⭒𝟣/𝟫 (𝑃𝑎𝑟𝑡𝑒 𝐼𝐼)

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Arrivati a casa di Nelson i compiti erano ben chiari. Gli unici in grado di cucinare erano proprio Cesare e Federico. Era decisamente meglio non affidare tale mansione agli altri due. Erano le 19:30 quando i cuochi decisero di mettersi all'opera dopo alcuni bicchiere di prosecco. Guardando qualche puntata di una serie tv si erano lasciati andare per un po'.
«Metti a soffriggere il guanciale e poi prendi la carne per favore», disse Cesare, «io inizio a preparare l'uovo per la carbonara.»
Sporgendo con la testa verso il salotto, il ragazzo palestrato stava scrutando qualcosa.
«Sbattilo bene, mi raccomando!» Si avvicinò di soppiatto dopo aver svolto i suoi primi compiti.
Sorridendo decise di non replicare a quella provocazione.
Mentre stava preparando la salsa barbecue, che sarebbe andata a braccetto in cottura con le costine di maiale al forno, Cesare si assentò per un attimo.
Dovrà andare in bagno, pensò Federico. Ma in realtà era andato a controllare che gli altri fossero effettivamente in camera di Nelson al computer. Qualcos'altro era all'agguato!
Lenti, dei passi stavano tornando verso di lui, in cucina, sempre concentrato sulla salsa da preparare. Qualcuno si stava avvicinando, insieme a qualcosa che si era svegliata dal suo sonno. Poteva avvertirne la presenza dietro di lui.
Ora, invece, delle mani si stavano poggiando al marmo sopra i mobili della cucina. Vicine, unite una accanto all'altra, pericolosamente al cavallo dei pantaloni di Federico. In un fare quasi serpeggiante, gli si avvicinò all'orecchio piegando la testa di lato.
«Come sta venendo la salsa?»
«Assaggia. Dimmi com'è o cosa dovrei aggiungere.» Infilò l'indice all'interno della ciotola e glielo porse.
Aprendo la bocca, estraendo la lingua ricordando un serpente che sente la temperatura dell'ambiente, portò bene via il liquido denso pulendo il dito a dovere.
«Mmmh... Aggiungi un altro pizzico di timo e qualche altro goccio di miele e ci siamo.» Continuava a sussurrare.
«Non dovresti legarti i capelli in cucina?» Sinuoso, dall'orecchio si era spostato verso il collo, muovendo con il naso qualche ciocca.
Aveva messo il codino proprio lì, davanti a sé, ma poi aveva proprio dimenticato di farlo. Chissà chi o cosa occupava la sua mente...
«Fallo tu. Ho le mani impegnate.» Disse voltando la testa verso di lui.
Prendendo il codino tentava nella riuscita dell'impresa. Delicato, come un massaggio allo scalpo, stava raccogliendo i capelli in un punto accarezzandogli la testa. Lasciava scivolare i capelli tra le sue dita. Raccolti tutti, tenendoli con la mano destra, prese il codino dal medesimo polso e provò a legare la coda. Ad impresa compiuta decise di far compagnia a qualcosa che lo stava invitando da tempo, sulla vita di Federico. Tenendosi l'avambbraccio destro con la mano sinistra lo strinse a sé formando una spire con le braccia.
«Non male dai.» Ribadì sentendola abbastanza salda alla cute.
«Vediamo com'è questa salsa ora.»
Le mani di Cesare penzolavano pericolanti dinanzi il cavallo dei pantaloni.
«Ottima!» Disse quasi con il fiato sul collo provocandogli un brivido.
Rimettendosi a cucinare, Cesare stava posizionando le cosce di pollo in una teglia che sarebbe andata poi in forno con spezie e agrumi.
Federico dopo aver spennellato le costine con la salsa preparata precedentemente, era passato a tagliare delle zucchine che avrebbero fatto da contorno alla carne.
La pentola sul fuoco iniziava a dare i primi cenni di bollicine. L'acqua stava per bollire.
«Vuoi andare a chiamare gli altri? C'è da mettere la tavola e tra... mmmh... credo una quindicina di minuti siamo pronti ad impiattare.»
Ad ognuno il suo compito. Ognuno doveva fare qualcosa e rendersi utile. Non potevano fare tutto Cesare e Federico. Loro avrebbero cucinato, e tolto la tavola, in cambio a Nelson e Francesco toccava apparecchiare e il lavaggio delle stoviglie.
Dopo aver preparato la tavola tornarono a rintanarsi rapidamente nel loro covo.
Cesare controllava cose di qua e di là per assicurarsi che tutto stava cuocendo in modo giusto. C'erano: le costine di maiale e le cosce di pollo in forno, il contorno che sfrigolava in padella (con un filo di olio e un po' di scalogno), la pasta nella pentola che cuoceva.
«Dobbiamo solo aspettare qualche altro minuto.» Disse Federico dopo aver girato la pasta nella pentola per una cottura omogenea.
Se ne stava con il sedere poggiato al piano della cucina e le braccia incrociate al petto.
«E...», iniziando a parlare si stava avvicinando a lui, «cosa possiamo fare mentre aspettiamo?» Poggiando le mani largamente sul piano si porse in avanti verso Federico.
«C'è da aprire il vino.» Replicò mentre contemplava quegli splendidi occhi verdi.
«Ah... quindi vuoi che vada ad aprire il vino?» Con il pollice indicava dietro di sé, verso la tavola nel salone.
Facendo spallucce distolse lo sguardo verso l'alto.
Cesare si stava avvicinando...
«Ma, cos'è questo odore?» Bruscamente parlò Federico.
Inspirò dal naso per capire meglio.
«Cazzo! Le costine.»
Nonostante fossero in due a controllare tutto, le costine si bruciacchiarono un tantino. Non erano carbonizzate ma... ben, ben cotte!
«Ma sono più croccanti, meglio così.» Giustificò il piccolo errore Cesare.
Nelson e Fracesco fecero ritorno in salone e l'ultimo dei due era intento a sfidare la bottiglia. Non ne voleva proprio sapere di aprirsi. O lui non era molto capace.
Impiattarono la carbonara e servirono il primo a tavola, poi arrivò Cesare in soccorso per l'apertura del vino.
Un piccolo brindisi di un ottimo rosso, Sangiovese, seguito da un «buon appetito» in coro e iniziarono a cenare. L'ultima cena in gruppo. L'ultima cena con Federico.
Durante il pasto, allargando di poco la gamba, Cesare sembrava come fare una carezza con il ginocchio alla gamba di Federico che aveva di fianco. Come se in qualche modo volesse avvertire un costante contatto con lui.
Dopo la sfuriata, del tutto giustificata e sensata, era cambiato. Quelle parole avevano toccato le giuste corde. Quelle corde che vibrando gli avevano fatto capire che stava sbagliando a comportarsi in quel modo. Che fingere, negare ed ignorare non serviva proprio a nulla. Per quanto ignorati quei sentimenti, quelle sensazioni, sarebbero tornati come un boomerang. Non c'era via di scampo. Non aveva vie di scampo. Dopo quelle parole non solo era tornato ad esser il Cesare di sempre, ma sembrava esserci qualcosa di più. Come se qualcosa dentro di lui fosse nato aumentando la forza dei suoi sentimenti. Qualcosa... dalla forma serpentesca!
La cena trascorse tranquilla. Tra chiacchiere e discorsi spazzolarono via tutto con voracità. Avevano cucinato davvero bene.
Dopo aver sgobbato per tutto questo tempo, si stavano concedendo qualche momento di relax sul divano, davanti la televisione. Una gamba Cesare l'aveva su quella di Federico che con una mano gli faceva ogni tanto una carezza.
In una frebicitante smania, la creatura si attorcigliava su se stessa impaziente dell'incombente momento della sua uscita. Della sua di cena!
Come avevan già discusso in precedenza a tavola, Cesare avrebbe dormito con Federico. Mentre Francesco con Nelson nel suo letto. Decisero di giocare un po' ai videogiochi, stavolta tutti insieme, ma non fecero troppo tardi. L'indomani mattina qualcuno doveva pur prendere un volo per Edimburgo, e la mezzanotte era di già passata.
Lavati i denti il silenzio quasi piombò nella casa. Tutti a letto pronti a riposarsi, pronti a dormire. Tutti a letto mentre qualcosa usciva invece allo scoperto, per nulla intenta a dormire, anzi... il buio che governava indicò proprio il momento dell'uscita dalla tana.
«Hey» Bisbigliò Cesare.
Un verso interrogativo si formò nella bocca dell'altro.
«Dormi?»
«È un déjà-vu questo!?» Sussurava Federico.
Come l'esatta sera prima, tutto si stava ripetendo.
«Vuoi startene così lontano l'ultima sera che stiamo insieme?»
«Se mi vuoi più vicino basta dirlo.» Tentò di stuzzicarlo.
Passando ai fatti, Cesare lo prese per un fianco allungando una mano per poi tirarlo verso di sé. Ora erano vicini. Su di un fianco, uno di fronte all'altro.
Qualcosa si stava fondendo proprio da questa unione. Dai loro due corpi, due creature ora si intrecciavano diventando una cosa sola. Più grande. Più vorace. Più affamata!
«E così questa è l'ultima sera...» mormorava dolce spostando leggermente il capo verso di lui.
«Già.» Si avvicinò a sua volta.
Respiri profondi scambiati sulle labbra. Tensione. Voglia.
Meglio vivere di rimorso, pensando a qualcosa che abbiamo fatto, che vivere di rimpianti nel pensare di non aver fatto qualcosa che volevamo. Federico stava ripetendo questo discorso nella sua mente in questo momento. Voleva...
Raccogliendosi su se stessa, carica come una molla pronta a scattare, l'ofide contraeva le sue spire. Pronta a scattare. Pronta ad attaccare!
«Sai, riguardo a ieri sera... prima o poi sentivo che sarebbe successo. Lo sapev-»
La molla era scattata.
«Tu non sai niente Cesare Cantelli!»
La creatura azzannò.
Federico si era buttato a capofitto a baciarlo. Un'incontrollata voglia prevalse su di lui. Cercando di fare meno rumore possibile, le labbra si schiudevano lasciando entrare le rispettive lingue. Si stavano lasciando trasportare. Un bacio in un travolgente momento passionale li stava consumando. Bruciando con ardore.
Allontanandosi la creatura erse il capo.
I due si staccarono bocchegiando lievemente. Il battito irregolare. Il fiatone per la foga. L'adrenalina crescente per la paura di venir scoperti. L'eccitazione di quelle nuove sensazioni. Intrinsecamente, ed involontariamente, covate e nascoste, un violento turbinio di emozioni li stava travolgendo.
Federico condusse una mano verso la sua nuca, sfiorandogli i capelli tra le dita. Cesare, dalla piegatura del ginocchio, gli alzò una gamba portandola sul suo bacino.
Aprendo le fauci colpì ancora più spietata di prima.
Le labbra si scontrarono ancora. Cesare si lasciò andare poggiandosi sulla schiena. Spostandosi continuava a tirare la coscia di lui facendogli cambiare posizione. Portandoselo leggermente addosso. La mano invece stava scendendo verso la natica, soda e grande, che afferrava a tratti irregolari.
Federico con la mano strinse i suoi capelli, mentre con l'altra gli sfiorava la barba. Un mix di sensazioni. Un po' amaro. Un po' dolce.
Piano, allentando i baci, stavano ammortizzando quella passione. Straniti, ma entusiasti, era già di spessore quello che era appena successo. Increduli delle loro stesse azioni stentavano a dare una spiegazione a tutto ciò. Il contatto, i baci, il trasporto, erano differenti rispetto alla sera antecedente. Eran maggiori. Di rilievo. Di molta più importanza.
Accarezzandogli i capelli, Cesare inconsapevole lo stava facendo addormentare sul suo petto, a cui ogni tanto l'altro riservava qualche caldo bacio. Stretti in un caloroso abbraccio. Stava così dannatamente bene tra le sue braccia. Senza rendersene conto, anche Cesare stava sprofondando in un dolce sonno, coccolato dalle leggere e tiepide mani che aveva sui pettorali. Le labbra desiderose di assaporarsi ancora. Dei regolari respiri si facevano sentire sempre di più. Non molto ben accetto questa sera, Morfeo li aveva già presi con sé.

Un risveglio decisamente più brusco rispetto a quello del giorno precede. Sveglie impazzite strillavano una dopo l'altra. Per paura di non alzarsi in tempo ne avevano messe un bel po', e si sentivano tutte! A ripetizione ne finiva una per iniziarne un'altra. Come fastidiose cornacchie, gracchiavano ripetutamente uno stonato canto. Fino a svegliare i presenti.
«Buongiorno.» Stiracchiandosi, allungando un braccio, arrivò sulla sua testa arruffandogli un po' i capelli già spettinati per la dormita.
«Buongiorno.» Rispose, con il dorso di una mano si stava coprendo gli occhi.
«Ma... cos'è successo ieri?»
Cesare glielo aveva chiesto sicuramente in un sorriso. Il tono lasciava presagire quello.
«Nulla.» Al contrario, un aspro e malinconico sorriso si mostrò sulla bocca di Federico.
Aveva ormai capito l'andamento delle cose vista la scorsa reazione di Cesare. A luci spente poteva accadere l'impensabile. Ma poi, quando le luci tornavano ad accendersi, era come se tutto fosse rimasto seppellito in un dimenticatoio. Come se nulla fosse accaduto davvero. Ma a lui stava bene così. Lo aveva capito. Si era ripromesso di vivere quello che veniva al meglio. Al massimo. Senza remore e senza rimorsi. Un bel ricordo lo avrebbe sicuramente accompagnato per la vita.
«Sai...», muovendosi verso di lui Cesare si stava avvicinando, «non è vero...», incuriosito dalla piega del discorso tolse la mano che aveva davanti agli occhi per poterlo guardare, «io credo che qualcosa sia successa invece!» Seguito dalla seguente affermazione, un intenso sguardo.
Intontito dal sonno, Federico non capiva con esattezza cosa stesse succedendo.
Cesare continuava a fissargli le labbra.
Nessun sibilo. Nessum movimento. Nessuna traccia della serpentesca figura.
Impaurito, si avvicinò ancora a lui che non si mosse. Incerto, stava avvicinando le labbra a quelle di Federico. Una pausa, uno stop di timore. Fermo, davanti a quelle labbra baciate dai mattutini raggi del sole, deglutì con ansia riprendendo poi la corsa finendo il piccolo tratto che mancava. Un tocco delicato, gentile, casto, sulle labbra. Eterea visione celestiale. Legiadra carezza. Soffice speranza.
Pietrificato, inespressivo lo fissava. Preoccupato per quello appena avvenuto, Cesare non sapeva cosa fare. Ma un nascente sorriso sulle labbra di Federico lo sciolsce dal quell'attimo di panico. Di nuovo impaurito e imbarazzato, senza l'oscurità che li avvolgeva e proteggeva, gli stampò un secondo e tenero bacio sulle labbra. Con una piccola scintilla che luccicava nel castano dei suoi occhi, Federico lo stava ammirando. Si avvicinò volendo baciare quel sorriso che si apriva sulle labbra di Cesare. Suggellando così qualcosa. Questa volta alla luce del sole, scoperti di ogni timidezza, qualcosa era sbocciato. Un candido fiore.

#MySpace
Come può intuirsi da questo finale, o forse dovrei dire "potrebbe", la storia in teoria doveva finire qui. Non dovevano esserci altri capitoli. Così in teoria, ma in pratica... non è stato così. Io avevo pensato a questo finale, di concluderla in questo modo. Però poi mi è venuta un'altra idea, un altro po' di ispirazione per un'altra giornata. Quindi un altro capitolo sempre diviso in due parti.
Vi spoilero solo che sarà dopo alcuni mesi con il ritorno di Federico a Bologna.
Cosa succederà dopo il nuovo incontro?
Come staranno le cose tra i due?

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Fatemelo sapere con una stellina e un commento.

P.S. Volevo specificare una cosa perché capisco possa essere fraintendibile e/o troppo intrinseco come mio pensiero da non essere capito. Ci può stare.
Volevo spiegare semplicemente e brevemente che la figura serpentesca, che ho spesso citato nei capitoli con lasso temporale serale, è soltanto una metafora che sta a simboleggiare un forte sentimento di passione molto nascosto e un po' represso che però inevitabilmente ogni tanto viene fuori. E che incontrollato, dettato dall'istinto, spinge al compimento di determinate e impensate azioni.

A Luci Spente || Cesare x Federico || Space ValleyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora