⭒𝟥𝟣/𝟪 (𝑃𝑎𝑟𝑡𝑒 𝐼𝐼)

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Arrivato alla sua sdraio, relativamente vicina a quella di Cesare, iniziò a strizzarsi per bene come una spugna prima di stendersi e rilassarsi. Partì dai capelli. Inarcando la testa all'indietro, riunendoli con entrambe le mani in una coda di cavallo, gli diede un iniziale premuta. L'acqua gocciolava a picco verso il basso emettendo un suono a tratti rilassante a contatto con la pavimentazione. Tenendo la coda ferma in pugno alla mano sinistra, con l'altra mano diede una seconda strizzata alla parte finale della coda stessa. Lasciando liberi i lunghi capelli, che quasi raggiungevano le spalle, scosse il capo con un ultimo movimento del dorso della mani per portarli tutti all'indietro. Passò successivamente a sgocciolarsi le braccia, il petto, la pancia.
Neanche Federico scherzava riguardo la forma fisica. Per un periodo andavano anche in palestra insieme con Cesare.
Dalla pancia scese giù pressando il pantaloncino, dove alcune forme per forza di causa erano ben evidenti (Nelson ormai sonnecchiava da un po', Cesare aveva gli occhi chiusi in pieno rilassamento, non c'era nessuno a guardarlo). Infine, passandosi le mani sulle cosce, lasciò terminare il percorso all'acqua diritta verso terra.
Ma mi stava guardando?
Per una frazione di secondo gli era sembrato di aver visto gli occhi aperti di Cesare che lo scrutavano.
Dopo un breve riposino coccolati dal sole e dal suo tepore, quello che ci voleva era una doccia per togliere quel fastidioso cloro dalla pelle.
Proprio mentre Cesare e Federico battibeccavano su chi dovesse andare per primo, Nelson mise fine al quel diverbio.
«Ci state per una scampagnata? L'ha proposta papà. Ci porta in un posto qua vicino. Sembra figo. Andiamo?»
In men che non si dica erano fuori dalla stupenda casa.
Venceslai Senor aveva gentilmente prestato dei pantaloni lunghi ai ragazzi. Sembrava un assurdità ma dopo avrebbero rimpianto il momento se avessero rifiutato. Il posto in cui sarebbero dovuti andare era in mezzo all'erba alta. Ai rovi. Ai cespugli. Alla natura incontaminata. Affrontare quel tragitto con dei pantaloncini corti sarebbe stato un suicidio.
Cesare indossava dei pantaloni cargo militari che gli fornivano un'aria tremendamente sexy, insieme alla sua fisicità. Insieme al suo modo di portarli. Insieme al suo essere. Cosa che non passava inosservata agli occhi bruni di Federico.
«E... oplà! Un bel salto e ci siete.»
Per gli anni che aveva era decisamente agile.
C'era un pantano da saltare ed il primo fu proprio il signor Venceslai. A seguire il figlio, poi Cesare.
«Mi sa che non ce la faccio vecchio.»
La distanza non era così breve.
«Dai, ti do una mano io. Tranquillo.» Gli tese il braccio dall'altra sponda del terreno.
«Sto proprio più tranquillo ora.» Sarcastico ribatteva ricevendo in cambio un'occhiataccia.
Saltò e, come aveva preannunciato, non ce la fece a coprire tutta la distanza in quell'unico salto. Prontamente un'amichevole mano ben salda lo afferrava dall'avambraccio. Con uno strattone lo tirò a sé salvandolo dall'insozzarsi le scarpe, e non solo, di melma.
Dal forte contraccolpo con cui fu strattonato perse l'equilibrio andando a sbattergli contro. Estremamente vicini che i loro nasi si sfiorarono. Incatenati in quella vicinanza gli attimi sembrarono eterni, rallentati, quasi fermi nel tempo.
«Tutto bene?» Sommesso pronunciava quelle parole che sembravano sfiorargli le labbra.
«Sì, grazie.» Fievolmente rispose, rimandando indietro d'un fiato l'espressione.
«Guardate che vi lasciamo indietro.» Urlava Nelson vedendo da lontano solo Cesare di spalle.
«È... è meglio se andiamo. Non voglio rimanere dietro.» Passandogli di lato, Federico si incamminava in avanti.
La scampagnata si concluse nel migliore dei modi, ammirando uno splendido cielo illuminato dai toni caldi di quel particolare tramonto. La palette di colori che si apriva davanti ai loro spalancati occhi era vastissima. Sfumature di giallo e arancione partivano dall'alto fino a terminare in rosso intenso lì dove il sole calava. La gamma di colori era così particolare quella sera. Così intensa. Così ricca di sfumature. Si lasciarono quel meraviglioso dipinto alle spalle volti a fare ritorno a casa dove una gustosa cena li aspettava.
Il padre di Nelson, e sua moglie, erano davvero degli ottimi cuochi!
Aveva vinto Federico su chi avesse dovuto fare la doccia per primo.
Con un asciugamano attaccata alla vita, portata all'estremo verso il basso allineandola al pube, girò la chiave facendo scattare la serratura. Rimase ancora qualche attimo in bagno per assicurarsi di avere i capelli più asciutti possibile, con l'aiuto di una nuova asciugamano, prima di passare al phon poi.
In un aderente slip color blu notte, Cesare stava andando a controllare a che punto fosse...
«Hey», aprì la porta all'improvviso, «mi hai spaventato.»
«Sei tu che hai spaventato me urlando.» Ribadì Cesare.
Quasi senza nulla addosso, con uno straccio a coprirli, rimasero così in silenzio dinanzi alla stretta porta in un leggero imbarazzo.
«Ehm... è libero. Ho fatto... puoi andare.» Si decise a parlare.
Con un accenno di sorriso rispose l'altro.
«Scusa.» Nuovamente imbarazzato disse dopo essersi scontrato ben due volte con Federico andando nella medesima direzione.
«Caspita.» Replicava anch'esso dall'imbarazzo, spostandosi il lungo ciuffo bagnato all'indietro, dopo che per una terza volta si erano scontrati.
Istintivamente, prendendolo per i fianchi, Cesare lo guidò verso sinistra mentre lui ruotava verso destra. Di profilo fermi nel mezzo giro, i loro nasi si sfiorarono ancora.
«Devo andare ad asciugare i capelli.» Completava il cerchio dando le spalle al corridoio.
«Oh... si... vai, vai.» Come se si fosse scottato, tolse immediatamente le mani dalla sua vita.
Senza dire più nulla si dileguarono.
«Era davvero ottima l'amatriciana!»
«Veramente molto buona.»
Tutti si erano complimentati con gli chef e mentre i piatti ormai vuoti venivano scaricati in una lavastoviglie, pronti per un intenso lavaggio, era giunto il momento dei digestivi seguiti dai regali per il festeggiato.
I presenti furono scartati, i digestivi furono bevuti e a questo punto la giornata volgeva al suo termine.
Il manto buio delle tenebre aveva avvolto la casa e il paese. Da terra si levava un piacevole e fresco alito di vento, creando una soave e leggera melodia insieme al canticchiar di vari insetti. Il buio della città che si addormenta.
Con le gambe appoggiate sulle sue, Federico stava guardando la televisione assopito completamente dai dialoghi del film. Nelson era all'altra estremità del divano invece.
Poteva dirsi che era la televisione che guardava loro e non il contrario.
La giornata era stata piena e gli effetti ora iniziavano ad accusarsi. Attivi già di primo mattino. Il viaggio in macchina. Tutto quel cibo e gli alcolici annessi. La scampagnata. La cena. Addirittura anche il sole preso nel pomeriggio, in piscina, si faceva sentire. Era scientificamente provato che alla sera, dopo un abbondante periodo passato all'esposizione solare, ci si sentiva fiacchi e un po' spossati.
Stanchi, svogliati, si erano alzati da quel comodo divano, che li stava cullando verso un dolce sonno, per andarsi a lavare i denti.
Con una t-shirt indosso, e la biancheria intima, Cesare e Federico si erano appena coricati nel loro letto matrimoniale in via di già verso le braccia accoglienti di Morfeo.
«Hey.» Bisbigliava lento.
Un pigro borbottio uscì dalla bocca di Federico come risposta.
«Dormi?»
«Quasi.» Parlava sempre in un mugugnare.
«Che c'è?» Espirando profondamente lasciò uscire le parole girando la testa verso Cesare.
Il buio più totale era il padrone della stanza. Gli impediva di vedersi. Gli occhi dovevano ancora assuefarsi al nero che avevano davanti. Però potevano sentirsi.
«Pensavo a dopo domani.» Disse sottovoce.
Un filo sottile, ma non troppo, di malinconia si era insediato nelle sue parole.
«Al fatto che andrò via?»
Cesare rispose con un lamento affermativo.
«Credimi, sono felice per te... sono contento della svolta che hai deciso di dare alla tua vita. Sono felice per il futuro che sogni. Ma...» prese una breve pausa, «mi mancherai tanto Fede!» Il discorso continuava sempre in un tono molto basso.
«E tu sei quello che mi mancherà più di tutti Cesare.» Schietto, diretto, sentenziò cercando di incontrare i suoi occhi nell'oscurità.
«Ora dormiamo, okay?» A tentoni individuò il viso per appoggiarci una mano.
Si mise di nuovo supino, con la mano sinistra adagiata al cuscino e la testa rivolta verso l'amico.
Ad occhi chiusi, uno di fronte all'altro, poco distanti, stavano sciogliendo i muscoli e liberando la mente sprofondano all'inizio del sonno. In quella strane fase di dormiveglia dove non sai bene cosa è reale e cosa no. Dove ti senti frastornato, non capendo la differenza dall'esser ancora sveglio o star già sognando.
«Ti... da fastidio?» Con estrema lentezza lasciava fuoriuscire le parole dalle sue labbra.
«No.» Mormorò insieme ad uno spasmo involontario delle dita sentendo sopra la presenza di quelle di Cesare.
«Sto bene con te sai?»
«Sarà dura non averti più intorno...»
Pensava si fosse addormentato vista l'assenza di risposte ma d'un tratto si sentì avvolto da un enorme calore. Avvolgente tepore. Rilassante sensazione. Caldo benessere.
«Sarà dura anche per me.» Gli sussurava all'orecchio Cesare stringendolo a sé.
«Aspetta... ancora un po'...»
La sensazione di protezione assoluta in quelle forti braccia, ma soffici cuscini, era tale da non volerla più lasciare. Voleva restare in quel fasciante calore che lo inondava. Attimi. Minuti. Tanti minuti...
Dopo essersi riposata, uscendo allo scoperto di tanto in tanto con il suo capo durante il giorno, la piccola creatura poteva finalmente uscire allo scoperto. Nel buio. A luci spente. In una situazione dove nessuno poteva vederla. Dove nessuno poteva giudicare quello che stava per accadere. Con le sue spire squamose si prestava ad avvolgere il suo collo, fino a voltarlo e guidarlo verso la sua guancia.
Ad occhi chiusi, senza sapere bene perché guidato dal suo istinto, Federico stampò un tiepido bacio sulla guancia ispida di Cesare.
Di riflesso, anch'esso spinto da qualcosa dall'interno, si era riscoperto a ricambiare quel bacio sulla guancia.
Con la sua lingua biforcuta si gustava il sapore della sua pelle.
Spostandosi di qualche millimetro, Federico diede un nuovo bacio, ma non proprio sulla guancia.
Con la calma con cui stava accadendo tutto questo, Cesare restituì il secondo bacio spostandosi a sua volta.
Il pericoloso gioco della creatura, nella fase della dormiveglia, era appena iniziato!
Non erano realmente svegli, ma non stavano chiaramente dormendo.
Un terzo, poi un quarto bacio e Federico arrivò a sfiorare l'estremità dei suoi baffi. Un quinto bacio ed era giunto il momento del margine delle labbra, dell'angolo più esterno. Una mite scia partita dalla guancia era terminata ora al culmine delle labbra. Anche Cesare era rimasto dentro quel gioco azzardato ricambiando più che affettuoso quei baci. Le labbra di Federico continuarono il proprio corso, quasi come se fosse prestabilito, posandosi leggiadre su un quarto della bocca di Cesare. Poteva avvertire i baffi solleticargli appena il labbro superiore. Una volta contraccambiato, da parte di Cesare, il prossimo scalino da salire sarebbe stato proprio quello. Un bacio.
I respiri irregolari si mescolavano l'un l'altro per la vicinanza.
Strisciando, avvolgendosi attorno al collo di entrambi, stringeva accorciando sempre di più quei pochi centimetri che li separavano con le sue spire.
Era fermo, quasi come se stesse aspettando incerto un permesso per fare il prossimo passo.
«Sì...» avvertendo la presenza della sue labbra sopra le proprie disse Cesare.
«Sì...» disse ancora sottovoce buttando fuori quelle parole insieme all'aria nei polmoni.
Un ultimo giro, un'ultima stretta e...
Federico stava posando le labbra sulle sue. Un bacio a labbra schiuse.
Si staccò poggiando la testa sul cuscino, succube di quell'abbraccio non sciolto. Con la mano sinistra Cesare gli stava sfiorando il collo, muovendogli all'indietro i capelli.
Ma la creatura, ingorda, aveva fame! Spinto di nuovo da un irrefrenabile sensazione, Federico adagiò un'altra volta le labbra sopra le sue. Spostando la mano tra la chioma, sulla nuca, Cesare stava ricambiando quel bacio.
Sibilando contenta, sazia per il momento, poteva tornare ad assopirsi. Ma non era finita ancora qui. Con i suoi due denti veleniferi aveva innietato la potente e stregata tossina.
In quella stretta vigorosa ma amorevole, l'uno tra le braccia dell'altro, con un sapore nuovo in bocca, sulle labbra, si addormentarono.

#MySpace
La vicinanza. Il silenzio. Il sapere di non rivedere più quella persona in pochi giorni. L'affetto. L'istinto. La passione. Il tutto legato, fortificato, da un solo elemento: il buio.
Ma l'indomani mattina, cosa succederà?
Sarà tutto uguale una volta sorto il sole?
Come la prenderanno una volta svegli e lucidi?
Forse non tutto andrà come sperato o voluto...

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Fatemelo sapere con una stellina e un commento, è importante.

A Luci Spente || Cesare x Federico || Space ValleyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora