Distrazione

234 9 10
                                    

Dopo essere tornato negli spogliatoi James attese con impazienza l'arrivo di un suo qualsiasi compagno di squadra, possibilmente non Marco, con cui poter iniziare a parlare.

Si sentiva così impotente in quella grande stanza vuota, quasi invisibile, quasi un fantasma.

Non si sentiva importante per nessuno - eppure lo era per molte persone - a causa delle sue solite paranoie.

Aveva allontanato la persona che più teneva a lui appena un'ora prima e questo lo faceva sentire solo peggio.

Poi ripensò alla situazione con Cristiano: era convinto che non gli importasse nulla, che quello della sera prima fosse stato solo un momento da non ripetere.

Pensava che il portoghese, in realtà, non volesse tornare con lui, ma avesse solo bisogno di un po' di distrazione dalla rottura appena avvenuta con Paulo.

Mentre questi pensieri stupidi affollavano la sua mente, le figure di Lucas e Karim si affacciarono allo spogliatoio, convinti di essere i primi a essere arrivati.

James alzò la testa di colpo, quasi spaventato dopo aver sentito le voci dei suoi compagni di squadra che non aveva riconosciuto immediatamente.

Ogni tanto si trovava assorto nei suoi pensieri e la cosa lo infastidiva, era come se uscisse dalla realtà.

«Buongiorno Rodríguez, cosa ci fai già qui?» Chiese Lucas, l'unico dei due che gli avrebbe rivolto la parola così cordialmente, dati i continui disguidi con il numero nove del Real.

Come avrebbe fatto a spiegargli che era letteralmente scappato dall'hotel? Non poteva.

«Mi sono svegliato presto e ho pensato fosse meglio avviarmi. Ma non sono qui da molto, sono appena arrivato in realtà.» Farfugliò, scegliendo alla fine di raccontare una mezza verità.

Non voleva che si sapesse della discussione con Marco, e sapeva bene che anche il suo migliore amico avrebbe voluto lo stesso.

Alla fine Vazquez si limitò ad annuire accennando un piccolo sorriso e continuò a dedicare la sua attenzione a Karim.

Piano piano entrarono anche gli altri compagni di squadra, fin quando non ci furono tutti.

Iniziarono a salire sul campo e James stava per fare lo stesso, prima di essere fermato da Marcelo.

«Ehi, ti vedo giù. Cosa succede?» Domandò, con tono un po' insicuro, come se avesse paura di risultare inadeguato.

Quel comportamento fece sorridere il colombiano: era felice di sapere che qualcuno si preoccupava di come stesse.

«Va tutto bene. Sono solo in ansia per la partita.» Mentì. Non voleva riversare il suo cattivo umore sugli altri come spesso, purtroppo, faceva.

Il brasiliano assottigliò gli occhi, scrutandolo meglio.

«Non me la racconti giusta, colombiano, ti sei salvato perché ci sono gli allenamenti.» Rispose scherzando, intuendo che ci fosse qualcosa sotto.

James sospirò: non sapeva bene neanche lui cosa avesse.

Decise di non pensarci, di allenarsi e basta, senza fare pensieri inutili.

Salendo sul campo, fortunatamente, non incrociò neanche Marco, se non mentre lo guardava allenarsi da dietro.

Neanche gli allenamenti riuscirono a fargli tornare il buonumore.

Ormai erano mesi che non si sentiva più un calciatore vero, non si sentiva parte della squadra.

Il mister lo aveva completamente escluso, e la cosa lo aveva distrutto.

Aveva la fortuna, però, di avere dei compagni di squadra che gli volevano un gran bene.

Se ne accorgeva continuamente, come dalle domande preoccupate che gli poneva Marcelo, dai sorrisi che Sergio gli offriva durante l'allenamento o dagli sguardi di conforto di Federico durante le poche partite che giocava.

Non aveva mai capito se il Real Madrid fosse il suo peggiore sbaglio o la cosa migliore che gli fosse capitata.

A risvegliarlo, per l'ennesima volta, dai suoi pensieri fu il suo stesso allenatore.

«James, sei troppo distratto. Non so se capisci che quella di stasera è una partita importante.» Lo sgridò, con il suo solito tono severo.

Come se lo facesse giocare.

Lui annuì e decise di andare in bagno a sciacquarsi la faccia, sotto gli sguardi attenti dei suoi compagni.

Il contatto dell'acqua gelida con la sua faccia lo fece rinsavire improvvisamente.

Fin quando non si trovò una mano di fronte, poggiata sul muro.

Aveva le allucinazioni?

Girandosi incrociò lo sguardo di Cristiano, che sembrava non aspettare altro che quel momento.

In pochi attimi prese a torturarsi il labbro, come suo solito, aspettando che facesse il primo passo, che iniziasse a parlare.

Non capiva perché fosse lì, se era un caso o se era lì per lu.

Il più grande inclinò leggermente la testa, cosa che faceva sempre quando osservava qualcosa o, in quel caso, qualcuno.

«Ha ragione il mister, sei troppo distratto niño.» Sussurrò, guardando l'altro negli occhi.

Are you still with him? || CrismesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora