, di quanto male provavo, ancor di più in quei momenti. Quando una notte si accorse delle mie lacrime mi chiese cosa mi era accaduto: gli dissi che stavo vivendo una vita non mia, che non era quello che volevo, non era quello che sognavamo da ragazzi e lui mi rispose candidamente che mi amava e che non dovevo mettergli addosso un altro problema.

Il mio respiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora