CAPITOLO 3 - UNA VITA LENTA

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Il gallo cantò tre volte. Le fila di raggi prematuri entravano dalla finestra illuminando le travi oblique della tettoia. Frammenti di polvere aleggiavano nella stanza sospinti dagli spifferi autunnali. Daeris aprì gli occhi. Un riflesso smeraldino le accese le iridi. Si alzò dal materasso di fieno sbuffando, scrollandosi i pezzi d'erba secca dalla camicia da notte. Si rivolse al proprio riflesso con le lievi occhiaie fra le dita.

« Buon giorno. »

Aprì il cassetto del comò di legno e ne estrasse una lucida spazzola intagliata in sinuosi motivi vegetali. Un piccolo ciottolo bianco levigato era incastonato sul dorso, sfoggiante un'elegante "D" incisa nel centro. Accarezzò la pietra con l'indice e iniziò a pettinarsi i capelli bianchi, assecondando le onde per alcuni minuti. Sciolse i bottoni e lasciò cadere la lana al pavimento, rabbrividendo alla frescura mattutina con un piccolo sorriso. Aprì il cassettone accanto alla porta e ne tolse un'altra camicia, in lana bianca, e una lunga gonna marrone che senza cura lanciò sul letto.

Da un altro cassetto tolse le calze e un paio di stivali che subirono le stesse angherie. Per ultimo un corpetto nero, di seta senza maniche, ampiamente scollato sul davanti tenuto chiuso da cordicelle bianche, incastonate in occhielli d'argento. I suoi occhi s'accendevano ogni volta che lo guardava. Strinse l'indumento al piccolo petto e zampettò via per guardarsi al prezioso specchio.

Quando finì di vestirsi osservò compiaciuta il suo riflesso. Strinse la cintura in vita e uscì dalla stanza. Passò per la stretta e bassa anticamera che la separava dalla stanza dei suoi fratelli e scese le scale scricchiolanti. L'odore di uova sul fuoco impregnava tutto il piano di sotto. La sua famiglia era lì e le chiacchiere già scaldavano l'ambiente.

« Non dire sciocchezze Kal, conosci Noria da quando eravate entrambi nella culla, non direbbe mai una cosa del genere. Qualcuno si diverte a spargere calunnie, ecco cosa penso! »

Era la voce di sua madre, china sul fuoco del camino che armeggiava con un vecchio mestolo per non fare incollare il cibo al fondo della pentola. Suo fratello minore sedeva imbronciato su una seggiola di legno al suo fianco.

« E allora chi è stato? »

Domandò indispettito. Con scarsa pazienza la madre sbottò.

« Sarà stato il figlio dei Tarmon! »

Alzò il mestolo all'aria e gesticolò animatamente

« Qualcuno dovrebbe iniziare a fare da genitore a quel disgraziato! »

Kal parve soddisfatto della risposta e rise, restando a guardare il fuoco crepitare. Sgambettava avanti e indietro con i piedi che nemmeno toccavano terra. Alla finestra c'era Olin, vestito ancora con gli abiti da notte, con una tazza di latte in mano e gli occhi assorti sul cortile. Daeris trovò che quella posa gli donasse.

« Buon giorno » Lo salutò. « Buon giorno » Ripetè lui, per poi sparire di nuovo nel suo fiume di pensieri. Era fatto così, lui. Pensava sempre.

« Ciao tesoro. » Intonò la madre.

« Ciao Daeris. » Fece coro Kal.

Daeris sorrise.

« Ciao. »

Anche il bimbo sorrise, con quella chiostra bucherellata pronta ad accogliere tre denti nuovi.

« Papà non è ancora tornato? »

Domandò avvicinandosi al tavolo sul lato della stanza, che reggeva le usuali tazze fumanti di latte. Ne mancava una.

« No, dovrebbe tornare entro mezzogiorno. »

Daeris annuì.

« Rodan? »

« Fuori a dar da mangiare ai porci. »

La risposta la irritò. Lo sapeva, ma la irritò lo stesso. Rodan lavorava sodo, sempre, e non mancava mai di farlo notare. Aiutò sua madre a impiattare le uova e apparecchiare la tavola. Posata l'ultima stoviglia la donna guardò l'opera con orgoglio e poi posò lo sguardo sulla figlia. Aveva i suoi stessi occhi, lo stesso taglio del viso, capelli mossi. Il nasino a punta era di suo padre. Quei suoi capelli bianchi... oh! Quanti ricordi. Si spostò una ciocca nera dietro l'orecchio e poggiò entrambi i palmi su sulle guance di Daeris, un sorriso le sfuggì di bocca.

« Sei bellissima. »

Le diede un bacio sulla fronte e si allontanò a riordinare le pentole. Daeris sorrise. Le piaceva sentirselo dire.

Quando Rodan tornò tutti sedettero a tavola e fecero colazione, fratelli grandi da un lato, madre e figlia dall'altro, con Kal a capotavola dritto a portata di schiaffo in caso di stupidaggini. Olin e Rodan facevano ridere messi uno di fianco all'altro, non sembravano nemmeno parenti. Rodan aveva un viso squadrato, occhi foschi e marroni, capelli corti, Olin invece aveva tratti gentili, gli stessi grandi occhi verdi di Daeris e capelli neri, dritti come spilli. Mentre il primo era alto e con un fisico nettamente contadino, il secondo era esile e longilineo. Era come guardare un toro e un gallo mangiare allo stesso tavolo. Daeris alzò la tazza alle labbra e pensò.

"Chissà se è successo qualcosa..."

Il Soldato di PorcellanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora