Paper 13- Counting stars (parte 2)

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Benagil, Algarve, sabato 4 maggio 2019, ore 15

"LOOOOOOUUUUUUIIIIIIIIS!?!?"

Harry si sentì due mani sulle spalle e una risata appena sopra la testa, e in un attimo fu sotto il pelo dell'acqua, immerso in un verde talmente intenso da sembrare vernice e non acqua, a fissare il fondale incredibilmente più in basso di lui, le rocce sottomarine, le alghe, i pesci e ogni sorta di mistero annidato lì in fondo. Nonostante il fatto che il più grande sarebbe rimasto sempre quel bagliore azzurro, illuminato di sole, che rideva di lui in una fessura di rughette e ciglia, al di sopra dell'acqua, distorto dal movimento delle onde e amplificato dalle gocce che gli grondavano sul viso. Riemerse e diede una manata leggera all'acqua per schizzargli il viso.

"HEY! Ti ho detto che devi darmi il tempo di riemergere, non puoi agitarti tanto ogni volta!"

"Ci metti una vita."

"Non è colpa mia se non hai resistenza e stai un paio di secondi appena in apnea. Io ho sempre amato stare sott'acqua. E' la parte più bella del nuotare."

"Ma dopo un tuffo mi fa una paura matta. Non sempre mi cadi accanto. E' orrendo non capire dove tu sia nell'Oceano. Mi....lascio prendere dal panico. So che è solo impressione, che sai nuotare e che non ha senso...ma se avessi sbattuto contro uno scoglio troppo alto nel tuffo e io non mi accorgessi che sei svenuto? Se andassi a picco e non riuscissi più a trovarti?"

"Pensavo di essere io quello macabro e catastrofico tra noi due."

".....okay, lo so, esagero, ma non prendermi in giro."

Harry esibì un broncio pronunciato, rosso come i coralli più sgargianti che Louis aveva avvertito sotto la sabbia nella spiaggetta che avevano appena abbandonato. Si aggrappò quasi coi denti a quelle labbra, succhiando quel punto fino a farlo appianare e a sentire il respiro del più giovane farsi roco, il loro bacio più intimo e profondo, i loro sensi meno suscettibili agli impulsi esterni. Sembravano essersi fermate le onde attorno a loro, essersi asciugata l'acqua dell'oceano e mitigato il bruciore del sole su spalle e schiena. Il sale non gli pizzicava più la lingua e le orecchie coglievano solo il boato dei loro battiti, del pulsare del loro sangue che si alternava con una precisione da metronomo, i loro respiri spezzati dalle lingue quando si infrangevano l'una addosso all'altra con l'irruenza della corrente che premeva e schiaffeggiava gli scogli, frustando l'equilibrio raggiunto nella quiete dalla natura. Non scrosciava più l'oceano attorno a loro. I turisti non risalivano in lontananza sulle barchette pronte per ricondurli ad un altro punto della costa, che li avvisavano con campanelle o fischi della fine delle gite e dell'imminente partenza. Il vento non produceva più alcuna musica incanalandosi e imbottigliandosi nelle cavità della pietra alle loro spalle, facendo di quel costone roccioso a picco sulla costa sud del Portogallo delle gigantesche conchiglie, pronte a suonare e a mandare il loro messaggio e il loro richiamo incomprensibile a terre che avrebbero ignorato il loro significato, la loro esistenza.

Siamo io e lui, stretti l'uno all'altro in mezzo al mare, al largo di una terra che per metà della storia del mondo nessuno credeva che esistesse. Le colonne oltre cui il mondo cadeva a strapiombo in un abisso erano molto prima di questo punto che nessuno aveva avuto la fantasia di tracciare. Tu ed io, Yugen, quanto lontani siamo dal confine che qualcun altro aveva tracciato per noi? Per quanti kilometri e kilometri in avanti ci siamo spinti, oltre il limite che ci avevano intimato di non oltrepassare, nello spazio su cui ci avevano proibito di fantasticare e in cui ci saremmo autodistrutti, anche solo provando a rimanerci? Esistiamo anche se nessuno di loro ha mai accettato di crederci, di ipotizzare che fossimo possibili, di doverci dare retta perché avessimo qualcosa in più da dire, un oltre da cercare, un altrove da esplorare, trovare disabitato, costruire. Come faremmo mai a lasciarci trovare, quando ci siamo sentiti vivi in quello che per loro mondo non è e non lo sarà mai? Come spiegheremmo alle persone vuote che la paura di cadere è solo incapacità di azzardarsi a precipitare spalancando le braccia? Tu ed io, stretti così, cuore su cuore, vivi dello stesso respiro e dividendo la luce tra i nostri visi come se avessimo gli stessi occhi, potremmo mai cadere davvero? Avranno sempre paura di trovarci. Si rassegneranno a perderci. Noi non ci limiteremo a godere di un mondo nuovo. Noi scopriremo che, anche tornando indietro, avremo imparato ad oltrepassare ogni limite per l'altro. Noi avremo tutto, e loro solo un quarto di qualcosa che si ostinano a non farsi bastare, a chiamare niente. Con te avrei tutto in un frammento di conchiglia o in una goccia d'acqua, Louis. Eppure mi hai donato l'oceano. L'infinito oltre esso. Il suono eterno di una conchiglia e quello ancora da inventare su corde e carta dentro le mie mani. Nessun limite che non sia azzurro. Nessuno sguardo che non abbia la stessa sfumatura del coraggio e della follia di questo volo, di questa caduta, di questa velocità che ha superato quel treno e che si è sparata verso una meta che non conosco più. Non ha importanza darle un nome. Le dò il tuo, dò alla rotta che volevo tracciare i contorni del profilo del tuo viso e sto bene. Dio, non sono mai stato così bene e non ho mai sentito una voce accarezzarmi così la pelle d'oca sul cuore e farmi capire cosa significhi vivere. Smetti di vivere così intensamente tra le mie braccia, Yugen. Non so come sentirmici pronto. Non so capire come possa avere te ed ogni altra cosa insieme. E se dovessi rinunciarvi, getterei via tutto pur di tenermi così stretto te. Ho bisogno di sentire soltanto te e la paura per quei pochi secondi in cui non ti sento è straziante. Mi fa odiare qualsiasi spazio ci divida e qualsiasi ossessione mi stia facendo tremare le vene. E invece sei tu a tremare. Sollevi le mani felice, mi circondi il viso, mi baci e ridi con la fronte contro la mia, abbassi le tue ciglia piene di perle trasparenti e oro che proteggono il luogo dove forse è nato per la prima volta il mare, ti fissi il tatuaggio che ti brucia ancora sulle dita, contrai le nocche e ridi più forte guardandomi, mi abbracci e tremi mentre allacci le tue gambe attorno alla mia vita e ti lasci sollevare. Come faccio a spiegare a chiunque al mondo che amo e riesco a farmi amare dalla sola persona al mondo a cui la felicità dia ancora così tanto da tremare, quando ho visto solo persone accartocciarla come un fazzoletto usa e getta e cercarne una migliore? Tu non sarai mai come loro ed io ti terrò lontano da ciascuno di loro per assicurarmi che tu non te lo debba mai più ricordare. Noi...in questo modo di galleggiare miglia lontani da ciò che conoscevamo senza alcun tipo di paura di quello che stiamo trovando e imparando ad amare....non saremo mai come loro.

Reckless - Larry AU FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora