Paper 19- Anemone (parte 1)

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Ovunque tu sia

ovunque tu,

immeritatamente,

mi guardi,

ovunque tu stabilisca

io abbia una casa,

fosse pure una grigia prigione,

io so che da qualsiasi pietra

tu puoi far scaturire un fiore

nel perimetro della mia mente.

(A. Merini)

Amsterdam, The Tailor Bar, sabato 5 giugno 2021, ore 23

La musica sostituisce le persone. Le evoca. Ne cura e ne allevia l'assenza. Non ci avevo mai pensato tanto prima d'ora. Potrebbe parlare di chiunque io abbia mai desiderato, avuto, perso, mai conosciuto, sempre sentito il bisogno o odiato la presenza. Tranne lui. Prima di lui era solo silenzio, dopo di lui c'è ancora silenzio, ma stavolta è mio. Quel vuoto, quel divieto di suoni e parole che io ho voluto e provocato e che odieró per sempre per ricordarmi che amo lui. Che ho bisogno soltanto di lui e che non ho più nemmeno parole per dirlo o urla per reclamarlo di notte e che neppure la musica me lo restituisce più. Persino il dolore si rifiuta di darmene un'ombra indietro. È insostituibile. E nemmeno la musica, la mia o quella scritta da altri, riesce ad essere un inganno realistico dopo aver provato l'illusione di stringere per sempre lui tra le braccia e la sua voce che cantava per me anche solo respirando. L'unica musica che conosco adesso e che vorrei saper cantare, mentre la mia gola brucia per il quinto giro di whisky, era sentirlo vivo e felice tanto da perdersi sul mio petto. Che coraggio mi serve per cantare di aver mandato via dalla mia vita tutto questo?

Harry fece roteare le dita della mano attorno al bicchiere di cristallo verde smerigliato, sentendo i propri anelli tintinnare sulle sporgenze del vetro con degli stridii e dei graffi, mentre il liquido bronzeo che copriva solo il fondo del contenitore si rimescolava e ondeggiava piano, chiamandolo quasi. Come un'onda che si ritira indietro lasciandoti l'attesa del momento in cui si sarebbe rispinta addosso alle tue gambe per tirarti via. Si perdeva nel contrasto tra quei due colori, quelle due consistenze, una liquida e morbida ed una spigolosa e fredda, che i suoi occhi sfocavano, per colpa delle luci soffuse, del lucido dovuto all'ubriachezza, della stanchezza e delle lacrime che bruciavano come un altro tipo di alcool. Quello puro che cicatrizzava le ferite. Ma una fessura senza più sangue da dare non si rimargina mai. Harry rantolò un respiro dentro il bicchiere, quasi tossicchiando mentre gettava la testa all'indietro e se ne versava il contenuto residuo nella gola, scolandoselo senza pietà o pudore per se stesso, la schiena storta come se potesse barcollare anche da seduto. Un tonfo annunciò al barista che uno dei suoi pochi clienti non in compagnia e non isolato in un privè o accomodato a chiacchierare sui divanetti era rimasto a secco.

Si avvicinò, silenzioso e professionale, sussurrando solo. "Posso versarle altro?"

Harry stava per biascicare di procedere col sesto giro, ma si rese conto di avere l'acido contro le labbra, e che anche solo scandire due parole in quel momento lo avrebbe portato a riversare bile e succhi gastrici sul bancone lucidissimo di uno dei bar a 5 stelle di Amsterdam. Scosse la testa e fece con la mano un cenno per fargli capire di ripassare dopo. Il barman annuì e si dileguò svelto.

Non soltanto le luci gli danzavano attorno, vorticando in scatti dolorosi e improvvisi, ma anche i riflessi sui vetri delle centinaia di bottiglie alle spalle dei barman, le immagini delle persone che gli passavano alle spalle con i loro amici specchiate su ogni superficie riflettente del locale in ombre senza contorno, le loro voci in lingue che non sempre distingueva, le risate che non erano che spilli conficcati tra i nervi del cervello, girati per ingarbugliargli i pensieri come fili attorno ad un ago, finchè non si sarebbe addensato un gomitolo troppo stretto per essere più disciolto. Un nucleo pulsante e soffocante di dolore, che nell'alcool sprofondava come un sasso, un peso morto, una zavorra contro cui non avrebbe potuto opporsi e che lo avrebbe trascinato giù. Cercò di espirare, ma anche l'ossigeno restava in fondo, annidato sotto le bevute ingoiate, incollato alla base del suo sterno contro le pareti appiccicose della sua anima, che per essere ridotta al silenzio si era fatta scivolare addosso di tutto, fino a non sentire altro che la pesantezza di ognuno di quei liquidi. Come un tessuto intriso d'acqua che non si riesce più nemmeno a tirar su. Harry strinse le nocche con tutte le sue forze sul bordo del tavolo, nel tentativo di alzarsi, ma una voce che non riconobbe e che però doveva avere la mente ben più lucida della sua lo tenne seduto. Controvoglia, ad occhi chiusi ma fermo.

Reckless - Larry AU FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora