Cris

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James passò qualche minuto a fissare l'enorme villa che aveva di fronte.

Non sapeva cosa fare.

Avrebbe dovuto bussare?

No, non avrebbe dovuto.

Ma aveva camminato per più di due ore per arrivare dov'era.

Aveva solo bisogno di farsi coraggio.

Pensò a Marco.

Chissà cosa stava pensando di lui il suo migliore amico.

Magari proprio in quel momento stava provando a chiamarlo.

Non ci sarebbe riuscito, James aveva spento il cellulare.

O magari stava dormendo tranquillamente.

Dopo tutto, perché avrebbe dovuto preoccuparsi di un ragazzo di quasi trent'anni che ormai sapeva prendersi le sue responsabilità?

Beh, forse perché quel ragazzo era in giro per una città a lui sconosciuta da ore.

James smise immediatamente di pensarci, non ce la faceva ad immaginare il suo migliore amico stare bene nonostante non fosse in sua compagnia.

Mise a tacere la voce che tormentava i suoi pensieri e fece qualche passo ancora.

Ci pensò bene, deglutì e poi appoggiò delicatamente il dito sul campanello.

Probabilmente nessuno gli avrebbe risposto.

Era mezzanotte passata e il giorno dopo il proprietario di quella villa aveva da giocare una delle sue partite più importanti da quando era arrivato in Italia.

James, però, era convinto che in quella casa qualcuno fosse sveglio.

Una domestica, magari.

I suoi pensieri, però, furono interrotti dal fascio di luce emanato dalla telecamera del citofono, probabilmente un'opzione notturna per permettere di vedere chi fosse.

James strinse gli occhi riducendoli a due fessure e si stupì del fatto che seriamente qualcuno avesse risposto.

Essere il calciatore più conosciuto al mondo e avere il proprio indirizzo di casa online sicuramente lo portava spesso a non rispondere al citofono, ma quella sera per fortuna lo fece.

«James?» Chiese una voce, la sua.

Il colombiano perse un battito nel sentirgli pronunciare il suo nome.

«Posso entrare?» Chiese James sottovoce, rischiando che l'altro non lo sentisse.

Non ricevette nessuna risposta, ma l'alto cancello automatico di casa Ronaldo si aprì pochi istanti dopo.

Esitò per qualche secondo, ammirando l'immensità che si stagliava davanti ai suoi occhi.

Iniziò a camminare piano, come se, camminando leggermente più veloce, rischiasse di svegliare qualcuno.

Qualche attimo dopo James si vide puntata un'altra luce in faccia, che questa volta proveniva da una torcia.

La torcia, però, venne immediatamente abbassata.

E dovette mordersi la lingua nel trattenersi dal ridere.

Ricordava benissimo una delle tantissime paure del suo ex compagno di squadra.

Il buio forse era una delle sue paure più grandi, nonostante avesse passato già da un po' i trent'anni.

«Scusami...» Sussurrò James, e fu la prima cosa che gli venne in mente.

Cristiano inarcò un sopracciglio e lo guardò quasi divertito.

«Di cosa ti stai scusando, esattamente?» Chiese, scrutando l'altro dalla testa ai piedi con estrema attenzione.

In effetti non lo sapeva neanche lui il perché di quelle scuse.

Forse non c'era neanche un motivo, James chiedeva sempre scusa, anche se la colpa non era sua.

Chiese scusa allo stesso Cristiano quando lo lasciò.

Cristiano gli faceva male e James chiedeva scusa.

Buffa come situazione.

«Per essere piombato a casa tua all'improvviso, nonostante sia passata la mezzanotte già da un po', credo.» Rispose James.

Non era vero.

Si stava scusando anche di quello, certo, ma in realtà gli dispiaceva in generale.

Gli dispiaceva soprattutto per il rapporto quasi inesistente che si era creato tra i due.

Con quelle scuse gli stava gridando sottovoce tutto ciò che provava in quel momento.

Cristiano sorrise e lo invitò a entrare con un gesto della mano.

«Mi conosci, Rodríguez. Pensavi davvero che stessi dormendo a quest'ora?» Domandò ironicamente, accennando una risatina che fece impazzire il colombiano.

Il sorriso bianco e perfetto di quell'uomo lo mandava fuori di testa.

Lo seguì per molti metri su un lungo viale, per poi ritrovarsi in una stanza grande probabilmente quanto mezzo campo da calcio.

C'erano delle luci soffuse che creavano un'atmosfera magnifica, trasmettendo calma anche a James, che in quel momento era davvero agitato.

Cristiano lo invitò a sedersi sul divano affianco a lui e prese una bottiglia dall'alto scaffale a cui solo lui riusciva ad arrivare.

Prese anche due bicchierini in cui versò il liquido trasparente, porgendone uno al più piccolo.

«Grazie, ma sai che non bevo prima di una partita.» Declinò l'offerta James, sorridendo.

«Andiamo, James, mancano ancora ventuno ore alla partita. Rilassati un po'. Che poi, come mai sei qui?» Chiese il maggiore.

James si lasciò convincere e bevve in un sorso l'intero contenuto del bicchiere, lasciando che l'alcol regalasse calore alla sua gola.

Poi, preso dal momento, disse una cosa che non si sarebbe mai aspettato di dire.

«Avevo voglia di vederti.»

Are you still with him? || CrismesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora